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Piacere a chi?

Creato il 30 giugno 2010 da Lanterna
Due blogger che stimo molto si pongono, in modo diverso, il problema dell'omologazione e dell'approvazione altrui.
È un problema che ho smesso di pormi dai tempi più o meno dell'adolescenza. Con una recrudescenza (ma solo in campo professional-promozionale) nei tempi in cui cercavo lavoro: ai colloqui è indispensabile porselo, senza arrivare però all'estremo di costruirsi un'immagine finta sulla base di ciò che si pensa possa piacere ai potenziali datori di lavoro.
Leggendo i commenti di molte persone, mi rendo conto di essere libera da una schiavitù: molti ci tengono ad essere approvati dai genitori, altri dalla comunità di cui fanno parte (scuola, paese, lavoro...). Altri ancora non ci tengono tanto per sé, quanto per evitare ai propri familiari (genitori, figli, coniuge) imbarazzi o critiche.
Ecco, se dovessi indicare il principale vantaggio del non avere avuto radici, direi proprio che non ti senti parte di una comunità e quindi non ti interessa essere approvata da persone estranee. In più, se tua madre si accontenta che tu prenda buoni voti e per il resto si limita a osservare solo i tuoi difetti, puoi reagire in due modi: o cercando disperatamente di assomigliare al modello di figlia perfetta che lei potrebbe avere in mente (ma non ci riuscirai mai, perché tua madre è di quelle che pur di trovarti una macchia ti rovesciano addosso il caffè) oppure fregandotene e cercando di agire al meglio per i tuoi canoni (che comunque ci sono e sono anche abbastanza ambiziosi).
Dal punto di vista fisico, invece, ho il vantaggio di non assomigliare neanche per sbaglio al canone in voga oggi: sono piccola e tendenzialmente rotondetta, soprattutto nelle parti basse. Il che significa che, anche quando sono stata al mio meglio, non ero di certo di quelle che facevano voltare gli uomini (a meno che non uscissi con un vestito trasparente e le mutande a pallini sotto). Il consenso dell'altro sesso mi è arrivato tardi, ed è sempre stato comunque un consenso di nicchia. Nell'adolescenza un po' ne patisci, ma poi ti rendi conto che ciò che ti interessa con chi ti interessa lo puoi fare ugualmente e anzi, ti liberi da un sacco di paturnie che invece magari appestano chi è abituato al consenso.
Esempio: in pieno periodo single folleggiante, vado a fare capodanno a Parigi con una mia amica. Siamo al Buddha Bar, quando vedo due americani che sembrano usciti da una rivista. Dico alla mia amica: scegliti quello che ti piace di più. Lei sceglie quello con gli occhi azzurri, più bello anche se meno fine. Andiamo a conoscerli, ci offrono da bere, trascorriamo una piacevole serata chiacchierando. Salta fuori che sono due fratelli e che sono in vacanza in Europa con i loro genitori (una specie di reunion, dal momento che un fratello vive nella Silicon Valley, l'altro a Chicago e i genitori non so dove), il "mio" lavora nel settore New Economy e adora l'Italia (in particolare il Golfo dei Poeti e le Cinque Terre: ehi, era l'uomo della mia vita!) e l'altro fa il cameraman per un sacco di produzioni TV tra cui ER. Non ce li siamo poi portati a letto per vari motivi, OK, ma non era questo lo scopo del gioco. Se mi fossi fatta fermare dalla bellezza dei due rapportata alla nostra (anche la mia amica è piccolina e rotonda come me), avrei passato tutta la serata ad annoiarmi con un pessimo mojito francese in mano.
Oggi non sono contenta del mio aspetto fisico, ma non tanto in relazione a un modello ideale altrui, quanto perché mi sento impedita e goffa, appesantita. Non mi piace guardarmi allo specchio nuda, il che non è un buon segno se quello è l'unico corpo che hai. E poi non entro in un sacco di vestiti che mi piacciono o altri che prima mi stavano bene adesso mi fanno sembrare incinta.
La questione dell'aspetto fisico mi fa però venire in mente che molte delle paturnie di mia madre, come figlia e come madre, si concentrano su quello. Mia madre è molto bassa, anche se ben proporzionata, tipo Kylie Minogue ma non così figa. Recentemente ho scoperto che se la menava perché temeva che io mi vergognassi di lei in quanto bassa, quando in realtà mi capitava di vergognarmi solo quando lei infrangeva le regole non scritte del mio mondo di preadolescente e adolescente: della sua altezza e del suo aspetto fisico mi importava assai. La menata dell'aspetto fisico le derivava dal fatto che ai suoi tempi la mamma veniva spesso descritta come bella (vedi alla voce "mamma angelicata"), e invece la sua mamma, avendola avuta "tardi" (a 34 anni) e avendo avuto varie sfighe mediche (tipo che portava il busto e le terapie fatte per la schiena le hanno fatto cadere tutti i denti), aveva un'aspetto da vecchia. In più metteteci che mia nonna era tendenzialmente robusta e tendenzialmente refrattaria a trucco e parrucco.
Nemmeno a me farebbe piacere che mia figlia si vergognasse del mio aspetto. O del fatto che sono "strana" rispetto alle altre mamme.
Al momento, però, mi sembra che la mia eventuale diversità non la metta in difficoltà e anzi la incuriosisca e la diverta: le piace che io mi metta le mie gonnellone e le mie cianfrusaglie da zingara, canta Bregovic subito dopo "La bella lavanderina" (stamattina ci siamo svegliate entrambe con "In the Death Car" in testa, per dire, anche se l'abbiamo sentito due giorni fa), le piace che la portiamo agli aperitivi e agli spettacoli (anche in solitaria). Forse tra qualche anno si porrà più problemi tipo perché non abbiamo il satellite o il digitale terrestre o perché non le compro abiti firmati e/o a marchio Winx/Principesse/HelloKitty.
In questo forse sono aiutata anche dall'ambiente in cui Amelia attualmente va a scuola: anche se le maestre mi danno l'impressione di essere persone di mentalità arretrata e scarsa cultura, l'ambiente di Torre d'Isola mi pare di ottima apertura mentale. Non è per fare il solito discorso, ma alla fine Torre d'Isola più che un paese è un sobborgo di Pavia abitato da gente di buon livello sociale e culturale, spesso "sradicata" nel senso che sono persone che vengono da svariati posti, hanno studiato a Pavia e si sono costruiti una vita qui indipendentemente dalle loro origini. Molti (o almeno, molti di quelli che conosco) fanno parte di quella élite, consapevole o no, che cerca proprio di sfuggire dalle logiche più bieche degli stereotipi di genere, dell'omologazione culturale, ecc. Molte mamme, per dire, sono state mie allieve al corso di danza del ventre. Una di queste, essendo una fricchettona scozzese trapiantata in Pianura Padana (con tanto di marito tatuato che gira in bici a torso nudo tutta l'estate), si è inventata un bellissimo corso di inglese per piccoli e ha fatto innamorare Amelia delle lingue straniere.
Insomma, va da sé che, se avessi la possibilità di far continuare ai miei figli le scuole a Torre d'Isola, sceglierei questa strada non tanto per la qualità della didattica quanto per la qualità dell'ambiente culturale in cui si troverebbero. A Bereguardo, invece, probabilmente troverò le situazioni da paesello di cui spesso parla Emily e lì la mia serenità nell'essere diversa (oltretutto, in alcune cose, mica son bastian contrario per forza) verrà probabilmente messa alla prova.
Che cosa farò? Non lo so nemmeno io, ma so che ho l'opportunità di dare ai miei figli un insegnamento: devi scegliere a chi piacere.
Piacere a tutti non è possibile. O forse lo è, ma con un impiego eccessivo di energie. Dal momento che le energie sono limitate, devi scegliere a chi piacere.
Posto che i tuoi genitori ti ameranno sempre anche se non gli piaci e quindi sono fuori gioco, devi capire anche perché vuoi piacere a certe persone: le consideri persone in gamba e vuoi che ti stimino? Oppure lo fai solo per non rimanere tra gli "sfigati" e non essere preso in giro? Oppure perché Tizia ha la piscina e vuoi che ti inviti la prossima estate? Vuoi piacere agli insegnanti? E perché? Perché siano più larghi nei voti?
Certo, un bambino si pone queste domande solo per sé. Non come una mamma, che ha paura che il fatto di non piacere lei a un'insegnante abbia ricadute negative sui suoi figli. Eppure, posto che sicuramente non cercherò di accentuare ciò che può essere un problema per i miei figli, non vedo altro modo di essere se non me stessa, pena il passare un pessimo messaggio.
Certo, non tappezzerò la scuola di manifesti "Contro il tumore io sto a gambe larghe", ma, con toni più pacati, cercherò di portare avanti le idee di cui mi pare possa valere la pena.
Faccio un altro esempio: un anno fa, la mia maestra di danza mi parlava di un progetto che girava nelle scuole (di Milano), che aveva per tema gli abusi sui bambini e che voleva cercare di comunicare ai bambini che cosa si intende per abuso e che cosa è giusto o no aspettarsi da un adulto. La mia maestra ne era entusiasta, finché non è saltato fuori che più della metà delle mamme della classe di sua figlia non riteneva "conveniente" partecipare a un progetto del genere. E stiamo parlando di una scuola di Milano, non dell'arretrata comunità Xxx.
Ecco, io un progetto del genere non mi farei proprio nessuno scrupolo di proporlo, anche se so che probabilmente molte mamme reagirebbero come quelle di Milano e mi guarderebbero come strana.
Ma meglio strana che stronza, direi.

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