Il discorso di Enrico Letta alla Camera e al Senato sul “nuovo inizio” del suo governo con maggioranza modificata (dalle larghe intese alle strette intese) sembra ispirarsi ad alcuni principi collaudati del tipo: “io speriamo che me la cavo”, “sì, ma”, “ma anche”, “molto abbiamo fatto, molto faremo”, “vedo una luce in fondo al tunnel”. In sostanza, ha preso in giro Matteo Renzi tanto che l’ala “dura” del partito ha già rialzato la testa. E non saranno le riunioni della direzione del partito alle 7 di mattina a cambiare le cose. Mi sembra che, in ventiquattro ore, Renzi abbia già meno fretta di andare a Palazzo Chigi. Le ragioni gliele avranno spiegate Letta e Napolitano.
Consapevole di questo, Letta ha perimetrato l’area in cui si potrà muovere il nuovo segretario del Pd, rilanciando, di fatto, il vecchio “arco costituzionale” con gli attacchi espliciti al M5S di Grillo e, impliciti, agli estremisti/populisti cioè a FI di Berlusconi. Solo che, questa volta, non si tratta di escludere il MSI (5-8% dei voti), ma un’area che vale più di un terzo dell’elettorato, forse il 40%, se si accettano i sondaggi che dànno il M5S e FI al di sopra del 20% delle intenzioni i voto. Così facendo, ha tolto a Renzi la libertà d’azione e di innovazione.
L’arco costituzionale è un territorio politico, che risulta stretto per Renzi: staremo a vedere se accetterà questa delimitazione, che di per sé comporta una diluizione dei suoi progetti riformistici immediati che, in ogni caso, sono finora generici (riforma elettorale, riforma del bicameralismo, lavoro, ecc.). Declamare slogan quando non si hanno né potere né responsabilità è cosa ben diversa dal realizzarli quando si hanno l’uno e l’altra.
Dei due mesi di tempo entro i quali Renzi vorrebbe chiari segnali di svolta, da imporre al Governo nei fatti e non a parole, uno se ne va fino alla Befana. Possibile che tutto si realizzi entro Carnevale?
Il punto è che conquistare Palazzo Chigi è relativamente facile. Me se lo si conquista senza un vero, studiato, approfondito progetto, a comandare è la Ragioneria generale dello Stato e, al meglio, si passa il tempo a trasformarlo in una merchant bank, utile per sé e per gli amici, ma non per il Paese.
Il tempo, quindi, lavora contro Renzi. Il vento congiunto dell’antipolitica e dell’antiberlusconismo lo ha portato in alto, come un aquilone; ma può cambiare, e rapidamente, tirarlo giù. Soprattutto se Renzi, cadendo nel tranello dei media, parlerà sempre e troppo e su tutto, con giovanile entusiasmo. Dovrebbe capire che i media creano e distruggono. Dovrebbe capire che le cose non cambieranno riducendo il numero dei deputati o trasformando il Senato e nemmeno cambiando la legge elettorale. Non sono quelle le riforme che contano sul serio. Ma se su queste si impegna ed esaurisce le sue forze, tra non molto comincerà a perdere consensi.
Alessandro Corneli
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