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Che la cosa meno importante del festival della canzone italiana siano le canzoni ormai era noto da tempo, ma credo che ieri se ne avuta l'ennesima conferma.
Mentre si succedevano in ordinata successione le esibizioni dei cantanti , Dolcenera, Roberto Renga, Noemi etc (ma questi sono i "big" della canzone italiana?) che hanno presentato le loro canzoni da San Remo, ovvero le solite melodie di facile ascolto, già ben conosciute dal pubblico e capaci quindi dare un riscontro immediato al loro interprete (a parte la canzone di Samuele bersani, per la quale ci vorrà un po' di tempo per comprenderne il testo), l'unica cosa che veramente tutti attendevano era l'arrivo in scena di Adriano Celentano.
Nemmeno la improvvisa riapparizione di Belen Rodriguez e Elisabetta Canalis sul palco dell'Ariston, grazie al ripudio di Tamara Ecclestone e al torcicollo di Ivana Mazrova, ha sviato l'attenzione del pubblico e della critica dall'unica ragione d'interesse che il festival sembra avere: l'apparizione del profeta Celentano, da anni ormai molto più di un cantante e uomo dello spettacolo, ma vero e proprio guru ispiratore per le moltitudini italiche. Moltitudini che non sono mancate neanche quest'anno all'appello del loro Santone preferito, se 14.378.000 italiani si sono raccolti davanti al televisore per ascoltare le prediche di Sua Immensità, come l'ha definito Rocco Papaleo (ma quella era una canzone di Don Backy, Papaleo stai attento che t'arriva una querela), per uno share del 48,51%.
Un risultato di pubblico esaltante ed unica ragione per la Rai di esultare, perché la qualità dello spettacolo non è sembrata in realtà all'altezza dell'attesa, alimentata da tutta una serie di polemiche sul compenso destinato all'ex molleggiato e ai rapporti intrecciati tra la Tv di Stato, il cantante e la società di produzione della moglie di Lui, l'ex attrice e cantante Claudia Mori.
Ma lo spettacolo non è stato esaltante, presentando sul palco un Celentano che dopo decenni ha rimesso i panni di Joan Lui, il protagonista dei uno dei suoi dimenticabilissimi film, il profeta - messia di un'improbabile versione del cristianesimo in chiave celentanesca, impegnato in critiche alla curia vaticana, ai critici televisive, alle ferrovie dello Stato e a tutto quello che si muove, purché appaiiano come bersagli politicamente corretti.
Una sagra dell'ignoranza italica e dei più consueti luoghi comuni, intramezzati dal recupero di alcuni canzoni in falso inglese (e giustamente prive di qualsiasi significato) del suo antico reperterio, un paio di siparietti con Morandi, Papaleo e Pupo da far rivoltare nella tomba i comici del tempo che fu, e l'esecuzione della canzone tratta dall'ultimo disco, appena uscito, tanto per fare l'unica cosa che probabilmente veramente interessa, un po' di promozione per l'ultima fatica del cantante Celentano.
Cosa c'è dopo Celentano? Forse il diluvio, ma io non l'ho visto, perché l'apparizione del mistico della Via Gluck mi ha talmente colpito che sono caduto in un sonno profondo, come da anni non mi accadeva.
Eppure non c'è alcun dubbio che Celentano è un fenomeno italiano da studiare attentamente. L'esempio più lampante di cretino di talento capace di smuovere le masse attorno al nulla, solo con il suono della propria parola e la ieraticità del suo apparire.
Noto che oggi, per la prima volta, tutti, o quasi, i giornali criticano negativamente lo show di Celentano, una cosa che deve far pensare che siamo forse veramente arrivati alla fine di un modo di fare televisione. La televisione del dopo Berlusconi ha già sanzionato la fine dei programmi da indignati in servizio permanente effettivo, ma con compensi milionari, delle varie Dandini e C.
Siamo pronti per una nuova televisione, libera da pastoie ideologiche e attenta alla qualità oggettiva dei programmi? Si smetterà di dare soldi e tributare applausi a qualcuno che appare in video solo per dire: "Povero Silvio"?
Sarà probabilmente una lunga e sofferta transizione, ma alla fine avremo facce nuove e nuovi programmi, anche se non è detto che saranno migliori di quelli del passato, perché si sa che al peggio non c'è mai fine, specialmente in Italia.
Adesso vediamo se anche per Celentano l'effetto attesa cadrà nelle prossime sere, riportando gli ascolti a dimensioni meno trionfali. Solo alla fine del festival si potrà dire se il San Remo celentanizzato sarà stato un successo o no.
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