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Ormai è un anno che vivo a Milano, e non potrei essere più contenta di essere finalmente andata via da Parma. Non ho mai sopportato abitare in una piccola città, e sento che il modo di pensare di un ambiente così ristretto mi ha purtroppo influenzata un po’. E’ difficile non crescere con una mentalità provinciale, stando in un posto del genere. I più grandi problemi delle piccole città sono due: tutto sa tutto di tutti e la gente giudica. Ho sempre sofferto molto di entrambe le cose. Mia mamma era una donna molto severa che tendeva a controllarmi, qualunque cosa facessi lo veniva a sapere. La cosa che mi ha sempre scioccata è che la maggior parte delle cose le veniva a sapere dalle sue amiche. “Ho visto Giulia in giro un un ragazzo ieri, eh? Com'è che si chiama..ah si...” Per me era inconcepibile di come donne di 40 anni potessero prendersi la briga di telefonare ai miei (lo facevano addirittura i padri!) per raccontare loro di avermi vista con qualcuno, con il chiaro scopo di spettegolare. Le figlie degli amici dei miei, molte nella mia classe, raccontavano tutto ai genitori, che trovavano di grande interesse parlare delle vicende amorose di quindicenni cretine. E non c’era niente che potessi fare a riguardo. Il fatto che io fossi “quella che se ne voleva andare” mi ha sempre messa in cattiva luce davanti al gruppo di amici che la mia famiglia frequentava. I loro figli non capivano perché volessi tanto andare in Francia. Poi mi sono messa con un ragazzo della Repubblica Ceca, e non vi dico le chiacchiere... è stato come un affronto personale a tutti loro, il fatto che avessi fatto un tale SGARBO ai miei genitori, mettendomi con qualcuno che non solo non era di Parma (orrore) ma nemmeno, udite udite, italiano! E pure dell’est! Poco importava che fosse cento volte meglio della media dei fidanzati deficienti delle loro figlie, a 24 anni ancora sfaccendati e sulle spalle dei genitori, almeno loro erano di Parma (eh). Mi sono sempre piaciuti ragazzi che hanno viaggiato e che hanno la mente aperta,senza pregiudizi nè grandi problemi. Purtroppo chi è abituato a stare in una piccola città tende a chiudersi, stare in gruppo, giudicare tutti. Mi inserisco un po’ in questa categoria, e alcuni miei amici sono uguali. Dunque mi piace stare con una persona che non è assolutamente così, che è aperto con tutti, senza pregiudizi. Se dunque c’è ancora del provincialismo in me, mi viene fatto notare, ed eventualmente stroncato. Quando sono partita per 3 mesi a Saint-Tropez con Lukas, un paio di amiche di mia madre si sono permesse di telefonarmi per avvertirmi del grande errore che facevo, e di stare bene attenta alle persona che frequentavo. Ero rimasta sola con mio padre, e mi sentivo persa, di certo non pronta a sentirmi dire cose del genere. Non potevo credere alle mie orecchie. Poi c’è stata la storia della mia traballante carriera. “Beh Giulia dai, se non ce la fai puoi sempre tornare a lavorare da tuo padre...”
“Beh sai Giulia, senza nessuna conoscenza importante sarà difficile che trovi lavoro a Milano...”
“Beh sai Giulia, hai sempre avuto ambizioni strane rispetto agli altri...” Tutti erano molto interessati a cosa stessi facendo, e facevano sempre domande insistenti: “ cosa stai facendo in questo periodo? Ma stai facendo dei colloqui?” Farsi i fatti degli altri a Parma è perfettamente normale. Con chi esci, cosa fa suo padre...le madri sparlano con le altre madri, i padri con i padri e addirittura le nonne con le nonne. Mia nonna è venuta a sapere con chi potenzialmente poteva uscire mio fratello perché qualcuno le ha detto di aver visto delle foto sul suo Facebook. MIA NONNA?!! Niente mi ha resa più contenta che andarmene, prima a Lione e poi a Milano. Andare a Lione mi ha cambiato la vita. Non sapevo neanche cucinarmi un uovo o lavarmi una maglietta prima di partire, ma avevo un'urgenza di andarmene, vivere da sola, fare le mie cose. Ho conosciuto gente da tutto il mondo, sono stata da sola 10 mesi, ho cominciato a lavorare e da lì non mi sono più fermata. Fino a che sono stata a Parma ho dato i miei esami all'Università svogliatamente e di malumore, senza fare niente altro. Dopo la Francia ho cominciato a lavorare, come commessa e come hostess, in pochi mesi ho finito gli esami con il massimo dei voti e mi sono laureata. Poi sono partita per lavorare 3 mesi a Saint-Tropez. Da lì ho cercato di non chiedere più soldi a casa e di cavarmela più o meno da sola. Incontrare gente che viene da paesi non ricchi come il nostro che riescono a studiare, mantenersi e raggiungere posizioni professionali invidiabili sicuramente mi ha spronata a fare meglio. Non ho più guardato le persone che fino a quel momento avevo frequentato con gli stessi occhi. Se non fosse per la mia famiglia e le mie amiche, mai tornerei a Parma. Devo però ammettere che tornare ora, dire che sto lavorando per una bella casa di moda e che ho preso casa con il mio fidanzato, una persona seria e indipendente, non certo un ragazzino (nonostante l’età) mi rende orgogliosa, come se dovessi dimostrare qualcosa a questa gente, le cui figlie vivono ancora con loro a 25 anni, stanno con gli stessi babbi di minchia da sempre, non hanno nemmeno intenzione di muoversi da li, e mi guardano addirittura male. Dunque vedete, qualche retaggio del passato mi è rimasto addosso :) Tutte le volte che torno mi prende il malessere. Non sopporto vedere sempre le stesse persone, che fanno sempre le stesse cose, che non hanno un ambizione nella vita, che ripetono sempre, paradossalmente "ah ma io me ne vado. Me ne voglio andare. Dopo il diploma/laura/ specialistica me ne vado". E NON SE NE VA NESSUNO. SONO SEMPRE TUTTI Lì, negli stessi locali, davanti agli stessi bar, a parlare con la stessa gente. Si fidanzano tra di loro, escono tra di loro, niente cambia.Quando se ne vanno, si fanno comunque mantenere dai genitori, e fanno poco o niente nella vita. Conoscere nuova gente, vedere posti nuovi, è impensabile per loro. Gente che potrebbe anche solo viaggiare invece che fare niente tutto il giorno,neanche studiare, fare qualcosa che non sia passare da un bar all'altro di Parma grattandosi le palle. Mi fanno venire il male di vivere. Ieri sono tornata a Parma, ed è stata la stessa storia di sempre. Ero dal dottore, e la mia dottoressa per ingannare il tempo durante la visita si è messa a parlarmi del figlio di una sua amica, gay. Il suo punto di vista è che questo povero ragazzo sia malato, e niente affatto contento della sua situazione. “Sai, i gay non sono contenti di essere così, non hanno delle vite felici. I suoi genitori poverini negano l’evidenza, meno male che si è trasferito a Milano, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Almeno sta nel suo ambiente”. Io stavo lì sdraiata, senza sapere cosa dire. “Sai, almeno le lesbiche si nascondono. I gay no! Quindi questo ostentare dimostra insicurezza, poverini. Per esempio in ospedale ci sono due – professione- che sono gay, però a vederli non sembra, sono molto professionali, non stanno lì a fare le checche”. E passa a raccontarmi della volta in cui, su una spiaggia pubblica, si rivolse ad una coppia di lesbiche per dire loro di smetterla con le effusioni in pubblico. Loro risposero giustamente: “ non facciamo niente di male”, e lei ribattè “beh, date fastidio a me, quindi qualcosa di male la fate. Ci sono dei bambini, qui”. Come se non si potesse spiegare ad un bambino cosa vuol dire il fatto che due donne si vogliano bene. Io sempre piu scioccata facevo cenni con la testa e tentavo debolmente di ribattere,imbarazzata, fino a che il discorso si è concluso con un paradossale: “sai, Parma per queste cose è una città così provinciale...”. Tornando in treno poi ho incontrato il figlio di amici di famiglia. Questo ragazzo ha più o meno la mia età e si è appena laureato. Subito, come da tradizione, si mette a raccontarmi tutta la sua vita, stando bene attento a fornirmi tutti i dettagli, così che io possa riportarla a tutti (certo, come no). La frase che mi ha stesa è stata: “sai, ora sto andando a vivere da solo. Mio padre ha un appartamento sotto il suo ufficio, così posso stare lì durante la settimana, lavorare con lui e tornare a casa solo ogni tanto.Un primo passo verso l’indipendenza!” La mia testa riecchieggiava di grassi e sonori “HAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA”. Tesoro, vai a vivere in una casa di tuo padre, lavori per lui e torni a casa a fare il bucato. MA QUALE INDIPENDENZA?!! Sempre più scioccata, sono fortunatamente arrivata a Milano, dove mi sono fatta delle grasse risate con le mie coinquiline. Che dire. Ditemi pure il vostro punto di vista sulla faccenda!
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