Raffaello, “La scuola di Atene”
La corsa di Rosanna Scopelliti alla Camera col Pdl è uno di quei dati che tiene banco sulla scena delle politiche di fine febbraio a poche ore dall’ufficializzazione delle liste del Cav. Spicca la candidatura della figlia del giudice di Cassazione ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1991, mentre a Roma il partito fa i conti con l’opportunità di lanciare nella mischia l’ex sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino, che a Napoli i giudici vogliono arrestare perché ritenuto referente della camorra e che per due volte la Camera ne ha respinto la richiesta di custodia cautelare in carcere. Spicca in Calabria la discesa (o salita, fate voi) in campo della Scopelliti, dopo che il più grande contenitore di temi legati alla legalità e alla lotta al crimine, per tradizione e per consenso, cioè il Pd, ha lasciato a casa sindaci e militanti e intellettuali antimafia. Ma è la democrazia rappresentativa e il resto non vale. Ciò che importa è il voto utile, quello che possa garantire la maggioranza nei due rami del Parlamento, al netto del Porcellum. Tuttavia, una cosa chiara va detta. Perché, l’assenza di un candidato della Locride coi democrat è il paradigma di una politica refrattaria al rischio dell’alienazione, che poco cura il contatto coi territori e che, invece, investe sulle teste di serie, sui paracadute che assicurano il pieno di preferenze. La Locride che è terra di mafia, è pure comprensorio bello e impossibile, dove calzano a pennello i discorsi sul riscatto che parte dal basso, dove attecchiscono le paternali sui beni comuni, Sanità e Scuola eccetera. La lingua rivierasca addossata alle dorsali preaspromontane in provincia di Reggio Calabria sembrava rientrare appieno dentro le categorie del Pd che più volte l’ha citata, cercata e anche trovata quando i media di tutta Italia hanno raccontato il viaggio di Bersani giunto fino a Monasterace per benedire il ritiro delle dimissioni della sindaca Lanzetta, più volte intimidita. Invece, nulla. Hanno vinto le primarie, che sono sì sinonimo di partecipazione ma anche di debolezza del partito, e che comunque la base apparecchia un po’ come vuole e candidando alla fine in Calabria Rosy Bindi capolista alla Camera e infilando al Senato gli “stranieri” Micaela Fanelli (sindaco di Riccia, in Molise) e Angelo Argento (leader democrat in Sicilia).