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Non so che futuro avrà il movimentodegli indignados o comunque di coloro che vogliono costruire un'alternativa alla dittatura neoliberista. Se in qualche modo potrà caratterizzare gli anni avenire, se si tratta di un fenomeno collettivo destinato a spegnersicome tanti che lo hanno preceduto oppure se sarà scavalcato daglieventi con una estensione generalizzata, in particolare per l'Italia,del 'modello' greco: una crisi economica e finanziaria ingestibile,la macelleria sociale all'ennesima potenza, l'esaurirsi di qualunquespazio residuo di mediazione, di rivendicazione sociale e di riformademocratica entro gli spazi definiti e garantiti dalle norme costituzionali.In ogni caso, per quanto mi riguardacondivido gran parte delle rivendicazioni degli indignados chepossono tradursi sostanzialmente in un unico obiettivo: piùdemocrazia. Più democrazia economica e dunquegiustizia sociale, affinché la produzione reale sia diretta asoddisfare i bisogni delle persone e non i profitti deglispeculatori.Più democrazia politica, con latrasformazione delle istituzioni politiche nel senso dellapartecipazione diretta dei cittadini alle decisioni pubbliche e di unrapporto diretto di responsabilità tra eletti negli organirappresentativi ed elettori.Questi obiettivi – democrazia,eguaglianza, giustizia sociale - comunque evolverà il quadro futuroresteranno sempre protagonisti della vita politica perchérappresentano le massime aspirazioni degli esseri umani nella vitasociale.Dopo la manifestazione del 15 ottobre aRoma e le violenze che l'hanno contraddistinta in tanti sonointervenuti per dare la propria interpretazione e fornire la propriaanalisi su quanto era successo: politici, giornalisti, intellettuali,blogger, cittadini sui social network.
La maggioranza per condannare laviolenza di pochi individui che ha impedito a centinaia di migliaiadi persone intervenute a Roma di esprimere la propria protesta e leproprie convinzioni, una parte per invitare anzitutto a comprendere –senza tuttavia giustificarli - le ragioni dei 'casseur', altri ancoraper affermare che di fronte alla violenza del sistema non puòesistere differente forma di azione politica che quella dellaguerriglia urbana e rivendicare il diritto ad esternare la propriarabbia.C'èuna discriminante che divide queste opinioni e soprattutto tra coloroche sono scesi, in modo pacifico o non pacifico, in piazza ed è quella se si crede o no nellademocrazia. Perchi pensa che le cose si possano cambiare con una proposta politicaradicalmente alternativa che possa ottenere il consenso dellamaggioranza dei cittadini e prevalere nelle elezioni, il senso dellemobilitazioni, dei cortei, delle manifestazioni è quello di farepressione sull'establishment (di destra e di sinistra) percontrastarne la deriva liberista e antipopolare, per galvanizzare ecompattare coloro che auspicano la trasformazione della società, perpromuovere il consenso e la diffusione consapevole delle proprie ideenell'opinione pubblica.Dunquei 'casseur' diventano dei nemici perché danneggiano questo progettoe per il vantaggio che gli eventi violenti offrono al potere intermini di propaganda politica.Perchi invece non crede nella democrazia e pensa che non sia possibilecontrastare e cambiare il sistema con metodi pacifici, restal'unico orizzonte di sfogare la propria rabbia (e ritengono sacrosantofarlo!), di provocare più danni possibili al sistema o, non è daescludere per il futuro, l'intenzione di organizzare una nuova lottaarmata.Edunque per costoro risultano incomprensibili i distinguo e lecondanne del movimento, lo accusano di essere troppo morbido, diricevere le attenzioni e l'approvazione di personaggi come Obama eDraghi. Di volere accreditare la distinzione che alcuni media (comeesempio Repubblica) insistono a proporre tra manifestanti 'buoni' emanifestanti 'cattivi' mentre chi manifesta dovrebbe porsi in unaposizione di totale contrasto verso il sistema.Domenicaprossima alla manifestazione No-Tav in Val di Susa si riproporrannole stesse questioni. La lotta contro l'alta velocità è troppoimportante sia per le condizioni di vita di quella comunità dicittadini, sia per il grande valore simbolico che rappresenta (intermini di difesa del territorio dallo scempio delle grandi opere edi rivendicazione del diritto dei cittadini a decidere della propriaesistenza).Consentireche questa lotta venga espropriata, come successo a Roma, dagruppetti di quelli che un tempo si sarebbe definiti avventuristirappresenterebbe un autentico suicidio.Lapolitica si qualifica non solo per gli obiettivi che persegue maanche per i mezzi, i metodi, gli strumenti che utilizza perrealizzarli.
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