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Per i copti d’Egitto è inverno

Creato il 11 ottobre 2011 da Dailyblog.it @daily_blog

Di Federico Catani il 11 ottobre | ore 13 : 58 PM


Come volevasi dimostrare, i cristiani copti d’Egitto, dopo la rivoluzione del febbraio scorso, se la passano assai peggio di quando al potere c’era il dittatore Mubarak. Le notizie che provengono dalla terra dei faraoni e delle piramidi, terra di antica tradizione cristiana, sono sconfortanti.
Nei giorni scorsi, migliaia di fedeli copti, uniti ai loro pastori, sono scesi in piazza, al Cairo, per protestare contro la distruzione di una chiesa nella provincia di Assuan. E subito sono scoppiate le violenze. Si dice che il tutto sia nato a causa di un gruppo di manifestanti che ha iniziato a colpire la polizia militare con il lancio di alcune pietre. Si tratterebbe in ogni caso di un gesto deprecabile ma in qualche modo sintomo di uno stato di profondo malessere non più tollerabile. Tuttavia, le cose potrebbero anche essere andate diversamente. Fatto sta che la protesta dei cristiani è finita in un bagno di sangue. E la rivolta continua. Finora si contano 25 morti e circa 300 feriti. Gli scontri, sebbene iniziati contro l’esercito, che da febbraio tiene in pugno l’Egitto, si sono poi sviluppati anche contro i musulmani, trasformando il tutto in una lotta interconfessionale, in cui gli estremisti islamici sguazzano.

Non è un mistero per nessuno che, dopo la caduta di Mubarak, il fondamentalismo ha preso sempre più campo in tutto l’Egitto. Le varie forze islamiche mirano alla costruzione di uno Stato in cui la sharia diventi la legge fondamentale da applicare a tutti. E chiaramente a farne le spese sarebbero proprio i copti, che rappresentano il 10 per cento della popolazione egiziana e costituiscono dunque una significativa minoranza. È del tutto evidente la situazione di precarietà in cui vivono i fedeli cristiani che abitano lungo il Nilo. La libertà di professare liberamente il proprio credo non è affatto garantita. Tra militari, estremisti islamici e Fratelli musulmani, il futuro non è affatto roseo per i copti. Il nostro ministro degli Esteri Frattini ha paventato l’esodo di circa 100 mila cristiani dall’Egitto. In fondo, si sta riproponendo lo stesso scenario già verificatosi in Iraq e in altri Paesi mediorientali. Popolazioni cristiane di antica tradizione, già provate dalla maggioranza islamica impostasi con la forza nel corso della storia, sono costrette a lasciare le loro case e la loro vita quotidiana per emigrare in luoghi in cui siano loro garantiti i più elementari diritti. E questo, spiace dirlo, si verifica ogniqualvolta l’Occidente interviene direttamente o indirettamente nella politica della vecchia Mezzaluna fertile. Gli esodi non erano così massicci prima della guerra del 2003 contro Saddam Hussein e prima delle rivolte del febbraio scorso. Oggi più che mai in questi Paesi vi sono due schieramenti: da una parte coloro che invocano l’islam (ovvero la sottomissione) e vogliono la dhimmitudine per chi non si adegua, dall’altra chi lotta davvero per la libertà.

Catherine Ashton, Alto rappresentante della Politica estera della Ue, dopo aver espresso preoccupazione per le violenze avvenute al Cairo, ha dichiarato che è tempo di passare alle elezioni affinché l’Egitto possa trasformarsi in una democrazia. La macchina elettorale partirà a fine novembre, ma con questi chiari di luna, non credo ci sia molto da sperare. Altro che “primavera” araba. Qui è iniziato l’inverno. E temo sarà molto lungo e molto freddo.


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