“L’uomo è il ‘figlio di Dio’ creato a Sua immagine e somiglianza; e tuttavia l’uomo è ‘peccatore’, è preda del ‘Demonio’. Come possono esistere il Demonio ed il Peccato, se Dio è solo il creatore di tutti gli esseri? L’umanità non è riuscita a spiegare come esista il Male, se un Dio perfetto ha creato e governa il mondo e l’uomo”.
Sono domande che si pone Wilhelm Reich nel saggio “L’assassinio di Cristo”. Sono domande che naturalmente non hanno ancora trovato risposta e forse mai la troveranno almeno in questa dimensione. Nonostante ciò, è sempre lecito, anzi doveroso porsele.
Chi anche solo per qualche istante nella sua vita abbia avuto contatti con gli altri, ne trae il convincimento che qualcosa non quadra nella natura umana. Intendiamo chiamare questo quid istinto di conservazione egoismo o grettezza o corruzione o addirittura malvagità? Intendiamo identificare questo quid con qualcosa di fisiologico, con la natura umana stessa? In quest’ultimo caso, dobbiamo ipotizzare che la Natura, perfetta in tutto, abbia fallito proprio nel generare la sua creatura più nobile.
Se, invece, ci collochiamo nel cerchio delle interpretazioni metafisiche e religiose, non riusciamo a reperire la causa profonda della degenerazione umana. Le religioni si sono inventate i miti della ribellione e della caduta; le filosofie per lo più hanno attribuito il pervertimento umano ora al distacco dalla Natura ora all’influsso della società. Come è possibile che l’uomo si sia allontanato dalla Natura, se egli stesso è essere naturale? Come è possibile che sia stata la società a traviare il singolo dal momento che la società è la somma dei singoli?
Non è un caso se il Cristianesimo ha bollato gli uomini inclini al male con il termine di “captivi”, ossia “prigionieri del Maligno”: in tal modo della perfidia è incolpato qualcun altro, uno molto cattivo, il Diavolo. Sì, ma come può esistere il Diavolo, se esiste l’Essere Perfettissimo? Le spiegazioni delle fedi rinviano ad altre spiegazioni che si arenano sulla sponda dell’assurdo.
E’ evidente che qualsiasi “risposta” si infila in un cul de sac. Così, se non vogliamo appellarci a cause misteriose, perderci in elucubrazioni sottili, eppure poco persuasive, siamo costretti a constatare la miseria umana, a vederla come un albero dai rami secchi e contorti ma senza radici. Chi potrà, infatti, negare che solo nel Sapiens il male, che comunque già non è motivato nell’armonia cosmica, tocca vertici di gratuità e di orrore inimmaginabili? Si pensi alla ferocia del tutto immotivata che taluni esprimono contro gli animali e contro i bambini.
La Rete è una sonda formidabile: ha permesso a molti di noi di scoprire campioni di assoluta, irredimibile scelleratezza. Alimentata dalla possibilità dell’anonimato, essa sembra aver oltrepassato l’apice del Male medesimo. Invidia, astio, attitudine alla calunnia, abitudine alla menzogna, cupidigia… sono solo alcune spine di una corona blasfema. Oggi più che mai è facile corrompere uomini già corrotti: per il vile denaro non si vendono l’anima che non hanno, ma tutto il resto.
Chi guardi anche solo per un attimo negli occhi uno di questi figuri, vi scorge un tale abisso di vuoto e di perversità da far vacillare la più solida fede in un mondo perfetto.
Il male umano è più assenza che essenza: è assenza di empatia, incapacità di immedesimarsi negli altri. E’ inoltre attrazione, incomprensibile ma fortissima, verso il brutto, l’orrido, il morboso. Ecco che si conclama in masochismo, in tutte le sue forme, dalle più lievi, la passione per la letteratura horror alle più gravi, l' adesione convinta ad un sistema carnefice.
Sembra che il male sia diluito nell’individuo e nel consorzio umano: come tra due vasi comunicanti scorre in entrambi sino talora a riempirli. Una pellicola tedesca intitolata “L’onda” (Die Welle) è molto istruttiva: vi si narra di un esperimento compiuto da un insegnante di liceo. Egli, nell’ambito di un corso monografico sul tema dell’autocrazia, prova ad irregimentare la classe, ad inculcarle un po’ alla volta il senso della disciplina e dell’appartenenza di modo che il singolo si identifichi in toto nel gruppo, nella squadra. L’esperimento riesce e la classe presto degenera in una banda fanatica e violenta. Comprendiamo che il male si attacca all’uomo attraverso la gerarchia e l’obbedienza, nel momento in cui una fede cieca spinge a negare sé stessi per incorporare la propria debole personalità nel corpo sociale e nel capo. E’ questo il meccanismo che agisce negli stati totalitari. Lo stesso meccanismo, sebbene in forme più blande, si manifesta pure nelle tifoserie, nei partiti, nei movimenti etc.
Tuttavia sottotraccia il messaggio della produzione è un altro: se il culto dell’ordine produce un sistema tirannico, l’assenza di regole ed il permissivismo originano una società di debosciati e di immorali. Tali sono, infatti, molti studenti, prima di frequentare le lezioni monotematiche. E’ così: pare non esistere una forma di governo che riesca a contemperare le regole con la libertà. Quasi sempre si edificano stati dittatoriali (tra cui le cosiddette democrazie) che tollerano, anzi favoriscono i comportamenti più laidi e turpi, mentre qualsiasi dissenso è schiacciato con le forze di polizia, con il fisco e con la “giustizia”. [1]
Qualche critico ha notato che lo stesso celebre romanzo di Robert Louis Stevenson, “Lo strano caso del Dottor Jekyll e di Mr Hyde”, non è tanto una metafora sul lato luminoso della natura umana (Jekyll) cui si contrappone il lato oscuro (Mr Hyde), ma una denuncia della mentalità vittoriana, incarnata dal “civile” Jekyll. E’l’aberrante ed ipocrita forma mentis borghese a partorire la follia di Mr Hyde.
E’ dunque “colpa” dell’uomo e della società, della società e dell’uomo… in un ping pong infinito.
[1] Alcune tribù di nativi americani costituivano delle eccezioni, ma, anche se si esclude una certa idealizzazione, erano appunto casi straordinari.
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