Fu la nostra Pasqua del 1944… ma io per quel giorno avevo anche una cosa che con gli altri non volevo spartire. Un uovo di gallina cotto e colorato con erbe, foglie di cipolla e fondi di caffè: come quelli che le ragazze del mio paese usano donare ai ragazzi alla vigilia dell’Ascensione.
Mario Rigoni Stern, da Aspettando l’alba.
Mario Rigoni Stern qui si trova in un Lager: il piccolo 6o/A, succursale del 18/A, al Passo del Prabichl, in Stiria.
Quell’uovo Mario lo mangia nell’angolo del recinto dove si vede la campagna con le betulle rinvigorite dalla primavera. Glielo aveva messo nella tasca del pastrano una bambina polacca che ogni mattina lui e i suoi compagni incontravano quando saliva sul treno per andare a scuola. «Mi guardava e mi regalava un sorriso che mi aiutava a vivere: la mattina del Sabato Santo si era avvicinata furtiva e lesta; poi sentii quel peso insolito nella tasca e con la mano avevo scoperto l’emozionante dono».
Vicino al bosco di betulle scopre poi i primi segnali della primavera: le piante che aprono le loro gemme e nello stagno, poco lontano dal villaggio, una coppia di cicogne. Nella pausa di mezzogiorno si sdraia al sole assieme ai compagni e prova ad assaporare quello che può di quei momenti. Camminando raccoglie una brancata di foglie fresche di tarassaco e se le mette in tasca. Pensa al Lunedì dell’Angelo e all’usanza di mangiare le uova sode colorate, sotto gli ulivi e i ciliegi tra le colline…
In Aspettando l’alba, secondo me, la scrittura di Mario Rigoni Stern raggiunge vertici di armonia e rettitudine non comuni.