Piove e Pompei continua a crollare.
Nell’area archeologica è la volta di due muretti, due pareti non affrescate ma, pur sempre due pareti di Pompei, l’antica città vesuviana che aveva conservato il suo splendore e lo avevo mostrato a noi dopo secoli.
Piove e Pompei sta letteralmente crollando a pezzi.
Dopo il muro di contenimento nella Casa del Moralista e quello che provocò la distruzione della Schola Armaturarum, quest’ultimo cedimento riaccende le polemiche sulla gestione dell’area degli scavi. Come di norma a seguito del fattaccio nel nostro paese, si inizia a praticare il vero sport nazionale: il gioco dello scaricabarile. Tante polemiche, tanti colpevoli che si passano la palla ma, nessun responsabile.
Stiamo perdendo una grandissima scenografia a cielo aperto, a causa d’infiltrazioni di acqua, che minacciano anche la memoria storica e che di fatto fanno franare un passato glorioso.
Stiamo perdendo Pompei la città unica al mondo, la città sommersa dalle fiamme e dalla cenere che una tragedia del passato ha conservato per noi e che ha permesso a molti studiosi di scoprire le fondamenta della storia del nostro Paese.I visitatori camminando per le strade della città sepolta, della città dove il tempo si è fermato avranno ancora la possibilità di percepire la vita, le usanze, i costumi, di una popolazione che incantava con il suo fascino?
Una città in cui ogni singolo pezzo di mosaico o di pietra mostra e conserva le memorie di un popolo, potrà essere ancora un luogo visitato da molti?
Gli ultimi crolli di Pompei ci hanno costretto a riflettere sullo stato di degrado del patrimonio artistico e monumentale italiano nel suo complesso che da tempo sotto i colpi dell’incuria, dei brutali tagli di bilancio, delle continue riduzioni del personale e del menefreghismo sta andando alla deriva, mancano i soldi, mancano gli uomini. E ormai mancano anche la passione e l’entusiasmo.
La manutenzione del sito, sicuramente, richiede un impegno costante che non può essere trascurato o rimandato. I siti archeologici, i musei, i monumenti, gli archivi, le biblioteche non sono solo un patrimonio culturale; sono segni che restano per le generazioni future, sono un monito per non dimenticare il corso della storia e per continuare ad amarla.
Per salvare Pompei forse servirebbero milioni di euro da investire in restauri e interventi strutturali. Ma per farlo ci vorrebbe un vera politica culturale. Una politica che smetta di considerare la tutela come una spesa improduttiva, quasi un inutile peso che l’Italia è costretta a portare a causa del suo storico passato.Forse è chiedere troppo.
L’Italia è il paese turisticamente più visitato al mondo, grazie ai suoi paesaggi naturali e archeologici: se la politica avesse più lungimiranza, investirebbe per prima cosa su i nostri beni culturali e ambientali. I beni culturali sono già lì, non bisogna costruire niente, non inquinano, sono belli perché armonicamente inseriti nel paesaggio. Occorre solo conservarli, studiarli con le moderne metodologie di ricerca e quindi valorizzarli, favorendo un clima di interesse culturale che ne faciliti la fruizione.
Sicuramente è chiedere troppo.
Quest’ultimo crollo è una nuova sciagura che ha investito uno dei simboli non solo dell’archeologia nazionale ma di quella mondiale, ed è una ferita grande e profonda in un Paese che ha deciso consapevolmente di mutilare il suo passato.
A questo punto e con tanta tristezza sarebbe meglio che Pompei ritornasse nel suo passato, che venisse di nuovo sommersa dalle ceneri, nel tentativo estremo di preservarla da ulteriori danni causati da questo insensibile, contemporaneo disinteresse, verso il patrimonio artistico italiano.