Fosse biologiche per i bagni, scavate a pochi metri dalle mura innalzate oltre duemila anni fa. Colate di cemento tra le colonne delle antiche dimore.
Prefabbricati incastrati nei locali che furono la palestra dei gladiatori. Colonnati corinzi e archi in reticolato romano che diventano appendiabiti per giacche e giubbotti, magari con qualche chiodo inserito all’occorrenza dagli operai, il terreno invaso da trapani elettrici, martelli pneumatici e levigatrici.
Nessuno controlla, nessuno sa, nessuno vede.
Eppure è lo scempio di Pompei, degli Scavi archeologici. Unici al mondo.
Uomini e macchinari hanno selvaggiamente sostituito molto di quello che c’era, con un anfiteatro quasi completamente nuovo, in tufo e di moderna fattura.Questo è quanto si consuma ai danni del patrimonio archeologico di Pompei e soprattutto, nella comunità europea che spesso ama Pompei più di noi italiani.
Viene da chiedersi, se il maestro Riccardo Muti, che è artista sensibile e icona della cultura e dell’arte italiana nel mondo, sia stato informato che non inaugurerà il “restaurato Teatro Grande”, ma un “Nuovo Teatro” edificato negli scavi di Pompei?
E’ un rifacimento ex novo: guardare le foto e ricevere un pugno nello stomaco della propria sensibilità, è un tutt’uno. L’invadenza di questi lavori eseguiti in modo barbaro, lascia senza fiato, increduli, e in preda ad un grande senso di amarezza, per gli evidenti stravolgimenti dello stato originario dei monumenti e dei luoghi archeologici, con gravi danni al loro stato di conservazione.Questo è l’ultimo segnale tangibile che la valorizzazione culturale nel nostro paese ha raggiunto il suo “apice” e che lo Stato non vuole chiaramente più investire sul nostro «patrimonio artistico», ma vuole soltanto trarne profitto.
«Le istituzioni preposte alla tutela dei beni culturali sono costantemente umiliate da interessi politici ed economici del tutto privi di attenzione per la salvaguardia di quella che è la maggiore ricchezza del nostro Paese» ha denunciato qualche tempo fa Italia Nostra. Ed è proprio difficile dargli torto, quando proprio a Pompei l’indifferenza della politica si tocca con mano.
Comunque la logica vorrebbe che se il fine, è fare soldi, spremendoli ai turisti e ai cultori d’arte, forse tale patrimonio andrebbe salvaguardato con cautela, da persone competenti, professionalmente preparate, perché, al contrario della metodologia adottata fino ad ora, gli interventi compiuti sono in evidente contrasto con i principi internazionali sulla conservazione del patrimonio storico artistico e con le norme che regolano e tutelano il patrimonio archeologico italiano e mondiale.
Valutando la situazione si ha il sospetto che nella stanza dei bottoni, nessuno si renda conto del rischio di condurre alla rovina una fonte di reddito ambita, in una regione che, tra l’altro, ha disperato bisogno di lavoro e sviluppo, oltre ( ma non credo che ciò interessi molto) al rischio di cancellare monumenti che costituiscono la nostra identità.Forse, se proprio il maestro Muti prendesse una posizione decisa, eclatante, un forte segnale di sintonia tra la conservazione del patrimonio archeologico e il patrimonio musicale italiano, magari evitando di inaugurare proprio lo scempio agli scavi di Pompei, potrebbe dare uno scossone all’evidente insensibilità artistica dimostrata e che ha già prodotto danni peggiori della lava vulcanica del 79 d.c.
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