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PECKER (1998) di John Waters

Creato il 22 febbraio 2012 da Close2me

PECKER (1998) di John WatersPellicola alquanto controversa nell’universo cinematografico disumano e provocatorio del “pope of trash”: non solo per essere un vero e proprio punto snodo di tra le stoccate politicamente corrosive del passato ed il futuro ritorno alle origini (A morte Hollywood, A Dirty Shame), ma soprattutto per le critiche poco entusiastiche che la pellicola ottenne sia dalla stampa specializzata che dallo zoccolo duro dei fan più fedeli.
“Pecker è un diciottenne che lavora in una paninoteca e ha l’hobby della fotografia. Dal punto di vista tecnico, le fotografie di Pecker appaiono tutt’altro che professionali: le foto sono spesso sfocate, con una evidente grana, e i soggetti (in genere i familiari, gli amici o la fidanzata) spesso in situazioni sgradevoli e inquadratura non standard. Pecker diventa tuttavia famoso quando le sue opere sono scoperte da Rorey Wheeler, una famoso gallerista di New York, e sono apprezzate dai collezionisti d’arte. Vengono tuttavia in tal modo diffusi contenuti privati, riguardanti la vita privata dei familiari e degli amici del giovane fotografo, con numerosi inconvenienti”
Di nuovo Baltimora, la sua realtà multiforme e bizzarra tanto cara al regista, dove i giorni si susseguono nella (apparente) normalità cittadina, divisa tra lavanderie a gettone, bar, tavole calde e sordidi strip club. La natura biografica e nostalgica del film sembra però prevalere sulle dichiarazioni d’intenti, lasciando che una favola sociale costruita sulla contrapposizione provincia-metropoli rimanga tale fino ai titoli di coda. I momenti più ghiotti per dare spazio alle debordanti provocazioni à la Waters (lo strip bar gay, la nonna che dà voce alla propria madonnina di gesso) restano purtroppo simpatiche e morbide freddure, deboli stoccate che solo in Italia possono far ancora storcere il naso a qualcuno (dove infatti il film è stato distribuito per ultimo, in ordine di tempo, sul mercato internazionale). Peccato, perchà Furlong e la Ricci funzionano davvero bene, la colonna sonora firmata da Stewart Copeland è eccezionale e la sceneggiatura conosce, nella prima parte, un tocco stilistico sensibile davvero riuscito. Attenzione durante la visione alla consueta presenza di Mink Stole (l’acida responsabile scrutinante delle operazioni di voto) ed al divertente cameo dell’artista e fotografa Cindy Sherman, ovviamente nella parte newyorkese della vicenda.


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