Molte persone lamentano mancanza di memoria, si dimenticano continuamente qualcosa: un appuntamento, il titolo del libro che stanno leggendo, gli occhiali e via dicendo. Si tratta di un disturbo neurofisiologico oppure è semplice distrazione?
Deficit neurofisiologico o distrazione?
La memoria viene concepita come un insieme di sistemi che permettono la codificazione, l’immagazzinamento e il recupero delle informazioni. Esistono due grandi categorie di memoria: la memoria a breve termine, caratterizzata da una capacità limitata di immagazzinamento e da un rapido oblio e la memoria a lungo termine, la cui capacità di immagazzinamento è illimitata e l’oblio è progressivo impiegandoci talvolta degli anni. La memoria viene influenzata costantemente da numerosi fattori esterni, come le emozioni e le motivazioni ed è sempre attiva.
La mancanza di memoria può coinvolgere più campi ed è bene fare una distinzione tra le cause che la possono provocare.
I disturbi neurofisiologici sono tra le cause più gravi: alterano il linguaggio, la capacità di agire e di riconoscere persone e situazioni e paralizzano anche i momenti più semplici del quotidiano. Questi disturbi vanno generalmente di pari passo con l’invecchiamento e l’Alzheimer ne è un esempio emblematico. Tendenzialmente questo genere di malattie non si possono né guarire né circoscrivere oltre un certo limite. Possono essere solo migliorate con l’aiuto di cure specifiche.
Distinti invece da questi deficit neurofisiologici, sono “i deficit benigni”. In questi casi la mancanza di memoria riguarda il passato recente ed è inasprita da stress, angoscia o depressione. Si tratta solitamente di un problema transitorio e può essere migliorato attraverso un percorso di consapevolezza.
Distrazione come difesa psicologica
Quando stress, angoscia o depressione prendono il sopravvento, la dimenticanza e l’essere frequentemente distratti, testimoniano in primis un’assenza di comunicazione con se stessi: non si è presenti a se stessi in quello che si sta facendo e la distrazione (inconsapevole) diventa allora una via d’uscita che permette di trovare momentaneamente un riparo. In questo meccanismo rientrano tutte quelle situazioni in cui il vissuto del momento è troppo pesante da sopportare o si rimane intrappolati nel non-detto e quindi in una incapacità di esprimere il proprio mondo interno e il ricordare sarebbe troppo doloroso e soffocante.
Cosa fare?
Per migliorare l’attenzione e di conseguenza la memoria, è importante allenarsi all’osservazione di sé senza giudizio, sviluppando così consapevolezza: ascoltare ed ascoltarsi partendo dalle percezioni dei propri sensi. Chiedersi cosa sento? Cosa provo? Dove sono con la mente in questo momento? Ma anche che periodo sto attraversando? Quanto sono sovraccaricato di pensieri, di preoccupazioni e quant’altro?
La consapevolezza di sé ha a che fare quindi con il conoscere se stessi. Essere consapevoli significa saper identificare i propri bisogni, le proprie emozioni, i propri pensieri, i propri comportamenti di fronte a determinate situazioni e allo stesso tempo saper scegliere situazioni, comportamenti e atteggiamenti funzionali non in base agli stati d’animo del momento, ma bensì in base ai propri obiettivi e a ciò che sta veramente a cuore.
Cristiana Milla, psicologa e psicoterapeuta. Per avere maggiori informazioni, visita la sua pagina personale e leggi gli altri articoli. Per consulenze psicologiche e psicoterapia, seminari o altre richieste, puoi scriverle una mail all’indirizzo [email protected] oppure telefonarle al 339.6137545.