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Pena di morte per i marò, il rischio torna concreto. Nonostante le rassicurazioni delle autorità indiane, la vicenda dei due marò non solo sembra non portare ancora ad esiti concreti, ma rischia di aggravarsi. Il motivo è il rapporto, presentato dalla polizia indiana, che contiene la richiesta di perseguire i due militari italiani sulla base del “Sua Act”, legge contro la pirateria marittima e che prevede come pena massima proprio quella capitale. La notizia è stata fatta trapelare dal giornale indiano Hindustan Times, che parla di come gli investigatoti della polizia indiana abbiano presentato la richiesta lunedì, al ministero degli interni. La stessa notizia è stata in seguito confermata formalmente. La vicenda sulla possibile pena di morte per i marò, comunque, non è per niente chiara. Al centro ci sarebbero grossi contrasti politici e governativi, a cominciare dagli stessi ministri degli Esteri e degli Interni. Lo stesso ministro degli esteri indiano Khurshid, aveva assicuratore il caso dei militari italiani non rientrava in quelli che prevedono la pena di morte. Proprio l’applicazione della sopracitata “Sua Act” sarebbe al centro del dibattito tra i due ministeri. Sempre secondo l’Hindustan Times, comunque, il ministero degli Esteri, essendosi impegnato ad assicurare che i due militari non siano perseguiti in base alla legge per la repressione della pirateria, soprattutto tramite la persona dello stesso ministro degli Esteri, “farà un’attenta valutazione ed esaminerà tutti gli aspetti legali prima di dare la sua posizione ufficiale”. Lo stesso portavoce del governo indiano Syed Akbaruddin, in conferenza stampa, ha ribadito che l’India non ritiene che il caso dei marò rientri “tra quelli punibili con la pena di morte”, confermando la linea morbida sulla possibilità di pena di morte per i marò già mostrata dal ministro degli esteri. La vicenda, comunque, sembra lungi dall’essersi risolta e nel frattempo la vicenda giudiziaria procede a rilento. I due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sono trattenuti in India perché accusati dell’omicidio di due pescatori il 15 febbraio 2012, mentre si trovavano a bordo della petroliera Enrica Lexie come truppe per la sorveglianza.