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Politica e religione

Da Straker
Politica e religione
La quintessenza della “politica” è squisitamente religiosa. I fantocci (sedicenti politici e sindacalisti) promettono una società migliore, giusta, in cui tutti avranno eguali diritti ed opportunità. Essi assicurano i cittadini, ripetendo che la ripresa (o ripresina) è dietro l’angolo. L’anno venturo sarà l’anno della risalita: cominciano già a vedersi le avvisaglie di un cambiamento, grazie a taluni indici statistici incoraggianti. Ad esempio, la disoccupazione sta diminuendo, anche se in percentuale è salita (sic), la produzione segna un incremento dello O,... Da quanti anni, anzi decenni, i presidenti del consiglio, i ministri ed il codazzo degli economisti a cottimo giurano e spergiurano che presto la situazione economica migliorerà? Quanti si sono accorti che l’anno della “rinascita” è sempre rinviato di un anno?
La proiezione nel futuro, il vagheggiamento di un’età rinnovellata accomunano la “politica” a molte fedi: il presente è sempre incompiuto, delusorio, persino detestabile; il Paradiso appartiene ad un tempo che non sopraggiunge mai.
Parole-chiave sono Avvento, Ritorno, Parousia, Mahdi, Buddha del futuro… Gli uomini sono così tirati e stirati verso un avvenire che sembra non venire mai, blanditi con parole rassicuranti. Dinanzi ai loro occhi imbambolati balena lo spettacolo di un mondo edenico. Bisogna solo aspettare o di morire o di attraversare un periodo di tribolazioni o di compiere il proprio ciclo di metempsicosi (attesa questa lunghissima, ma tant’è, il karma è karma...) o, più prosaicamente, di votare alle prossime elezioni.
L’omelia del sacerdote ed il discorso del “politico” sono sovrapponibili: ambedue oscillano tra lenocini ed intimidazioni, ambedue, nel labirinto dei luoghi comuni, evitano con cura di sfiorare la verità.
Così non solo si aliena il genere umano da sé, lo si defrauda della possibilità di vivere e costruire l’adesso in modo significativo e profondo (e riconosciamo che il presente, oltre ad essere effimero, è spesso misero, se non tormentoso), ma lo si inganna pure con lusinghe, dipingendo l’inferno del domani come “il migliore dei mondi possibili”.
Sarà la tecnologia a risolvere tutti i problemi, la stessa tecnologia che, a tradimento, invece, ci sta uccidendo e strappando la coscienza.
Karl Marx prospetta un consorzio sociale di tipo comunitario in cui alla fine trionferanno l’equità, il sostegno reciproco e la gratificazione personale. Tuttavia bisogna prima passare attraverso la fase dolorosa ma necessaria del Socialismo e della dittatura del proletariato. Purtroppo ci siamo impantanati nello stadio eterno della dittatura. La transizione verso la palingenesi è tutto, fuorché transitoria.
Se esiste un’età dell’oro, essa non risiede nel futuro, ma nel passato, anzi in una realtà emancipata dal tempo e dalle sue tragiche lacerazioni.

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