Petit cadeux di inizio anno
Pubblicato da Vittoria L. A. Cari lettori,le festività sono ormai finite, ma noi di Diario abbiamo deciso di farvi un piccolo regalino per ben cominciare il nuovo anno. So che molti di voi conoscono e amano Maria V. Snyder, che con le sue due serie ambientate nelle terre di Sitia ed Ixia, ha saputo stregarvi della stessa magia che pervade il mondo che ha creato. Magia che resta uno degli argomenti più cari a questa autrice che è uscita in America, in occasione delle feste natalizie con un nuovo libro fantasy. Il titolo già dice molto: “A Touch of Power”. Come vi dicevo quindi, ancora di magia si parla, ma inserita in un mondo completamente diverso da quello che ci avevano fatto conoscere Yelena e Opale nelle loro avventure.
Siamo nelle terre dei Quindici Regni, dove una pestilenza che sembra inarrestabile, ha decimato gli abitanti. Capri espiatori designati dalla furiosa impotenza della gente, sono diventati i Guaritori. Persone con il Dono di assorbire il male altrui e subirlo sulla propria pelle. Ma in tempi difficili Doni come questi generano diffidenza e paura, e da lì a vederli come untori della malattia il passo non è poi così distante. Avry di Kazan è una di quelle persone toccate da questo tipo di magia e costretta a vivere come una fuggiasca, per paura di essere catturata e poi uccisa. Ma vivere scappando continuamente, senza legami, non può definirsi vita e stare continuamente sul chi vive, cercando case con vie di fuga, dormendo con i vestiti sempre addosso logora dall’interno. Basta un piccolo errore, un momento in cui la guardia è abbassata e tutto può andare a rotoli. Sarà in una notte placida che Avry cambierà il corso della sua vita, una notte in cui le sue difese erano rimaste assopite alcune ore di troppo. Una notte che poteva essere la fine e che invece si rivelerà l’inizio di tutto…
Touch of Power ha già ricevuto numerose recensioni positive da diversi blog letterari americani sia per la storia che per lo stile, ormai più sicuro e maturo rispetto ai tempo di Poison Study (da noi “Dark Moon. Farfalla di Pietra”). Per quanto riguarda l’Italia ancora non si sa niente su una sua eventuale traduzione, ma le precedenti edizioni della Bluenocturne della Study Series e della Glassa Series, fanno ben sperare.
Nota positiva di questo libro sembra essere inoltre il carattere autoconclusivo, nonostante faccia parte di un progetto più ampio (potrebbe essere una trilogia o una quadrilogia, non ci sono ancora notizie certe). Ma torniamo all’argomento regalo, che vi avevo annunciato in apertura di post. Proprio perché so che molte di voi seguono con passione i libri di questa autrice, ho chiesto di tradurre alla brava Giulia Marengo, la trama e l’estratto del primo capitolo di Touch of Power che l’autrice mi ha inviato con la sua newsletter. Enjoy!!!
P.S. Le copertine che vedete inserite in questo post sono, in ordine di apparizione, quelle delle edizioni originali USA, Inglese e Neozelandese. Quale preferite? Io sicuramente quella americana, perché è più... magica!
TRAMA: "Imponendo le mani sui feriti e i morenti, Avry di Kazan assorbe le loro ferite e malattie dentro di sé. Ma invece di essere riverita per i suoi poteri, le danno la caccia. I Guaritori come Avry sono accusati di aver diffuso la pestilenza che ha decimato i Territori, precipitando i sopravvissuti in un mondo dominato dalla follia. Stanca di nascondersi, Avry viene catturata da un gruppo di banditi che, sorprendentemente, tengono il suo dono in maggiore considerazione rispetto alla ricca taglia in pezzi d’oro che pende sulla sua testa. Il loro comandante, un uomo enigmatico che cela misteriosi poteri, ha per lei una richiesta ineludibile: Avry dovrà guarire il principe, colpito dalla pestilenza – e capo della lotta armata contro la sua stessa gente. Durante la traversata delle Nove Montagne, braccata da mercenari e pericoli intrisi di portenti, Avry deve decidere chi merita di essere guarito, e per cosa vale la pena morire. Perché il prezzo per la pace potrebbe essere la sua stessa vita…"
CADEAUX
(La traduzione è stata fatta in esclusiva per il Blog Diario di Pensieri Persi da Giulia Marengo)MARIA V. SNYDER TOUCH OF POWER
La bimba non ne voleva sapere di smettere di piangere. In fin dei conti stava morendo. I suoi polmoni erano così pieni di liquido che sarebbe affogata in poche ore. Rigirandomi inquieta sul materasso, ascoltai i lamenti che tagliavano attraverso le assi del pavimento e attraverso il mio cuore, segandolo in due.
Un pezzo del mio cuore mi pregava di salvarla. Intimandomi di guarire la bimba con il sorriso luminoso e i riccioli fulvi. L’altro pezzo batteva di cautela. La sua famiglia mi avrebbe ringraziata consegnandomi alla guardia cittadina. Sarei stata impiccata come criminale di guerra. Niente processo.
Gli orrori degli anni bui della pestilenza erano ancora freschi nella mente dei sopravvissuti. Consideravano quel periodo una guerra. Una guerra iniziata dai guaritori. Guaritori che avevano diffuso un morbo letale, e si erano rifiutati di guarirlo.
Naturalmente erano tutte stupidaggini. Non potevamo guarire la pestilenza. E non l’abbiamo iniziata. Ma nel mezzo del caos, nessuno voleva ascoltare la voce della ragione. Qualcuno doveva essere incolpato. No?
Le grida della bambina trafissero i resti spezzati del mio cuore. Non ce la facevo più. Tre anni in fuga. Tre anni a nascondermi. Tre terribili anni pieni di paura e solitudine. Per cosa? La mia vita? Sì, vivo e respiro e mi limito a esistere. Null’altro.
Gettando via le coperte, mi affrettai dabbasso. Non occorreva che mi cambiassi, perché non avrei mai dormito con un pigiama addosso, o senza i miei stivali. Quando sei un fuggiasco, la possibilità di essere sorpreso nel cuore della notte è elevata. Non c’è tempo da perdere durante una fuga, e così a letto indossavo i miei pantaloni neri da viaggio e una maglia dello stesso colore. I colori scuri sono l'ideale per confondersi con le ombre.
Un altro trucco utile per quando sei in fuga è trovare una stanza al secondo piano, con un ingresso e una porta sul retro, e niente scheletri. Erano difficili da trovare, poiché la maggior parte delle cittadine avevano dato alle fiamme le case delle vittime della pestilenza, nel vano tentativo di annientare la malattia. E molte vittime erano morte sole. Il mio nascondiglio attuale era sopra la famiglia con la bambina morente.
Bussai alla porta dei vicini al piano di sotto abbastanza forte, affinché potessero udire il suono al di sopra dei singhiozzi della bambina. Quando la porta si aprì, la madre, Mavis, mi fissò in silenzio. Teneva la bambina stretta fra le braccia forti, e la certezza che la sua bimba stesse morendo riluceva nei suoi occhi scuri. La pelle era pallida sul suo volto tirato. Barcollò di stanchezza.
Sotto la patina di lacrime eil rossore della febbre, la pelle della bambina aveva il colore della morte. In pochi istanti, non avrebbe più avuto aria a sufficienza per gridare.
Tesi le braccia. “Mavis, vai a dormire. Baderò io a... Fawn”. Infine, avevo ricordato il suo nome. Un'altra regola dell'essere in fuga era evitare di diventare amico di qualcuno. Niente persone care. Ma avevo bisogno di denaro, e avevo dovuto stringere qualche conoscenza allo scopo di tenermi informata. Avevo badato ai bambini di Mavis di tanto in tanto, il che aveva aiutato per entrambe le esigenze.
Terrorizzata, Mavis strinse Fawn a sé. “Anche il resto della tua famiglia ha bisogno di te. Dovresti riposare prima di crollare – o ammalarti”. Esitò. “Ti sveglierò se qualcosa cambierà. Promesso.”
La resistenza di Mavis s'infranse, e mi passò Fawn. Molto lontana dalla lucidità, la bimba non s'accorse del cambiamento nelle braccia che la stringevano, ma la mia magia si destò al contatto, premendo per essere liberata dal nocciolo dentro di me. La pelle di Fawn bruciava, e i vestiti erano intrisi di sudore. La cullai, mentre mi accomodavo nella sedia a dondolo in legno, nel soggiorno. La lanterna ardeva piano, spandendo una debole luce ambrata sul mobilio scarno.
Dalla mia posizione accanto alla finestra godevo di una vista perfetta della strada. Una mezza luna illuminava le rovine bruciate degli edifici affastellati lungo una strada sporca. Acqua piovana aveva riempito le crepe e i solchi. La pestilenza aveva ucciso quasi sei milioni di persone – due terzi della popolazione -, e così non era rimasto nessuno a occuparsi di incombenze come sistemare le strade e rimuovere i detriti. Il fatto che questa città... Jaxton? O era Wola? Si confondevano tutte. Comunque, avesse un governo locale, una guardia cittadina, un modesto commercio, niente cumuli di scheletri, e pochi – al massimo poche centinaia – abitanti, era più di quanto molte altre città potessero vantare.
Dondolai Fawn, mormorando un motivo che mia madre mi cantava anni fa. Refoli della mia magia strisciarono nel corpo di Fawn. Il suo pianto smarrì la nota isterica.
Mavis ci guardò per alcuni minuti. Sospettava? Si sarebbe ripresa la bambina? Invece, accolse il mio consiglio e andò a letto. Mentre aspettavo che Mavis sprofondasse in un sonno profondo, cullai e canticchiai. Una volta che fui certa che fosse trascorso un tempo sufficiente, fermai il dondolio della sedia. Concentrandomi sulla bambina fra le mie braccia, concessi appieno al mio potere di scivolare in Fawn, finché non ne fu ricolma.
Infine lo richiamai a me, ripulendo la malattia nel corpo di Fawn. I miei polmoni si riempirono di liquido mentre i suoi si svuotavano. Sentii salire la febbre mentre la sua calava.
Singultò un paio di volte, poi respirò a fondo. Il suo corpo si rilassò, e piombò in un sonno esausto.
La malattia si accoccolò nel mio petto, portandomi ad affanare rumorosamente. Non riuscivo a riempirmi i polmoni con aria sufficiente. La mia pelle s'increspò di pelle d'oca mentre un alito di paura mi sfiorava il cuore. Non avevo mai guarito nessuno così malato, finora. Sarei stata abbastanza forte? Avevo aspettato troppo per aiutare Fawn? La mia stessa codardia mi avrebbe ucciso. Appropriato.
Lo sforzo nel respirare consumava tutta la mia energia. Macchie bianche e nere danzavano davanti ai miei occhi mentre lottavo per rimanere cosciente. Sebbene il mio corpo guarisse dieci volte più velocemente di quello di chiunque altro, ero perfettamente consapevole che poteva non essere abbastanza.
Per fortuna, non era la mia ora. La sensazione di costrizione al petto scemò un poco. Mi concentrai sul semplice atto di respirare.
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Mavis mi svegliò la mattina seguente. Mi ero assopita con Fawn ancora fra le braccia. “Come sei riuscita a farla dormire? Non ha smesso di piangere per giorni”, disse Mavis.
Ancora intontita, mi arrovellai per una spiegazione credibile. “La mia melodia stonata deve averla annoiata”. La voce raschiava per il muco, e un accesso di tosse mi travolse. “Ah-ha”. Mi osservò con una piega cogitabonda delle labbra. “La febbre è caduta nella notte”, tentai, mentre tossivo.
Poco convinta, Mavis sollevò Fawn con attenzione, e la sistemò nella sua culla. “Dovresti riposare anche tu. Sembri...”
Mi scrollai di dosso la sua preoccupazione. “Niente che un paio d'ore di sonno non possa curare”. Ma le gambe mi tradirono mentre barcollavo per mettermi in piedi. Muovendomi con attenzione, mi diressi alla porta.
Quando mi allungai verso la maniglia, Mavis chiamò “Avry”. Mi fermai di botto e le lanciai un'occhiata al di sopra della spalla, attendendo l'inevitabile accusa. “Grazie”.
Annuendo, mi affrettai fuori dalla stanza. La risalita verso il mio appartamento prosciugò tutta la mia forza. Tossii sangue mentre il sudore mi colava giù per il corpo. Dovevo recuperare la mia borsa e lasciare la città. Adesso. Ma quando mi chinai per recuperare la sacca da sotto il letto, un'ondata di vertigini mi travolse. Invece di fuggire, collassai sul pavimento.
Una parte della mia mente sapeva che avevo solo bisogno di qualche ora di sonno per riprendermi, mentre un'altra parte pianificava la più veloce via di fuga dalla città. Una terza parte ancora, si preoccupava. A ragion veduta.
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Un pugno martellò la porta così forte che percepii le vibrazioni contro la guancia. Svegliandomi di soprassalto, mi tirai in piedi. Una voce maschile mi ordinò di arrendermi. L'oscurità riempiva la stanza, e premeva contro il vetro della finestra. Avevo dormito tutto il giorno.
Sfortunatamente, questa non era una situazione nuova, per me. Arraffai la mia borsa per la fuga e uscii dal retro. Fermandomi sul pianerottolo, sorvegliai l'area. La luce della luna illuminava i gradini. Nessuno li ostruiva. Affrettandomi giù, misi la borsa a tracolla e corsi attraverso l'umida stradina buia che puzzava di urina di gatto.
Una figura stava ritta all'estremità sud della strada, così girai su me stessa. Tuttavia, anche l'uscita a nord era bloccata. L'unica via di fuga era costituita dallo stretto pertugio tra gli edifici, dove senz'altro altri uomini della guardia cittadina sarebbero stati all'erta.
Il fracasso di una porta che sbatte rimbalzò sui mattoni. Sul mio pianerottolo, un uomo gridò “L'avete presa?”
I due nella via si avvicinavano. Decisi che avrei tentato il tutto e per tutto. Mi lanciai nella stretta apertura, e finii dritta fra le braccia del guardiano che mi attendeva.
Voci gridarono, “Non toccarle la pelle!” “Prendetele la borsa”. “Legatela, presto!”
Il malessere pervasivo mi aveva indebolita troppo per lottare. In pochi secondi, le mani mi furono ammanettate dietro la schiena. I tre anni di fuga erano finiti. Era difficile dire se la paura, o il sollievo, fossero la sensazione preponderante. A quel punto, si eguagliavano.
Il capitano della guardia strattonò la spalla destra della maglia, esponendo alla folla il mio tatuaggio da guaritrice. Pareva che l'intera città di fosse raccolta per assistere al mio arresto. Come mi aspettavo, la scoperta di ospitare un mostro fra loro suscitò un singulto. E pensare che una volta andavo fiera del simbolo della mia professione – un semplice cerchio di mani. Dalla distanza di alcuni passi, rassomigliava una margherita con petali a forma di palmi.
Scrutai i volti mentre le guardie di congratulavano a vicenda per l'arresto. Mavis e suo marito si trovavano fra gli astanti frastornati. Lui mi guardò storto e si avvicinò, trascinandosi dietro Mavis. Lei non incrociò mai il mio sguardo. La piccola Fawn si stringeva alla gamba della madre.
“Non ha importanza se hai salvato la vita di mia figlia”, disse il marito. “La tua congrega è responsabile per milioni di morti. E abbiamo un gran bisogno della ricompensa in oro che la tua morte porterà alla città”.
Vero. Tohon di Sogra aveva piazzato una taglia di venti pezzi d'oro per ogni guaritore acciuffato e giustiziato. Sospettavo che la pestilenza avesse ucciso un paio dei suoi cari. Altrimenti, che cosa poteva importare a un potente mago della vita? La malattia certamente se ne fregava, sterminando persone senza motivo alcuno.
Subito prima che mi scortassero in prigione, Fawn mi salutò con la manina. Le sorrisi. La mia vuota, inutile vita, in cambio della sua. Niente male.
Alla base della guardia cittadina sopportai a stento domande senza fine. Volevano che consegnassi loro i miei compagni guaritori. Quasi gli risi in faccia. In tre anni, non ho mai incontrato un altro guaritore. In realtà, sospettavo che fossero stati più svegli di me e avessero trovato un rifugio tranquillo dove nascondersi, mentre attendevano che la follia che imperversava si acquietasse.
Mi rifiutai di rispondere alle loro ridicole domande, lasciando che le loro voci scivolassero oltre e concentrandomi sul faccino sano di Fawn. Alla fine, le mie manette furono rimosse, mi vennero prese le misure per la bara, e venni rinchiusa in una cella sotterranea, con la promessa che domani sarebbe stato il mio ultimo giorno. Avevo un appuntamento con la ghigliottina. Fantastico.
Almeno le guardie avevano lasciato una lanterna, appesa alla parete in pietra dal lato opposto della mia cella – un cubo spoglio con sbarre di ferro su tre lati e un muro. Arredata con un vaso da notte e un letto in metallo, almeno era spaziosa. E niente vicini nelle celle accanto. Le molle del materasso gemettero sotto il mio peso. I miei polmoni sibilarono a causa del testardo malanno di Fawn.
Non ero terrorizzata come avevo immaginato. In realtà, ero impaziente di assaporare la mia prima intera notte di sonno in tre anni. Ah, le piccole soddisfazioni della vita.
Sfortunatamente, non ottenni neppure il mio ultimo desiderio.