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Pensieri di donna, un po' così

Da Suster
Pensieri di donna, un po' cosìIo non so come una blogger "normale" gestisca la sua pubblicistica: so che la mia cartella "bozze" necessita un'operazione drastica di pulizia: cestinare o dare un senso ad abbozzi di pensieri non conclusi.
Dovrei dare una forma un po' più determinata agli argomenti che affronto, che se no poi rimangono lì per settimane e perdono di senso e attualità, e però non è facile stare dietro alla vita e al blog.
Il blog che nasce come memoriale, almeno nel mio caso, e che poi finisce per essere sempre più autoreferenziale, anche se non vorresti, perché, non c'è niente da fare, qui dentro è un mondo a parte, dove incontri, ti confronti, e prendi spunto, conosci anche persone, perché no, credete non sia possibile?
Sì, magari non potresti dire con esattezze che viso abbiano, e neppure, in molti casi, come si chiamino, con che voce parlino, con quale poi cantino, di che colore i loro capelli e via dicendo, per strada non le riconosceresti, sicuro, io no, che non sono fisionomista di natura, non riconoscerei per strada nemmeno il fruttivendolo, se lo vedo fuori posto, senza il suo banco della frutta e verdura davanti... eppure, dicevo, queste persone senza volto, con nomi strani e inventati, che parlano di sé e delle loro vite sconosciute chissà dove collocate, ti sembra a volte ti riescano ad ascoltare e a capire meglio di chi ti conosce da anni, meglio di chi vedi ogni giorno per strada, al bar, o di chi non vedi da anni.
Questo è un posto a sé, altrettanto reale e vivo, fatto di persone, che offre stimoli e aiuta a schiarire i pensieri. Qui la vita di fuori ci entra, sì, ma filtrata dalla scrittura e dal pensiero, decantata, analizzata, ed elaborata. Scrivere qui aiuta a ripensare con maggior distacco al vissuto di ogni giorno, o a quello del passato, a dargli un senso a volte, e anche a sentire che in qualche modo lo domini e lo amministri, lo hai in tuo potere.
Leggere gli altri ti evoca alla mente episodi sepolti sotto la polvere mnemonica degli anni, episodi magari anche di scarsa rilevanza, frivoli o dolorosi, divertenti o penosi, e ti fa venire voglia di ritirarli fuori e dire: "Ma guarda un po': anch'io!".
E poi a volte ti fa guardare le cose fuori di qua con altri occhi, ti fa riflettere mentre le vivi, ripensando a osservazioni e opinioni scambiate qui, che se no tu non ti ci fermeresti mai a pensare, ché siamo tutti un poco schiavi del nostro modo di pensare, abituati al fatto che sia così, dopo tutti quegli anni passati a costruirci con fatica un'identità, fatta di opinioni e posizioni, che alla fine non le metteresti neanche più in discussione, le dai come acquisite.
E invece no.
Si sente il bisogno di una propria evoluzione
sganciata dalle regole comuni
da questa falsa personalità.
E chiedo perdono, se cito sempre gli stessi autori, ma che volete, ognuno ha i suoi guru.
Detto questo, tenterò di arrivare al punto.
Vado al mercato con mia figlia, il sabato mattina: possibile che io non riesca mai a combinare niente di mattina? Tra sveglia, pappa, caffè, lavare e vestire me e lei, rassettare un poco casa con lei che mi si avvinghia al polpaccio urlando "Memme memme! (ora è in fase "e"), alternando un Valzer del "moscerrrino" a "I due liocorni", tentando di distrarla con la piscina gonfiabile mentre finisco di espletare alle mie abluzioni quotidiane, dovendola andare a ripescare zuppa e vestita, dalla piscinetta gonfiabile in cui ha appena compiuto una letterale "full immersion". In appena due ore riusciamo ad essere pronte e lei già è stanca per uscire, ma non demordo: passeggino e via, tanto per fare due passi eh? Niente shopping mercatistico che non ci serve niente, e non abbiamo i soldi, e la roba non sappiamo neppure dove metterla in casa.
E allora, mentre ci avviciniamo al piazzale del mercato e il via vai di gente si fa  via via più fitto, mi capita di incrociare "quella tizia" e di sorprendermi a pensare: "Io non ci andrei mai in giro vestita così".
Ah ah! Beccata! In flagranza di reato. Non eri tu che ti consideravi al di sopra di queste cose "da donna"? Eh, no , mia cara, non sei immune neppure tu, allora.
Che ne dici, magari "quella tizia" incrociandoti potrebbe pure aver pensato: "Mamma mia, guarda questa come si è vestita. Io non ci andrei MAI in giro vestita così".
E allora, chi se ne frega? A chi può fregare come ti vesti? Che ognuno esprima la sua personalità come meglio vuole e crede.
O non è pure questo considerarsi superiore a queste guerre tra donne, indice esso stesso del fatto che ne sei parte, che ne sei schiava?
Forse finché continuerò a volermi considerare "diversa", al di fuori da quei meccanismi, questa non sarà altro che la conferma al fatto che mi ci sento dentro, e allora cosa ci sarebbe di male? Non sono forse io una donna? Perché questo accanimento a voler sottolineare che "non sono come la maggior parte delle donne"? Che da piccola non guardavo quelle sfigate Candy Candy e Georgie ma al massimo Pollon e Carletto il principe dei mostri e non giocavo con le Barbie ma sbavavo dietro al castello dei Masters del mio amichetto Pierluigi? Che volevo un figlio maschio perché le femminucce, che palle, son tutte smorfiose e un po' stronzette? Che io quando uscivo con gli amici uscivo per divertirmi e fare un po' di casino e non mi mettevo mica in tiro, io, ché non dovevo rimorchiare nessuno, ché non avevo bisogno di sentirmi apprezzata dai maschi per alimentare la mia autostima. Che quando vado al mare non ci vado certo per la tintarella e chi se frega se ci ho un po' di panza e maniglie dell'amore (un po' o un po' tante). Perché io sono superiore. O almeno mi convinco di ciò.
Dunque sono schiava del pregiudizio.
Perché accettare passivamente quella coloritura negativa che si accompagna spesso all'essenza femminile? Sono io stessa vittima del mio pregiudizio, e quel che è peggio è che nella mia presunzione di esserne immune non lo vedo nemmeno.
Ok, incrocio altra gente: "Guarda che facce arcigne queste. Oh, ma distendetevi un po'! Rilassatevi mannaggia! Sorridete che c'è il sole in cielo e si sta da Dio stamani".
E poi penso: "Ma tu, vista da fuori come sei? Sei sempre gioviale e sorridente? Eh, no cara. Da fuori sei spinosa e scostante, e non so se e quante volte al giorno sorridi per strada ai passanti, che non si sa mai, potrebbero prenderti per un'adescatrice di uomini o, peggio, di bambini, o per una scema che ride senza motivo: -Cacchio avrà da ridere quella lì, con quella faccia da ebete."
Ecco un'altro drappello di gente: parata di passeggini con dentro bimbi intenti a masticare giochini di gomma o a indicare le stoffe colorate che pendono dai tendoni dei banchi, e suoni di lingue diverse dalle mie e volti sereni che ridono e parlano ad alta voce. Come siamo uguali nella diversità. Ovunque si ride e si scherza allo stesso modo, anche se si usano parole e gesti differenti. E i bambini nei passeggini fanno esattamente le stesse cose che fa mia figlia, anche se sembra che siano sempre un po' più tranquilli e non rompano le rotule come lei, ma magari invece no: saranno proprio come lei.
"Ma quanto chiaccherano queste, senti come strillano" fa una signora passando, riferita al drappello di donne con passeggini vocianti.
E allora mi chiedo, ancora: cos'è che ci mette così accanitamente le une contro le altre? Cos'è che ci fa continuamente osservare, giudicare, disapprovare "quella lì"?
Perché, donne, facciamo così?
No, perché credo che gli uomini in questo siano in generale più clementi con i propri simili, e se proprio devono proferire un giudizio lo fanno più volentieri, anche loro, su un'esponente del sesso opposto, lusinghiero o offensivo che sia.
E allora, se la smettessimo di confrontarci, screditarci, giudicarci, e per contro, sentirci giudicate? Perché magari nessuno ci giudica, ma se pure lo fa, chi se ne frega? Non stiamo bene noi con noi stesse? Non vi è mai capitato di strappare un sorriso di simpatia alle altre persone facendo qualcosa di insolito, magari qualcosa che lì per lì potrebbe risultare sconveniente o strano? Tipo parlare ad alta voce con vostra figlia nel passeggino e rispondervi pure da sole come una matta?
E' bello poter fare la differenza, senza stare a pensare come la cosa può essere recepita dagli altri.
Forse stiamo troppo sulla difensiva, noi donne. Forse noi mamme siamo ancora più sulla difensiva delle altre donne che non sono mamme. Forse ci sentiamo ancora più sotto il torchio del giudizio, eppure ci viene spontaneo e facile giudicare a nostra volta madri che non fanno come noi, anche senza malizia, si intende.
Io ho allattato, però fino a due anni mi sembra esagerato!
Io non ho allattato e non mi sento meno madre per questo!
Io allatto ancora mia figlia di tre anni, e rivendico il diritto di farlo per tutto il tempo che mi pare e piace!
Io non capisco quelle madri che lasciano i figli tutto il giorno all'asilo.
Io non concepisco quelle madri che si annullano per i figli.
Io non rinuncio alla mia identità di donna per essere madre.
Io non accetto chi mette il lavoro prima della famiglia.
Chi non è pronto a fare sacrifici sarebbe meglio che non faccia figli.
Io non capisco chi sceglie di fare un figlio e poi si lamenta perchè è stanca.
Io sono madre e rivendico il diritto di essere stanca.
"Le altre" non possono capire cosa vuol dire avere un figlio.
Guarda queste, fanno un figlio l'anno e non possono nemmeno mantenerlo.
Mettere al mondo un figlio senza sicurezza economica è da irresponsabili.
Mettere il benessere economico prima dei figli è da egoisti.
La gente ormai prima dei quaranta non fa figli.
Un figlio a vent'anni? Io non lo farei mai!
Io dico: che ognuno viva la sua vita e i suoi passaggi più significativi come meglio si adatta alla sua indole e al suo modo di essere.
Io dico che forse dovremmo sforzarci di giudicare meno e provare a immedesimarci di più in una vita diversa dalla nostra.
Farci accettare dagli altri per come la viviamo, mostrandoci senza timore di essere additati e biasimati è aiutare anche gli altri ad ampliare il proprio sguardo e uscire dai propri schemi mentali.
Che poi non è detto che la strada che abbiamo scelto noi sia la migliore in assoluto. E se invece non lo fosse? E se invece ci sbagliassimo?
E se quella signora arcigna oggi si è svegliata male perché ha un fratello all'ospedale e le è morto il cane ieri? E magari è una pasta di donna.
Che questo sia un promemoria prima di tutto per me.
Come al solito pensieri un po' alla rinfusa, non so se si è capito bene.
E comunque, nel web mondo, ho preso spunto da qui.
Io rimango sempre un poco fuori dal circuito, poco informata e sempre in ritardo: non partecipo, ma traggo ispirazione. Anche perché non riesco a tenere il filo. Ve ne sarete accorte.
Loro invece sì. Di quelle persone di cui vi parlavo prima, quelle mai viste e conosciute ma che mi piace ascoltar pensare, quelle blogger che sono anche loro donne e che mi suggeriscono sempre interessanti occasioni di riflessione, rimando agli articoli che mi hanno evocato questa.
Prendetevela con loro dunque.
Mamma è in pausa caffé: un grazie per le donne.
Cuor di carciofo: donne per donne. Provo a dire la mia.

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