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Il premio Nobel per la pace Barack Obama conferma quanto sia stato improvvida la decisione degli accademici scandinavi di attribuirgli il riconoscimento e manda le portaerei davanti le coste africane, in attesa di decidere il da farsi.
Si prepara dunque una nuova guerra umanitaria? Possibile, se l'opinione pubblica viene preparata al peggio, attraverso le informazioni sapientemente manipolate dai media e dall'attività di personaggi come l'Obama di noantri, ovvero il solito Uolter che stavolta s'è inventato l'appello a favore di non ben specificati "patrioti libici".
La situazione che si è venuta a creare assomiglia molto a quella precedente al conflitto scoppiato nel 1999 in Kosovo, quando sull'onda di presunti massacri di albanesi perpetrati dalle forze di polizia serbe la Nato sottopose la Serbia a pesanti bombardamenti aerei, provocando si la reazione dell'esercito serbo che costrinse migliaia di civili albanesi a fuggire dalle loro case.
Anche oggi si cerca di far passare l'immagine di una rivolta popolare libica contro la tirannia del colonnello Gheddafi, quando tutto indica che ci troviamo di fronte ad uno scontro tribale, tutto incentrato sul controllo della produzione del petrolio libico e sulle ricchezze da esso prodotto.
Pure chiaro è che ancora una volta i progettisti della rivolta hanno fatto male i loro calcoli, perché appare ormai chiaro, a giorni dall'inizio della sollevazione, che i ribelli non hanno la forza per abbattere da soli il regime di Gheddafi. Da qui la tentazione di dargli un "aiutino".
Inutile aggiungere che il gioco delle relazioni internazionali costringono, anche se di mala voglia, il governo italiano a seguire le posizione dei naturali alleati europei e americani, tutti convinti sostenitori di un cambio di governo nel paese nord africano.
Di mala voglia perché, dopo decenni di contrasti col colonnello, l'Italia era finalmente riuscita a trovare un accordo col paese dirimpettaio sia riguardo alla chiusura delle frontiere per i clandestini, sia riguardo ad accordi economici, specialmente riguardo all'estrazione del petrolio libico che per il 28% è gestito dalla nostra Eni.
Una percentuale enorme che deve necessariamente fare gola alle grandi compagnie petrolifere fin qui escluse dall'affare libico, come per esempio la British Petroleum e, guarda caso, proprio i servizi inglesi sembrano essere molto attivi sullo scenario libico.
Ultimi ad entrare in gioco, gli esponenti degli enti inutili, la UE e L'ONU, che minacciano interventi armati, pur non avendo in realtà nessuna forza militare propria a disposizione, mentre da noi sono giornali come il Fatto Quotidiano, probabilmente semplicemente per intralciare l'operato del governo Berlusconi, considerato amico del regime di Tripoli, nonostante i rapporti amichevoli con Gheddafi siano iniziati con il governo di Romano Prodi, e La Repubblica, che invece potrebbe avere una linea editoriale influenzata dagli interessi del proprietario del giornale, quell'ingegner Carlo De Benedetti, già tessera numero uno del Partito Democratico, che negli ultimi giorni è tornato alla ribalta, nominando il prossimo presidente del consiglio e il prossimo presidente della repubblica nelle persone dei professori Mario Monti e, manco a dirlo, Romano Prodi, naturalmente entrambi esponenti di quel mondo particolarmente amico della grande finanza anglo americana.
Sarà una nuova e bella occasione per tornare ad intonare "Rule Britannia", anche se questa volta si dovrà fare a meno dello yacht reale.
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