Magazine Cinema
(The Descendants)
Alexander Payne, 2011 (USA), 110'
uscita italiana: 17 febbraio 2012
Con la sua voce fuori campo, Matt King (George Clooney) ci tiene a mettere subito le cose in chiaro: al contrario di quanto si possa pensare, la vita alle Hawaii non è un sogno ad occhi aperti.
Più che nella povertà degli indigeni (suggerita durante le primissime scene), l'infelicità alla quale si riferisce Matt va ricercata nella sua tormentata vita personale. La moglie Elizabeth (Patricia Hastie), in coma irreversibile dopo un incidente, lo ha infatti lasciato per la prima volta da solo a confrontarsi con le loro due figlie (Shailene Woodley e Amara Miller) e con i resti di un matrimonio che non si rivela felice come sembrava – in agguato c'è persino un improbabile amante (Matthew Lillard) pronto a fare capolino.
Come non bastasse, anche la vita lavorativa di Matt è piuttosto complicata. Erede, insieme ad una brigata di bizzarri cugini, di un enorme terreno a Kauai, dovrà infatti decidere a quale squalo dell'edilizia concedere il diritto di violentare quel paradiso.
Il lavoro di Alexander Payne è meno semplice di quanto possa apparire da questa breve sinossi. La storia, tratta dal racconto di Kaui Hart Hemmings, nasconde infatti numerose trappole, pronte a catapultare il film dritto tra le braccia della banalità melodrammatica. Il regista di Sideways dimostra tutto il suo talento proprio disinnescandole con cautela, una ad una, con una serie di intuizioni brillanti e l'aiuto di un cast perfetto – merita una menzione l'interpretazione di Shailene Woodley, forse l'adolescente ribelle più convincente dell'intera stagione cinematografica.
L'ambientazione è sicuramente il primo e più importante espediente che impedisce alla pellicola di prendere strade sbagliate. Si tratta di un mix tra situazioni grottesche e iperrealismo, fotografato in modo esemplare dalla sequenza nella quale Clooney, appena venuto a conoscenza dell'infedeltà della moglie, corre goffamente verso l'abitazione di una coppia di amici, non prima di aver indossato delle rumorosissime ciabatte. L'imprevedibile cielo hawaiano riassume la cifra dell'intero film, perennemente in balia di svolgimenti improbabili e situazioni paradossali. Payne, invece di guidare lo spettatore sul consueto tracciato del genere, ci lascia liberi di seguire ognuna delle piccole “sottotrame” che caratterizzano la personale odissea della famiglia King, dove non è strano incontrare una bambina che dice oscenità o un nonno (Robert Forster) pronto a tirare un pugno ad uno sconosciuto che offende la moglie. Lo sconosciuto in realtà è Sid (Nick Krause) un “imbucato” nel viaggio dei King tra le isole hawaiane alla ricerca della felicità smarrita, ragazzotto non particolarmente sveglio che oltre a rappresentare lo spunto per qualche momento di pura comicità, si rivela ben più maturo di quanto non suggerisca l'apparenza. Lo stesso Matt King è l'opposto dell'eroe hollywoodiano che ci aspetteremmo di vedere in questo genere di pellicola: sempre indeciso o sorpreso, un po' codardo, persino egoista. Eppure riesce a ispirare la naturale empatia dello spettatore, soprattutto grazie all'innegabile fascino di un Clooney ormai nel pieno della maturità artistica. È proprio l'ex medico di ER ad assicurare a Payne un film inaspettatamente (viste le tematiche trattate) “leggero”: anche nei momenti più delicati basta una sua inquadratura per dissolvere i più temibili cliché del melodramma.
Col passare del tempo gli enormi interessi dietro la possibile vendita del terreno di famiglia mettono in mostra il vero volto del branco di cugini che Matt deve affrontare. Dietro sorrisi amichevoli e camicie fiorate ognuno di loro nasconde una natura tutt'altro che accomodante (in particolare, godetevi il cugino Hugh, Beau Bridges); come ricorda la voce fuori campo, troppo invadente nei primi minuti della pellicola, si tratta dell'ennesimo modo per confermare una assioma indubitabile: anche il paradiso, se lo guardi più da vicino, è pieno di problemi.
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