16 marzo-9 maggio 1978: dalla strage di via Fani all’esecuzione di Aldo Moro. 55 giorni di ricerche frenetiche e incertezza sul trattare o meno con le Brigate Rosse. 55 giorni in cui i Servizi Segreti ne hanno combinate di cotte e di crude. I documenti sono ora accessibili.
Prima pista e prima cantonata: una nota del 17 marzo presenta l’informazione che Moro è stato trasferito nella zona di Milano. Sempre lo stesso giorno emerge un’altra assurdità: al rapimento hanno partecipato due terroristi giapponesi, Kasa Adachi e Harno Wako dell’Armata Rossa Giapponese.
Nei giorni successivi altri granchi: i Servizi segreti si mettono sulle tracce del terrorista tedesco Wilhelm Piroch, dato in Italia insieme a Gabriella Hartwig, poi Silvano Maistrello, latitante, che decide di collaborare attraverso la moglie ma viene ucciso durante una rapina in banca.
Le piste estere vanno per la maggiore: un esponente dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) a Roma viene incaricato di chiedere informazioni circa il coinvolgimento del Fplp (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina). Ma il 18 aprile arriva la secca smentita di Arafat.
Intanto si decide sulle misure di sicurezza straordinarie da adottare: l’unità di crisi presieduta di Cossiga ipotizza l’introduzione del fermo di polizia e si valuta l’opportunità di intercettazioni foniche e telefoniche anche negli ambienti carcerari. Il direttore del Sisde propone l’interrogatorio senza avvocato difensore degli indiziati di reati gravi, mentre il comandante generale dei Carabinieri suggerisce rastrellamenti metodici grazie all’Esercito. Viene anche presa in considerazione la possibilità di controllare la divulgazione delle notizie e delle lettere di Moro, per non preoccupare l’opinione pubblica in fermento.
Le piste estere svaniscono e saranno gli stessi servizi segreti ad ammettere il 18 agosto del ’78, ben dopo la tragedia:
È scontata la simbiosi ideologica tra BR, RAF, FPLP palestinese, anarchici svizzeri e tupamaros sudamericani. Tutti si considerano anelli della stessa catena antimperialista e rivoluzionaria. Ma la solidarietà proletaria dei vari gruppi è varia. Mentre palestinesi, tedeschi, l’Jra nipponica e i feddajn hanno come campo d’azione il mondo, quello delle Brigate Rosse si limita alla sola Italia.
Ma le piste italiane seguite sono altrettanto balzane. Si pensa a Toni Negri, il cattivo maestro, e ai suoi alunni. Il generale Santovito viene invitato dal sottosegretario alla Difesa Francesco Mazzola di controllare gli elenchi degli studenti che hanno frequentato le lezioni di Negri alla facoltà di scienze politiche di Padova e di verificare se manchi qualche foto in segretaria e quindi se qualcuno di questi si sia messo in clandestinità. Ma i riscontri sono negativi.
Tra i sospettati spuntano comicamente anche Franca Rame e Dario Fo: secondo l’Intelligence i due attori organizzano spettacoli per finanziare le BR e gestiscono un giro di emittenti radio e tv della sinistra rivoluzionaria che godono di ingenti finanziamenti da fonte ignota. Nulla di vero.
Al di là dei 10 brigatisti condannati per il caso Moro, i dubbi sul fatto che fossero eterodiretti sono ancora in piedi: dalla P2, dagli stessi Servizi, dall’Autonomia, dall’URSS o dagli USA. Per ora il mistero non ha soluzione.