Sull’omosessualità di John Henry Newman e sulla sua pluridecennale convivenza more uxorio con Ambrose StJohn non ci sono dubbi, anche se c’è un tizio che ha più volte provato a farci credere che a quei tempi – parliamo dell’Inghilterra vittoriana – fosse da intendere come normale segno di “amicizia” tra maschietti, se preti, abbracciarsi, stare guancia a guancia, dirsi: “Luce mia!”, fino a dettare imperative will di essere sepolti insieme (tutto in The Letters and Diaries of John Henry Newman). Vai a cercare quanti preti siano stati sepolti insieme, a quei tempi, e ti restano due sole ipotesi: (a) l’amicizia tra preti era rarissima; (b) Newman e StJohn erano una coppia gay (anche abbastanza sfacciata tenuto conto dei tempi). Propenderei per (b), così mi spiegherei pure il perché, prossima a far santo uno dei due, la Chiesa di Roma lo abbia dissepolto, separandolo dall’altro, contro le sue ultime volontà.
Non ha importanza se facessero sesso o se si dessero solo bacetti: si può essere buoni cristiani anche se omosessuali, dice il Catechismo, basta astenersi da ogni pratica sessuale. E tuttavia, anche casto, un prete gay – ce l’hanno rammentato di recente – non è prete.
Il tentativo del tizio di cui sopra ha una sua logica. Non basta cancellare la miglior prova del loro matrimonio di fatto – a volte le tombe dei cardinali si possono violare coi martelli pneumatici, dipende da chi lo fa – perché poi bisogna rifinire: cancellata la prova della pratica omosessuale, bisogna far sparire la stessa omosessualità. Quale miglior nascondiglio dell’“amicizia”? Le soluzioni tradizionali sono sempre le migliori ed è da millenni che, quando vuol negarsi, l’omosessualità si dichiara amicizia.Ecco dunque che “bisogna leggere i fatti nel contesto di un’epoca in cui l’amicizia tra gli uomini del clero era molto più importante di oggi”, sennò come si potrebbe far santo un prete gay? (In questo caso, poi, il prete sarebbe addirittura un cardinale, e manco un cardinale qualsiasi, ma un vero e proprio fiore all’occhiello della Chiesa di Roma.) Pur casto – ce l’hanno rammentato di recente – un prete gay usurpa i privilegi del sacerdozio (sì, si è parlato proprio di “privilegi”), e si può mai far santo un usurpatore, per giunta di un sacro ufficio? Newman e StJohn erano amici, niente di più. (Alla faccia di Oscar Wilde, contemporaneo del signor cardinale, che per lo stesso genere di “amicizia” finì ai lavori forzati, e così ci è chiaro che certi “privilegi” tornano comodo, ma bisogna goderne con discrezione.)Si potrebbe anche chiudere un occhio di fronte al solito combinato disposto di malafede, ipocrisia e mistificazione, ma stanno per buttarci addosso tutto ciò che Newman ha scritto: roba da convertito, dove lo zelo arde al meglio, dunque pappa prelibata per la propaganda clericale. Bisognerà, però, mettere in secondo piano il fatto che Newman non fosse a favore della proclamazione del dogma dell’infallibilità papale e che anteponesse il dettato della coscienza a quello dell’autorità pontificia, almeno in via di principio. (Sant’uomo, il Newman, ma aveva un sacco di difettucci.) Negare la sua omosessualità è operazione più semplice: la lasciano sbrigare alla bassa manovalanza, al tizio di cui sopra, che saluto, perché so che è mio lettore.
COMMENTI (1)
Inviato il 02 agosto a 14:45
La tesi di Malvino non spiega come mai il desiderio di Newman di essere sepolto con StJohn non creò nessuno scandalo a suo tempo. Stiamo parlando dell'Inghilterra vittoriana nella quale, per vizietti simili Wilde si beccò i lavori forzati. Insomma, anche il solo sospetto avrebbe scatenato le migliori penne del tempo, che potevano approfittare della diffusa ostilità verso il cattolicesimo. Eppure nulla. Anzi, al funerale e alla sepoltura parteciparono vescovi e cardinali.