Quali sono i meccanismi che provocano la risata? perché la risata è contagiosa? perché alcune battute ci fanno ridere ed altre no? E soprattutto a che serve ridere? Oggi vi propongo una piccola inchiesta sulle risate, le sue cause e i suoi effetti. Siete pronti?
- Ci sono un cane e una pecora… – beh? - bau!
Ok, chi l’ha capita? Probabilmente non a tutti una battuta come questa fa ridere a crepapelle, ma vi assicuro che con i bambini funziona. Questo perché le cose che scatenano la risata in ognuno di noi sono legate al proprio sviluppo emotivo e socio-culturale. I bambini ridono per battute semplici, per scenette in cui qualcuno scivola, o viene “picchiato”, o si dimostra incapace di assolvere ad un ruolo che persino a loro sembra semplice. Secondo alcune teorie sull’umorismo e sulla risata,infatti, essa sarebbe una reazione sociale utile ad incanalare in modo non aggressivo e condiviso, stimoli aggressivi o sessuali (teoria freudiana) naturalmente presenti in ogni individuo. Ma senza andare così a fondo, possiamo dire più semplicemente che sia i bambini che gli adulti ridono per un senso di liberazione, nel senso che, solitamente, di fronte ad una situazione “ostile” ne escono vincitori: rapportando se stessi alla stessa situazione, si sentono superiori poiché capaci di gestirla meglio della persona derisa. Potrebbe sembrare complicato ma è molto semplice.
Ieri sera sono andata a vedere uno spettacolo di clown, un duo, a un certo punto il problema era “asciugare un paio di calzini”. Rémi ha iniziato ad alitarci sopra, e a sbatterli in modo confuso e maldestro, perdendoli continuamente. Questo fa ridere tutti, perché nessuno si sognerebbe di asciugare un calzino alitandoci sopra e sbattendolo maldestramente. Lionel, invece, ha iniziato a far roteare i calzini in maniera regolare, e i calzini sono diventati oggetti di giocoleria, a mo di bastoni infuocati per intenderci, incantando il pubblico che rideva divertito. Nel secondo caso però la risata non era dovuta al senso di superiorità, ma, al contrario, alla soddisfazione di aver colto l’incongruenza cognitiva causata dall’accostamento di due idee semplici e sconnesse come i calzini e la giocoleria.
Ma la risata può essere causata da una battuta più sottile, e tanto più sarà apprezzata, quanto più l’interlocutore sarà spinto a cercare nuovi significati negli accostamenti. Quindi, il piacere dato dalla risata “cognitiva” proviene dal piacere di scoprire, in qualche modo, il mondo, o per lo meno di riscoprirne alcuni aspetti che normalmente non hanno nessuna relazione tra loro.
La risata, inoltre ha una funzione sociale, anche nel senso che essa condanna in qualche modo alcuni comportamenti, premiandone altri. Un’altra funzione sociale della risata è quella di creare legami. Chi ride, o sorride, rivela sempre al suo interlocutore che non è ostile, anzi, gli conferma la sua disponibilità a iniziare un contatto o una relazione. Per essere più precisi, potremmo dire che la risata è un atto sociale. Nessuno ride da solo, ma si ride in compagnia e anche se “la compagnia” non è presente in quel dato momento, la relazione è attiva nella mente di chi sta ridendo: a chi non è capitato di ridere ripensando a qualcosa accaduta il giorno prima tra amici? Anche se si tratta di una rievocazione, la relazione sociale è necessaria alla risata.
Ma a volte capita anche che si rida senza un motivo evidente, solo perchè magari qualcuno accanto a noi ha cominciato a ridere. Tipico caso dei video di bambini che ridono su youtube, a cui non si può resistere anche provandoci con tutte le proprie forze. Esistono alcuni casi di “epidemie di risate” come quello del 1962 in Tanzania.
In un collegio di ragazze gestito da missionarie, tre ragazze iniziarono a ridere a crepapelle fra di loro, nel giro di qualche mese, l’epidemia di risate coinvolse più 150 ragazze, costringendo l’istituto a chiudere. Queste ragazze, erano colpite da improvvisi e irrefrenabili attacchi di riso che potevano durare da pochi minuti ad alcune ore e si ripetevano ciclicamente tre o quattro volte al giorno. Misteriosamente l’epidemia di risate, colpì soltanto le studentesse, che, costrette a tornare nelle proprie case a causa della chiusura della scuola, contribuirono al diffondersi dell’epidemia nei villaggi circostanti, colpendo circa 10000 abitanti. L’epidemia si interruppe nel 1964, dopo due anni e mezzo, arrivando a raggiungere 14 scuole e varie tribù sul lago Vittoria in Uganda e Tanzania. Da un’attenta analisi, si arrivò a capire che il contagio si sparse secondo linee tribali, familiari e amicali, colpendo in modo particolare le donne; più intenso era il legame tra la persona affetta da attacchi di riso e la persona che ne era testimone, più alta era la probabilità che il testimone a sua volta venisse contagiato.
Questo comportamento è stato studiato dai ricercatori che hanno rilevato come la risata (esattamente come tantissimi altri atteggiamenti umani legati alla socialità) è gestita da una parte del nostro cervello in cui lavorano i “neuroni specchio”. Questi neuroni agiscono in modo sorprendente: nel momento in cui io sento qualcuno ridere loro si attivano e mandano segnali ai miei muscoli facciali perchè riproducano esattamente gli stessi movimenti che produrrebbero se fossi io stessa a ridere, e in questo modo si finisce per ridere davvero. Ecco perchè la risata è contagiosa. Ovviamente esistono diversi fattori che regolano queste funzioni del cervello, le quali si attivano, in realtà, per qualsiasi sentimento, generando quella che chiamiamo empatia. Gli stessi neuroni specchio pare abbiano a che fare con un mucchio di azioni nella nostra vita: dall’apprendimento del linguaggio, allo sviluppo delle capacità motorie. Ma l’effetto legato alla risata si è sviluppato di più rispetto ad altri sentimenti, perché la risata ha dei veri e propri effetti benefici sul nostro organismo.
Tanto per cominciare una bella risata “di pancia” vi farà fare un bel po’ di ginnastica soprattutto ai muscoli del torace e degli arti superiori, che si contraggono e rilassano apportando benefici anche al fegato e all’intestino. Inoltre con la risata attiviamo muscoli facciali che altrimenti non useremmo mai. Fa bene alla respirazione e ai polmoni perché si respira più profondamente e si riesce così a rinnovare anche quella quantità d’aria che normalmente si sedimenta nei polmoni. Aiuta ad eliminare l’acido lattico, sostanza tossica per l’organismo, diminuendo la sensazione di stanchezza. Insieme alla respirazione, migliora anche la circolazione sanguigna e le pulsazioni cardiache aumentano. Last but not least, il riso fa liberare la dopamina e l’adrenalina che, a loro volta, liberano le nostre morfine naturali (endorfine e encefaline) diminuendo le sensazioni di dolore, le tensioni e aiutando il sistema immunitario a combattere le malattie. È il principio alla base della clown-therapy, o riso-terapia.
Le persone che riescono a ridere di più, affrontano meglio non solo le malattia ma anche i problemi di tutti i giorni. Che la risata sia attiva o passiva gli effetti sono gli stessi, ed è per questo che è nato lo yoga della risata. Oggi esistono tantissimi gruppi che praticano questa “filosofia di vita”. Si riuniscono e ridono, con alcuni esercizi, o liberamente, per strada, tra di loro o con gli altri. La risata pare essere, quindi, una delle “medicine” più potenti ed economiche per curare il nostro organismo e la nostra psiche.
Nella filosofia zen si tramanda la storia di Hotei, il Budda che ride, uno delle sette divinità della Fortuna giapponesi, l’unico, forse, ispirato ad una persona realmente esistita. Porta un sacco sulle spalle che non si svuota mai e con cui nutre i poveri e i bisognosi. Il suo unico insegnamento è la risata.
Si spostava da un posto all’altro, da una piazza del mercato all’altra. Si metteva nel mezzo del mercato e iniziava a ridere: era il suo sermone. La sua risata era contagiosa, coinvolgente; era una vera risata. Lo stomaco gli pulsava, ballava al suono di quella risata. Si rotolava per terra, ridendo. La gente si raccoglieva, e poi si metteva a ridere e la risata si diffondeva, diventava un’onda che travolgeva l’intero villaggio: tutti ridevano. La gente si aspettava sempre che Hotei passasse dal loro villaggio perché portava felicità e benedizioni incomparabili. Non pronunciava mai una sola parola. Lo interrogavi su Buddha e lui rideva; gli chiedevi dell’illuminazione e lui scoppiava a ridere, gli chiedevi qualcosa sulla verità e lui rideva. Il suo unico messaggio era la risata.
Per il buddismo zen 15 minuti di risate equivalgono a sei ore di meditazione. Secondo Schopenhauer le modalità e le motivazioni del ridere qualificherebbero, inoltre, la nostra personalità e coloro che non ridono mai avrebbero scarse capacità intellettuali e valori precari. Come dire, chi riesce a ridere, e a far ridere di se stesso o delle situazioni intorno a se, sarebbe una persona più intelligente ed equilibrata, poiché riesce a trovare le incongruità nelle cose della vita e riderci su, riuscendo così a gestire meglio situazioni difficili e cercando sempre soluzioni nuove e creative.
Quale migliore augurio, dunque: ridete, ridete, ridete!