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PER AMORE DI VERITA' - di Paolo Craia

Creato il 21 ottobre 2012 da Laperonza

 

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Ricevo e volentieri pubblico:

Premetto che io non sono su Facebook, e ho una frequentazione piuttosto saltuaria del web, per cui le notizie e le polemiche che ivi corrono in tempo reale, giungono a me con ottocentesco ritardo. In particolare solo recentemente mi è capitato di leggere delle  dichiarazioni di un esponente politico di Montegranaro  secondo cui l'associazione Città Vecchia non sarebbe stata fondata da Luca Craia, e che lo stesso Luca Craia sarebbe stato estromesso dai soci della suddetta associazione, perchè esasperati dalla sua condotta tirannica (sic). A questo punto, per un mio brutto vizio che è l'amore di verità, mi sento obbligato a dire la mia, essendo stato testimone (a differenza dell'esponente politico di cui sopra ) di  entrambi gli eventi.

Che la prima affermazione del nostro sia falsa non merita troppe dimostrazioni:la fondazione dell'associazione è stato un evento pubblico a cui centinaia di cittadini hanno potuto partecipare, o direttamente negli incontri o  virtualmente tramite il gruppo facebook. Evidentemente questa persona era distratta ed è stata male informata. A questo proposito mi limito a consigliargli la prudenza: limitarsi a parlare di ciò che si sa e si è verificato mette al riparo da figuracce, come ogni bravo politico dovrebbe ben sapere. 

Voglio però tornare sul secondo punto, e cioè le dimissioni di Luca Craia da presidente dell'associazione.  Ecco i fatti come li ho vissuti io. All'epoca avevo sospeso la mia partecipazione attiva nell'associazione perchè mi ero sposato, ed ero molto preso dal sopravvivere all'organizzazione delle nozze prima e della vita coniugale dopo, come credo possa capire chiunque porti una fede al dito. Sapevo però che nel frattempo l'attività si era concentrata in modo pressochè esclusivo nella realizzazione della sede e nell’organizzazione del punto ristoro per la raccolta fondi durante la manifestazione Veregra Street. La riunione cominciò in modo molto pacato e amichevole. Parlando qualche giorno prima, Luca mi aveva fugacemente avvisato di cosa voleva parlare quella sera. Secondo lui, conclusosi il Veregra Street con una discreta raccolta fondi e ultimata la sede, grazie soprattutto all'impegno effettivamente notevole di un gruppo piuttosto ristretto di soci, a cui era stata data carta bianca riconoscendone la capacità e l'esperienza in quel settore, bisognava riportare l'attenzione dell'associazione stessa sul suo vero scopo. La raccolta fondi e i momenti conviviali erano un mezzo e non un fine, e Luca era preoccupato che un’eccessiva concentrazione su questi aspetti potesse finire per snaturare l'attività dell'associazione, che non poteva ridursi a un comitato di organizzazione di feste. Secondo lui si sarebbe dovuti tornare a un rispetto maggiore dell'organizzazione interna che ci si era dati approvando all'unanimità (??condotta tirannica??) lo statuto. Uno statuto che era stato concepito e voluto unanimemente come mezzo per articolare e coordinare l'attività garantendone l'incisività e la trasparenza, soltanto pochi mesi prima, e che  era stato abbondantemente derogato negli ultimi tempi.

Luca era molto grato dell'impegno profuso da coloro che in quelle  settimane per cosi dire "d'emergenza" si erano tanto spesi, ma pensava si dovesse tornare a una gestione "normale" in cui le decisioni venivano prese democraticamente dal direttivo eletto democraticamente dai soci, così come avviene in qualsiasi associazione  e così come prevedeva lo statuto. Ne aveva parlato con Franco Mancini che si era detto assolutamente d'accordo. Niente poteva far presagire la piega che gli eventi avrebbero preso. Luca era sereno e certo non nutriva nessun dubbio sul fatto che su questo tema si sarebbe discusso tranquillamente e in modo costruttivo, come si era sempre fatto, e che poi si sarebbe passati a parlare di come riprendere le nostre azioni di sensibilizzazione in modo sempre più incisivo. Nè io avevo ragione di dubitarne.

Invece quella sera la discussione prese presto una piega problematica. Saltò fuori che due soci, di loro iniziativa e senza consultare nessuno, avevano aperto un conto corrente bancario e vi avevano depositato i fondi raccolti fino a quel momento. Il delegato ad operare sul conto doveva essere il presidente, cioè Luca, il quale ne era stato messo al corrente a cose fatte,  quando gli telefonarono per dirgli di andare in banca a mettere le firme. Luca c'era andato, quello stesso pomeriggio, ma era intenzionato a chiarire che il suo nome non poteva essere usato senza neanche dirglielo. Gli animi cominciarono a scaldarsi. In particolare, quando io richiamai l'attenzione sul fatto che il rispetto delle procedure previste dallo statuto era una garanzia per tutti, mi sentii rispondere (posso riportare la frase in modo letterario tanto mi colpì ): "Cioè dovrei chiedere al direttivo primo di fare qualcosa? Ma non ci penso proprio! IO VOGLIO FARE COME MI PARE". Restai a bocca aperta, mi guardai intorno e vidi alcune facce (poche) attonite come la mia, ma altre che sottolineavano con l'espressione imbarazzata il proprio silenzio. In particolare ricordo il Sig. Mancini, di solito così loquace e combattivo, che teneva le braccia incrociate sul petto e lo sguardo fisso sul tavolo, come se si trovasse altrove immerso in meditazione yoga. Ricordo Luca, bianco in volto come un cadavere e livido più che di rabbia di quella delusione amara che si prova quando ci si sente traditi dagli amici, che se ne andava dicendo: "Ognuno può fare quello che vuole, ma non a nome mio!". dopo pochi minuti lo seguii anch'io.

Più tardi, a casa sua, fui io stesso a consigliarlo di  confermare le sue dimissioni in modo definitivo. Ero infatti venuto a sapere che, tra le altre cose, durante Il Veregra Street, non era stata stipulata alcuna polizza assicurativa, e che lui in quanto presidente, sarebbe stato responsabile se qualcuno di fosse fatto male. Lo stesso dicasi per la sua firma sul conto corrente,  inserita nel contratto con tanta leggerezza. Lo invitai a riflettere se lui, semplice lavoratore e padre di famiglia e non certo politico

di professione si  potesse permettere di accollarsi certi rischi, anche patrimoniali e legali. Se c'è qualcuno che si rifiuta apertamente di attenersi a qualsiasi regola, forte del fatto che in caso di mala parata qualcun'altro sarà chiamato a rispondere, quel qualcun altro dovrebbe riconsiderare se il suo impegno abbia ancora senso o no. Mi diede ragione ma, lo posso dire perchè lo conosco da quando sono nato, con la morte nel cuore.

Col tempo, e vedendo come quella frattura si sia incancrenita fino ad arrivare all'insulto personale, per quanto portato avanti con la consueta tecnica del sasso lanciato e della mano nascosta, vedendo le provocazioni sistematica e ripetute, il sostanziale boicottaggio delle attività dell'Archeoclub, la progressiva politicizzazione delle questioni, l'astio profondo e del tutto immotivato dimostrato  continuamente da molti rappresentanti di Città Vecchia verso Luca e l'Archeoclub, sconcertante e incomprensibile se si pensa che le due associazioni perseguono o dovrebbero perseguire lo stesso fine, ho maturato il dubbio che lo scontro di quella sera, così apparentemente privo di senso e di reali motivazioni pratiche o concettuali, fosse stato preparato a tavolino.  

Quello che è certo è che oggi ci sono due associazioni che dovrebbero occuparsi del centro storico, e che invece di collaborare si fanno la guerra sul fatto che  gli ipogei si chiamano grotte, e che è meglio andarci a spasso per filmarcisi dentro per mettere il filmino in rete come i liceali, piuttosto che farle mappare e monitorare da un gruppo di professionisti in modo da avere uno strumento scientificamente valido per poterle salvaguardare.

Ognuno la pensi come vuole. Ma in tutti questo le case del centro crollano, e gli affreschi della prioria marciscono.

Tanto avevo da dire, per amore di verità.

Paolo Craia


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