Vi chiedo scusa, questo post non
parlerà di libri e librerie, parlerà del libraio e dell'uomo che
sono e di quello che vorrei essere. Sono le 3.29 del mattino, ho
trascorso una bella serata in compagnia di un amico che amo e stimo
moltissimo, siamo andati insieme in uno dei luoghi che ha dato i
natali alla nostra “rinascita”, lo stesso posto in cui ho
conosciuto il mio compagno (conservo ancora i vestiti che indossavo
quella sera). Ho trascorso una bella serata, dicevo, in compagnia di
una persona che, come me, ha avuto tardi il coraggio di essere se
stesso. Ci siamo rifatti, abbiamo vissuto quell'adolescenza che ci
era stata negata a 26 anni. Sono stati anni intensi, io, Lore e Pier
a girare per locali, in macchina a macinare chilometri, sempre noi
tre pronti a supportarci, a farci coraggio, con i progetti che
partivano già dal lunedì mattina quando arrivavamo al lavoro
assonnati per le ore piccole che avevamo fatto la sera precedente.
Una bella serata, dicevo, anche se nel frattempo tutto è cambiato:
abbiamo perso persone, ne abbiamo conosciute altre, ci siamo illusi,
innamorati, abbiamo passato momenti tristi ed altri allegri. Come
tutti del resto. Quando mi sono messo in macchina per tornare a casa
dal mio compagno e dalla mia gatta che dorme sul divano, ho
cominciato a pensare a quel che era la mia vita e a quel che è
diventata. Volevo smettere di fare il cuoco e ho smesso. Volevo
diventare libraio e lo sono diventato. Volevo scrivere e ho
pubblicato due libri. Però, alla fine, il risultato non è mai stato
quello sperato. E lungi da me il voler lamentarmi soprattutto in un
momento così difficile per tutti. Sono momenti e io i momenti li
voglio cogliere, scrivo come se scattassi delle fotografie, per
immortalare uno stato d'animo. È quello che sto facendo ora e vi
chiedo ancora scusa se vi sto annoiando.
Ho cominciato una dieta. Niente di
particolare, sono alto 175 cm e peso 66 kg, non si può certo dire
sia grasso. Avrei potuto fare attività fisica ma ho sentito il
bisogno di mettermi a dieta. Per non pensare ad altro, forse. Per
darmi delle regole. Per dimostrare a me stesso che posso farcela.
Tutto questo insieme. O forse solo per la sensazione che perdere peso
ti dà, quella di svanire. Ci penso, lo ammetto, a diventare
invisibile. È uno strano desiderio quello di esistere senza che
nessuno ti noti. È, a dire il vero,anche un disperato bisogno di
essere visto, altrimenti non ne parlerei in un blog, starei zitto,
chiuderei tutti i miei profili, smetterei di scrivere e sparirei.
Scrivere mi fa sentire bene. Attraverso
la scrittura io riesco a ragionare. Riesco a dare un senso alle cose
e alla vita. Il vero problema è che ho investito la mia felicità su
questo sogno. I sogni sono bellissimi quando rimangono tali. Spesso,
però, quando si realizzano mostrano il lato “veritiero” della
storia e allora perdono il proprio potere. Chi vuole sapere com'è la
vita di Biancaneve dopo che ha sposato il principe? Nessuno la vuole
vedere litigare per i calzini sporchi o per le stoviglie da lavare o
per i tradimenti di lui. Io mi sono attaccato a questo sogno con
tutto me stesso, per mille e più motivi, principalmente per non
morire. Ho avuto bisogno di questo sogno per tirarmi fuori dalla
palude in cui ero, per sconfiggere i miei demoni e le mie paure. Ogni
libro che ho letto mi è servito a capire qualcosa, mi ha aiutato a
diventare un uomo. Eppure ora sono qui a darmi dello stupido per aver
investito così tanto sul mio sogno. Perché, dopotutto, è solo un
fottutissimo sogno e se penso ai momenti in cui sono stato davvero
felice vedo la nascita di mia nipote Cecilia e le serate trascorse a
parlare di tutto e di niente con Debora e Elena o le scorribande
notturne con Lorenzo e Pier o la prima volta che ho visto Ségolène
dormire sul divano, o i momenti trascorsi in famiglia. O quel bacio
che mi ha strappato l'anima e non me l'ha più restituita. E ci sono
tante cose che vorrei fare. Vorrei sposarmi, per esempio. Vorrei
farmi accompagnare davanti al sindaco da mio padre e vorrei avere
attorno le persone che amo in quel momento. Vorrei passare un periodo
lunghissimo a Parigi. E vorrei finire di ristrutturare casa. Sono
cose che, probabilmente, prima di morire riuscirò a fare. Ma quel
sogno, quel piccolo sogno bastardo che mi avvelena la vita è sempre
lì. E non è mai abbastanza perché una volta raggiunto l'obiettivo
ecco che il bisogno di fare meglio si fa spazio in me. Ogni volta che
raggiungo un piccolo obiettivo sto già pensando al successivo. E
così non mi godo l'attimo, non trovo quella felicità che cerco. E
poi mi guardo ancora dentro e vedo quanto sono imperfetto, arrogante,
fragile, pieno di paure e mi dico che diventare adulti è anche
trovare il coraggio di capire che forse il tuo sogno rimarrà tale.
Che forse il tuo momento non arriverà mai. Non permetterò a me
stesso di diventare una persona cinica e arida, invidiosa e triste.
Ero felice quando ho pubblicato il primo libro, ero felice quando ho
pubblicato il mio secondo libro. Ma lo ero perché sapevo di poter
condividere quella felicità con tutte le persone che amo.
E non permetterò al mio sogno di
togliermi questo, di farmi perdere i momenti di gioia con gli altri.
Ci riscriviamo e rileggiamo lunedì, il
tempo di smaltire tutta questa allegria.
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