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Piccoli Berlusconi crescono

Creato il 31 ottobre 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlog
Piccoli Berlusconi cresconoMa Matteo Renzi ci è o ci fa? In molti se lo stanno domandando in queste ore di convulsioni pre-elettorali, specialmente nello schieramento di opposizione dove pare essersi riaperta la gara a chi sa meglio tendere la mano al malridotto premier. In passato ci avevano già provato, con indubbio successo, l'infido D'Alema e il gonzo Veltroni: ogni volta che quel vecchio bugiardo brianzolo sta lì lì per crollare, eccoti spuntare il tafazzi di turno. Perfino il duro e puro Di Pietro ci ha messo molto del suo, tra sguaiate cacce alle streghe e sconsiderate candidature. Ma il novello Savonarola è tutta un'altra storia, lui è autenticamente e naturalmente predisposto. Anzi, sembra proprio aver compreso meglio di chiunque altro il segreto per abbattere il sempiterno tiranno, del quale si è spinto ad ammirare pubblicamente le doti taumaturgiche (ascolta l'intervento di Renzi alla Zanzara di Radio24): riproporne pari pari tic ed esuberanze, magari andando ogni tanto a prender lezione alla Sorbona di Arcore e con la differenza - questa sì tutta a suo favore - di non aver bisogno di cerone e ritocchini per apparire "ggiovane".
Un sondaggio appena commissionato dalla Nazione di Firenze, che quest'opera d'arte se la ritrova in casa, dice che il Sindaco che un tempo "girava la ruota" di Mike Bongiorno otterrebbe addirittura il gradimento di oltre il 50% dell'elettorato. Qualora, ovviamente, decidesse di fare il grande passo sfidando e sconfiggendo i tanti dinosauri nell'agone delle primarie di coalizione. Così, tanto per rendere meno traumatico al Paese il vicino e ineluttabile dopo Berlusconi.
Eppure, scavando scavando, sotto la frivola propaganda novista si trovano riserve di dissenso per niente isolate e immotivate. Proprio in occasione dell'ultima adunata di indignados incravattati alla Leopolda - che dovrebbe far deflagrare il mondo politico ma intanto s'è limitato a riattizzare la libido dei vari Belpietro, Sallusti e Ferrara - è emerso che l'effettivo share di cui gode il buon Renzuccio, quello che va in giro per trasmissioni a litigare con Sacconi e Brunetta per poi nel piccolo emularne le imprese, non è poi così soddisfacente. E allora capita che il "Big Bang" si trasformi in "Big Bluff", grazie a gente che di motivi per incazzarsi ne ha di più seri dell'anagrafe interna al Pd.

Per carità, non che non sia necessario un bel ripulisti nel panorama politico nazionale, con l'archiviazione definitiva di una classe dirigente che si è rivelata francamente inadeguata ai tempi e persa in mille questioni assai distanti dai veri problemi dei cittadini. Ma lo spazzino del Palazzo non può essere arruolato fra le truppe in servizio attivo nel Palazzo stesso, formate alla scuola di quei gerontocrati che dicono di voler buttar giù e imbevute del populismo tipico della fallimentare seconda repubblica berlusconian-leghista. Insomma, una piccola copia di Berlusconi non potrà mai sopraffare l'anziano mentore. Semmai, rischia di indurre i tanti indecisi e scontenti a convincersi che, in fondo, è meglio tenersi l'originale.
Eh già, perchè non si può chiedere all'elettore - anche se col sorriso più tranquillizzante da piacione sul volto - di girar pagina se gli si propongono le identiche ricette liberiste che hanno ridotto il Paese, l'Europa e l'Occidente intero come purtroppo sappiamo, con l'imporverimento dei ceti medi, una drammatica immobilità sociale e milioni di giovani (con una sola "g") precari o disoccupati e senza futuro.
E siamo forse al nodo reale, al dibattito che sta caratterizzando da mesi la vicenda civile del Paese e che il sistema si ostina a non voler comprendere. Il vero cambiamento, come ha dimostrato ad esempio il vento referendario della scorsa primavera, non può che realizzarsi attraverso la radicale bocciatura dell'assetto partitocratico italiano, nel suo complesso e senza inutili distinzioni legate alla carta d'identità. Non si tratta di un sentimento ispirato all'antipolitica, ma piuttosto dell'avanzata inarrestabile nelle coscienze della "Politica 2.0". Fondata sulla riscoperta dei principi di dignità e di responsabilità pubblica, sulla partecipazione e sulla condivisione degli obiettivi comuni da parte dei cittadini che vogliono riprendersi il diritto di decidere del proprio futuro.
I partiti non vanno quindi "riformati", ma devono semplicemente essere "rifondati" da zero e affidati a quanti si stanno impegnando, nel cosiddetto movimentismo, nell'audace e nobile tentativo di arrestare il declino in atto. Devono, insomma, tornare a essere uno strumento al servizio della collettività - moderno e liquido, aperto e leggero - e non un carrozzone dedito esclusivamente alla gestione del potere. A tal fine, probabilmente, Renzi e Bersani sono ugualmente inadatti.
Rifondare i partiti, peraltro, significa avere l'ambizione di rifondare in prospettiva il tessuto sociale del Paese. Vuol dire far entrare nei fatti la nostra società nel terzo millennio, slegandola finalmente dalle catene di anacronistici retaggi culturali - soprattutto in materia economica - e proiettandola in un'era dove l'unico capitale che abbia senso e valore sia quello umano. Al concetto di "parte", per intenderci, occorre far subentrare quello di "Rete" dove gli attori hanno tutti pari rilevanza sia in termini di diritti e opportunità, sia in termini di doveri e responsabilità. 
Ecco perchè non basta - e non conviene - affidarsi a un altro affabulatore. Tuttavia, pure stavolta sarà dura farla franca, perchè la stessa comunità italiana pare ormai affetta, stordita da anni e anni di volgare videocrazia, da quello strano morbo chiamato "cojonite acuta": basta che uno la spari appena più grossa dell'altro, e tutti pronti a corrergli dietro entusiasti! Nella società dell'apparenza funziona così, e non è un caso che alla Leopolda di Firenze sedessero fra il pubblico illustri personaggi della vasta galassia Fininvest come Giorgio Gori (ex direttore di Canale 5) o Martina Mondadori (consigliera d'amministrazione dell'omonima casa editrice) o Davide Bogi (già responsabile del Digitale Terrestre Mediaset).
Ieri sera ho visto alla Tv satellitare il fortunato e realistico film di Antonio Albanese "Laqualunquemente", e mi sono venute in mente proprio alcune scene (guarda la fotogallery di Ansa) della convention dei "rottamatori" di questi giorni. Attenzione, però, non per un improprio accostamento fra Renzi e il personaggio di Cetto bensì per come nell'immaginario di tutti gli indignati italiani, anche dei contestatori del sindaco fiorentino assiepati davanti ai cancelli della stazione Leopolda, venga ormai non del tutto a torto identificato chiunque si azzardi ad autoproclamarsi "nuovo che avanza". Una formula sempre affascinante ma che, come gli ultimi vent'anni insegnano, può racchiudere numerose incognite. Una suggestione, inoltre, che ricorre periodicamente consegnandoci l'illusione di un nuovo ipotetico uomo della provvidenza, si chiami esso Vendola o Montezemolo.
Meglio, molto meglio, che la gente comune continuare a organizzarsi spontaneamente e a lottare affinchè la realtà torni presto ad essere meno grottesca e paradossale della finzione. Per favorire un confronto dove trovino tutti certamente spazio (a partire dai cittadini che sono i veri fruitori della democrazia e devono essere messi in condizione di compiere le proprie scelte in modo consapevole), ma alla fine riesca ad affermarsi chi veramente merita, sulla scorta esclusiva delle proprie proposte e capacità invece che per furbizia ed opportunismo o, peggio, per mero spirito di emulazione dei tanti cattivi maestri a piede libero.

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