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Perché i “perché” non aiutano a capire perché

Da Teatromoderno
Perché i “perché” non aiutano a capire perché
La fenomenologia e le palle da bigliardo
Come “capire” la realtà! (e comunicare meglio)Perché i “perché” non aiutano a capire perché
Se sei come me che ti affanni per capire sempre tutto: ecco una chiave che ti permette di aprire nuovi orizzonti alla comprensione
Hai capito bene! Ho la pretesa di spiegare come puoi fare per capire la realtà! Tutta!
Che vuol dire che io ho capito tutto??? Ma chi mi credo di essere? Dio? Come direbbe Woody Allen: “Beh, a qualcuno bisogna pur ispirarsi!” :)
Non sono abbastanza pazzo da meritare la camicia di forza ma lo sono abbastanza da essere nella norma…
Sono Normale e non ho capito un bel niente. Ma come direbbe Socrateso di Non sapere…”
A parte gli scherzi, sto davvero per spiegarti un metodo pratico per poterti avvicinare veramente alla realtà delle cose. Questo non vuol dire che poi hai capito tutto: hai “solo” un metodo in più per prenderti meno in giro!
E ti pare poco?
Arrivo subito al dunque:La fregatura sta nella parola “Perché”
Quando usiamo quella parolina cerchiamo e ci diamo una risposta che etichetta il fenomeno che stiamo vivendo, senza viverlo. (Vedi l’articolo che ho scritto sul giudizio: La meditazione, una pratica considerata “poco pratica”)
Facciamo un esempio:
Immagina: Sono su una tavola di bigliardo, con la stecca colpisco la palla bianca che colpisce la nera e la nera va in buca! Grande!!
Perché la palla nera è finita in buca?
Fermati un attimo prima di proseguire e rispondi a questa domanda: Perché la palla nera è finita in buca?
Fatto?
Bene, se hai risposto, immagino che hai l’impressione di avere capito perché.
Ti assicuro che qualsiasi cosa hai risposto, hai quasi certamente risposto bene!
Esatto hai quasi certamente ragione!
Questo non vuol dire che hai capito tutta la realtà del fenomeno. Hai capito una realtà. E ribadisco “una”, “una sola” la “tua realtà” e quelle degli altri?
Ma continuiamo con l’esempio eccoti il mio “perché”, la mia Realtà:
“La palla nera è caduta in buca perché è stata colpita dalla palla bianca”
È o non è così? Certo è così!
La fregatura e che una volta accettato questo “perché” non ne consideriamo più altri, tanto che a volte non accettiamo i “perché” degli altri.
Vediamo alcuni tra gli “infiniti” perché avremmo potuto usare:
la domanda era:Perché la palla nera è finita in buca?
Alcune risposte:perché ho toccato bene la palla biancaperché c’è la forza di gravitàperché avevo usato il gessetto azzurroperché mi sono concentratoperché ho fatto un respiro prima di toccare la palla biancaperché la traiettoria della palla bianca era in perfetta linea con quella neraperché ho usato una stecca di un legno particolareperché ho esperienzaperché ho avuto fortunaperché ci ho credutoperché non mi piace vedere la palla neraperché il tavolo era in vellutoperché in quel momento ero felice ed in sintoniaperché da piccolo mia madre mi diceva di non giocare con le palle nereperché rispetto al mio segno c’era un particolare congiungimento dei pianetiperché, perché, perché, ce ne sono infiniti!!!!
Se continui a usare il perché, continuerai ad appiccicare etichette.
Immagina che il fenomeno sia un libro (a me succede molto con i dischi o gli mp3 musicali) e gli appiccichi un’etichetta: “romanzo”. Appiccichi l’etichetta e lo archivi subito negli scaffali sotto la voce “romanzi”. Punto. Fine della comprensione. Il libro viene dimenticato nello scaffale e finisce di essere preso in considerazione
Ma magari era un romanzo storico, sentimentale e magari anche una biografia potevi mettergli anche le etichette “storia”, “sentimentali”, “biografia”. Invece ti sei accontentato della prima e lo hai archiviato.
Ebbene è proprio quello che facciamo con tutto quel che ci capita: una bella etichetta con un “perché” e ci perdiamo tutti gli altri!!
Come fare allora?Il trucco è includere invece che escludere. E per questo ci viene incontro la “fenomenologia” ovvero l’arte dello stare con le cose come sono per quello che sono evitando le etichette.
Ecco Come fare in pratica:
sostituisci i “perché” con i “quando” e con i “come”
Esempio:la frase:“la palla nera è caduta in buca perché è stata colpita da quella bianca” - ed escludi tutti gli altri “perché”puoi dirla anche:“la palla nera è caduta in buca quando è stata colpita da quella bianca” - ed includi tutti gli altri “perché”!
In questo modo non giudichi o interpreti il fenomeno, ma lo osservi per quello che è con maggiore obiettività. (Hai notato che è proprio la stessa attività che sviluppi con la meditazione: osservazione pura)
Puoi usare i “quando” quando vuoi rispondere ad un “perché” invece del “perché”
Puoi usare i “come” sempre al posto dei “perché” in fase di domanda
Ad esempio puoi domandare:“Perché la palla nera è finita in buca?” –che induce ad una risposta che esclude altro
ma puoi anche domandare:“Come la palla nera è finita in buca?” –che induce ad una apertura
Bello vero?
C’è dell’altro! E te lo svelo subito!
Un'altra parola ostacolo per la comprensione dei fenomeni è la “o”.Già perché tende a farci stare in posizioni esclusive e in polarità contrapposte.
Mi spiego meglio:buono e cattivo.
Ad esempio se uccido sono buono o cattivo?
A questa domanda puoi rispondere in 3 modi e non in 2 come suggerisce la “o”:1)   Sei cattivo2)   Sei buono3)   Sei buono e cattivo
Come vedi è bastato sostituire la “o” con una “e” che tutto il significato cambia, invece di escludere includi, e tra il bianco e nero includi tutte le sfumature di grigio!
Ti è mai capitato di volere abbinare due capi di abbigliamento bianchi (succede anche col nero) e non poterlo fare perché troppo differenti tra loro? Eppure presi singolarmente ciascuno era decisamente bianco! Però messi insieme uno da più sul giallino e l’altro più sul grigio…
Ma torniamo all’esempio di prima: “Se uccido”… Immagino che tu possa anche avere pensato: “se uccidi sei sempre cattivo”.
Ebbene se hai pensato questo, vuol dire che mi hai subito appioppato una etichetta e mi hai messo sullo scaffale dei “cattivi” (ma lo hai letto o no l’articolo sul giudizio: La meditazione, una pratica considerata “poco pratica” ? Leggilo c’è un bellissimo pezzo scritto da Anthony De Mello)
Supponiamo che io ho ucciso la zecca che tormentava il mio povero cane.Sono cattivo? Buono? O Buono e cattivo?
Penso di essere inevitabilmente Buono e Cattivo: entrambe le cose! Sono stato buono col mio cane e cattivo con la zecca (ho davvero imparato a dispiacermene quando lo faccio)
Attenzione questa pratica non è solo utile per farsi meno “Pippe mentali” ma anche per comunicare con gli altri con maggiore chiarezza, ordine e rispetto (a proposito lo hai letto: Come uscire dal “Pensiero compulsivo”. o "Pippe mentali" ?)
Immagina che tu dica… anzi, meglio: immagina che qualcuno dica a te:“ io sono arrabbiato quando tu...” contrariamente a “io sono arrabbiato perché tu...”
Col “perché” ti sentiresti accusata/o ed entreresti in difensiva, con il “quando”, invece, hai veramente la possibilità di capire che conseguenze possono avere certe tue azioni o parole.
Vuoi farti capire dall’altro?Smettila di accusarlo e digli fenomenologicamente, con i “quando”, come ti senti –esatto: i tuoi sentimenti e quando sono emersi- e molte cose dei tuoi rapporti saranno più chiare a te e agli altri!
Oh! è un lavoro! Io mica sono sempre così bravo!! Ma ti assicuro che saperlo ti da una grande, enorme possibilità in più!!
Usala!
Ricapitolando:
includi invece di escludereCome” al posto dei “PerchéQuando” al posto dei “Perchée” al posto delle “o
In questo articolo ti ho consigliato anche:La meditazione, una pratica considerata “poco pratica”Come uscire dal “Pensiero compulsivo”. o "Pippe mentali"
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