Magazine Diario personale

Piume d'Angelo - Prologo

Da Sofiastella84 @Sw3etValent1na
Piume d'Angelo - Prologo
Quando Alex rientrò, il computer, rilevando la sua presenza, accese le luci e bloccò la serratura.
«Bentornata, Alex. Hai tredici nuove email.»
Alex mise zaino e borsone da palestra nel guardaroba, si tolse scarpe e cappotto, infilò le pantofole, ripose le scarpe nella scarpiera e appese il cappotto a una gruccia nel guardaroba.
Passò dalla cucina a prendere uno yogurt ai cereali caramellati e un cucchiaio e si spostò in camera. Appoggiò yogurt e cucchiaio sulla scrivania e sfiorò il cubo di metallo con il logo Monolith.
Il cubo prese vita con un ronzio, si accese una spia blu e comparvero schermo e tastiera olografici.
Alex si sfilò gli abiti che indossava e li gettò nella cesta della biancheria sporca in corridoio.
Indossò una tuta e si mise alla scrivania. Com'era solita fare, controllò subito la posta elettronica.
C'erano un paio di messaggi di Amy, una mail della mamma, dello SPAM e una mail di Bradley.
«Incontriamoci. Solito posto. Solita ora.»
Alex sfiorò di nuovo il cubo e schermo e tastiera scomparvero. Andò all'armadio. Scelse una felpa con il cappuccio e dei jeans, se li infilò, appoggiò la tuta sullo schienale della sedia e si legò i capelli.
Passò dalla cucina per rimettere lo yogurt in frigo e si spostò nell'atrio, dove indossò un giaccone di piumino con il cappuccio foderato di pelliccia e un paio di Adidas bianche. Prese dallo zaino il foglio liquido dell'hPad, il miniPhone Lily Cat's Paw, il portafogli e l'eKey dell'appartamento, li spostò in una borsa a tracolla e uscì di casa.
Selenia City era la colonia lunare degli Stati Uniti, la più vasta per estensione e popolazione.
Si estendeva in parte nel sottosuolo, per una profondità di sette livelli e in parte sulla superficie.
Nelle cupole esterne si trovavano l'osservatorio astronomico e le infrastrutture dello spazioporto.
La città vera e propria si trovava tra il primo e il quarto livello. I livelli successivi accoglievano il complesso di infrastrutture che la rendevano autosufficiente nella produzione di aria, acqua e cibo.
La colonia disponeva di un avanzato sistema di controllo climatico, che rendeva possibile la simulazione del ciclo giorno-notte, l'alternanza delle stagioni e l'occorrenza di precipitazioni atmosferiche.
La città era stata costruita seguendo un progetto urbanistico a cerchi concentrici, con il quartiere commerciale centrale nell'anello più interno, un'area amministrativa, un anello verde e infine, nel cerchio più esterno, i quartieri residenziali.
Le strade erano state progettate per tagliare le varie corone circolari in settori circolari e per ricongiungersi ai due assi ortogonali al centro della città, creando un disegno a raggiera.
Mezzi pubblici e privati erano elettrici e si muovevano su nastri maglev. Il sistema era stato ideato per eliminare il problema delle emissioni di gas nocivi.
Con Bradley erano soliti incontrarsi in un McDonald's di Selenia Central Plaza. Il ragazzo l'aspettava all'abituale tavolo d'angolo, bevendo caffè e leggendo le news sull'hPad.
"Posso?"
Bradley sollevò lo sguardo su di lei e le rivolse un'occhiata per accertarsi della sua identità.
"Fa' pure, certo."
Alex posò il vassoio, si sfilò la giacca, l'appese allo schienale della sedia e si accomodò.
"Allora, cos'hai per me?"
Le passò una flashcard. Alex trasse l'hPad dalla borsa e scaricò i dati.
Bradley la vide impallidire, mentre leggeva. Sollevò su di lui uno sguardo interrogativo.
"Sul serio?"
Lanciò un'occhiata al panino e alle patatine e decise che non ne aveva più voglia. Scostò il vassoio.
"Mi è passato l'appetito."
"Troverai l'equipaggiamento necessario nel solito posto."
Bradley finì di bere il caffè e si alzò. Alex lo osservò mentre attraversava il locale e continuò a seguirlo con lo sguardo finché non salì su un autobus e sparì alla vista.
Vuotò i resti della cena in un cestino e lasciò il locale a sua volta.
Camminò per un po' per le strade del centro. A un tratto si fermò e s'infilò in un vicoletto buio.
Frugò nella borsa, prese il miniPhone, infilò gli auricolari e chiamò casa. Rispose sua madre.
«Alex?»
"Sarò lì per le nove."
Ripose il miniPhone e corse a prendere l'autobus per lo spazioporto.
Le colonie lunari erano collegate alla Terra da shuttle che facevano la spola tra il pianeta e il suo satellite e tra il satellite e il porto spaziale, una mastodontica struttura ad anello in orbita geostazionaria, alla quale si saldava il laccio dell'ascensore orbitale, che toccava terra sull'isola di Sumatra e aveva il doppio scopo di consentire lo scambio di risorse e personale tra la superficie e il porto spaziale e di trasmettere a terra l'energia raccolta dai collettori della centrale solare orbitale.
La centrale solare orbitale consisteva in una cintura di satelliti collettori in orbita geostazionaria, con tre "punti di raccolta" nel porto spaziale e nelle due stazioni minori α e β, anch'esse collegate alla superficie dal laccio di un ascensore orbitale, che toccava terra rispettivamente in Congo e in Brasile. Con questo sistema era stato risolto il problema dell'approvvigionamento energetico ed eliminato quello delle scorie inquinanti.
Per i trasferimenti tra la Luna e la Terra e all'interno dell'atmosfera, venivano usati gli shuttle, che sfruttavano il gravitomagnetismo. Non avendo bisogno di sussidi per lasciare l'orbita, non richiedevano grandi spazi per manovrare e potevano fare tappa anche nei piccoli scali intermedi.
«Avvisiamo i signori passeggeri che stiamo per atterrare allo spazioporto di Heathrow.»
Il capitano diede inizio alla manovra d'atterraggio e comparve Heathrow, con il suo complicato intrico di piste, hangar, magazzini, terminal, strade, viadotti, rotaie.
Alex passò i vari controlli e scese nella stazione della metro, dove prese la Piccadilly line fino ad Acton Town, dove cambiò con la District per Kew: le antiche rotaie erano state sostituite con nastri maglev, ma la London Tube aveva conservato l'antica fisionomia, il cui impianto originario risaliva al XIX secolo.
Alex non si recava spesso dalla famiglia. Scese dalla metro alla fermata dei Kew Gardens e raggiunse l'abitazione dei genitori a piedi, situata in un'anonima row di tipiche villette all'inglese.
Suonò il campanello e sua madre venne ad aprire.
"Ciao, mamma."
Si scambiarono un abbraccio, poi Alex le consegnò la borsa e il giaccone.
Il gatto di Amy, incuriosito, si affacciò sulle scale e scomparve un momento dopo.
"Mamma, chi era alla porta?"
La sua padroncina apparve sul pianerottolo.
"Oh, Alex!"
Si precipitò nell'atrio facendo i gradini a due a due e le gettò le braccia al collo.
"Che sorpresa!"
Trascinò la sorella in camera sua, una stanza molto carina, con il pavimento di parquet biondo, le pareti lilla, gli infissi bianchi e i mobili rosa pastello, con i peluche sparsi ovunque.
Amy le fece cenno di sedere sul letto, mentre si sistemava alla scrivania.
"Allora?"
Alex sospirò. Ai genitori aveva raccontato di essersi trasferita a Selenia City per studiare al college.
Amy non le aveva creduto e aveva smontato la sua storia di copertura con un intuito da detective.
"Mi hanno affibbiato una missione pericolosa e avevo voglia di vedervi."
"Da come ne parli sembra il genere di missione da cui non si torna."
"Non scherzare su questo argomento. Non è un gioco!"
"Ma... Stai parlando sul serio?"
"Sto scherzando secondo te?"
Amy sedette accanto a lei e la strinse in un abbraccio.
"Ma dove ti mandano e cosa ti ci mandano a fare?"
Alex si sciolse dall'abbraccio.
"Sai che non posso dirtelo."
"Non puoi nemmeno dirmi dove vai?"
"Su Genesis."
"Dove ci sono i disordini di cui parlano alla tv?"
"Amy... Devi farmi una promessa."
"Di che tipo?"
"Puoi promettermi che, qualunque cosa accada, non indagherai?"
"È così importante?"
Alex non replicò.
"Ho capito. Va bene."
"Me lo prometti?"
"Te lo prometto."
Dalle scale, venne la voce della madre che le chiamava a cena.
Alex si fermò per la notte. Trovò la stanza pulita e con il letto cambiato di fresco.
Prese dal cassetto degli slip e un pigiama, si fece una doccia e si mise a letto.
Trovò BlackCat, il suo vecchio peluche, seduto accanto al cuscino e lo tirò sotto le coperte.
Altre cose, le aveva messe via e ora giacevano negli scatoloni in soffitta, ma aveva lasciato fuori BlackCat e il violino con il leggio e gli spartiti: le piaceva suonarlo quando era a casa.
Amy aveva un vero talento per il pianoforte. Da ragazzine si divertivano a suonare insieme.
Alex era troppo agitata per dormire e trascorse la notte rigirandosi tra le coperte.
Lo zaino con l'equipaggiamento per la missione giaceva accanto alla pila di scatoloni con la sua roba. Il letto era nudo, l'armadio vuoto, la scrivania spoglia.
Alex era in bagno, i capelli bagnati raccolti in una treccia, che afferrò e tenne ben tesa.
Con un paio di forbici da cucina, la tagliò alla radice e i capelli le ricaddero sulle spalle in un caschetto irregolare, che tinse di un color rame. Sistemati i capelli, mise delle lenti colorate.
Riordinato e pulito il bagno, tornò in camera e indossò la mimetica che prese dallo zaino con l'equipaggiamento. Controllò il resto. Un hPad e un miniPhone nuovi di zecca, un cambio di vestiti, tra cui una tuta di jersey con la scritta STARFLEET sulla felpa, un portafogli con un po' di moneta, una carta di credito e i documenti che la identificavano come il tenente Amanda O'Reilly delle Forze Speciali della Flotta Stellare della Federazione Galattica.
Il suo vecchio hPad Monolith e il miniPhone Lily Cat's Paw che aveva usato fino a quel momento sarebbero stati ritirati, insieme alla sua roba, dalla "squadra delle pulizie" e sepolti nel magazzino degli agenti zero, il termine utilizzato in gergo per chi partiva per una missione ad alto rischio.
Zaino in spalla, lasciò l'appartamento e scese in strada, dove prese l'autobus per lo spazioporto.
Raggiunto il porto spaziale, si imbarcò sulla nave da trasporto truppe USS Arkansas.

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