In collegamento con l’assemblea dell’associazione fondazioni e casse di risparmio italiane, uno sconsolato premier cade in preda dello sconforto e si lascia andare a qualche esternazione che tradisce l’apparente tranquillità di un esecutivo prossimo al tramonto. Se la prende col Corsera e con Confindustria, definiti “poteri forti”. E ignora colpevolmente quel popolo sovrano che non lo ha mai investito della potestà di governo… Sembra di assistere ad uno di quei film tristi, quelli in cui il protagonista è un malato terminale che inizia a prendere coscienza e consapevolezza di una fine ogni giorno più vicina. Il vecchio bocconiano ha perso il suo mantello: superMario non vola più, sa di aver perso buona parte della sua polverina magica che non sembra talco, ma avrebbe dovuto restituire l’allegria ai conti pubblici italiani e allo spread tra BTP e Bundesanleihe tedeschi.
Diciamolo chiaramente: Monti è sicuramente più presentabile di Berlusconi(per quel che ce ne vuole…) e gode di maggior credito internazionale,ma questo non basta a risanare una situazione che si trascina da troppi anni. Roma non fu costruita in un giorno, allo stesso modo non si può pretendere di dissanguare un popolo in nome di una moneta, né disporre unicamente una pressione fiscale insostenibile, ignorando la necessità di un piano di sviluppo che possa davvero tirarci fuori dalla crisi.
Monti non c’è più: per la prima volta dall’inizio del suo mandato, dichiara con l’ingenuità di un fanciullo che il governo ha perso l’appoggio dei poteri forti. Lo fa in videoconferenza con Palermo, rivolgendosi agli intervenuti all’incontro dell’associazione delle fondazioni bancarie e delle casse di risparmio, a quello che è un po’ il suo popolo eletto a cui ha evitato il pagamento dell’odiosa IMU. Più che una dichiarazione, uno sfogo in famiglia in cerca di facili compatimenti.
L’accento va posto su quei poteri forti che il premier identifica nel Corriere della Sera ed in Confindustria.
Via Solferino ha la colpa di aver pubblicato un editoriale, a firma Alesina e Giavazzi, uno bocconiano e l’altro del MIT, che criticano la linea di condotta di un esecutivo più interessato alle grandi opere che a guarire l’Italia dalla burocratite che dilania lo stato. In altre parole, Alesina e Giavazzi sono due antiTAV in giacca e cravatta, in grado di utilizzare le proprie conoscenze come pietre in una sassaiola e le parole dei propri articoli come striscioni di una manifestazione. Hanno ben compreso le priorità di un paese che può ancora percorrere l’Aurelia, per andare da Grosseto a Civitavecchia, ma non può più attendere anni ed anni per ottenere giustizia in sede civile. Probabilmente, quando il premier ha letto queste parole, è rimasto nello stesso stato in cui rimase alla domanda di Formigli sul precariato per i giovani e l’espatrio per il lavoro. La verità gli fa male, e a giudicarlo è tutta l’opinione pubblica.
La colpa del Corsera è quella di non aver sposato appieno la linea del governo, pubblicando parole che provengono da fonti altrettanto autorevoli che dimostrano ,ancora una volta, l’inadeguatezza dell’esecutivo al ruolo cui è stato chiamato.
Povero Monti: altri economisti dotati della stessa credibilità gli si rivoltano contro, evidenziano le sue colpe, puntano l’indice contro una scala di priorità del paese che è stata intesa al contrario.
Ma non è tutto.
Oltre al quotidiano diretto da De Bortoli, Monti se la prende anche con Confindustria. In effetti Squinzi non è la bella Marcegaglia, non ha esitato da subito a dirle in faccia ad un governo troppo intento a specchiarsi e poco avvezzo alla effettiva risoluzione dei veri problemi della nazione, criticando duramente la riforma Fornero e lamentandosi dell’eccessiva pressione fiscale sulle aziende.
Monti non è un politico, ce ne siamo accorti tutti. Esprimendosi pubblicamente in quei toni, ammette tacitamente che in passato il governo ha avuto l’appoggio degli stessi “poteri forti” che il premier ha talvolta misconosciuto, durante questi difficili mesi di attività politica. Insomma, i poteri forti ci sono, esistono ed hanno capito che Monti è il cavallo perdente nella corsa alla ripresa.
Il fatto che non faccia minimamente parola del consenso (praticamente nullo) che il suo esecutivo riscuote presso il popolo sovrano, fa intendere che il bocconiano non vuole mischiarsi con la “gentaglia” che ha fatto grande questo paese, e rimane saldamente arroccato sulle sue posizioni di accademico doc. E’inconsapevole delle difficoltà che il 95% delle famiglie italiane vive quotidianamente per fronteggiare la crisi voluta dai poteri finanziari, di cui lo stesso Monti è suo malgrado espressione.
Intanto Passera sta alla finestra: non va d’accordo con la Fornero, si lamenta per la mancata discussione del decreto sviluppo e va a dire in giro che l’Italia è in crisi, quasi a volersi mettere dalla parte del popolo.
Vuoi vedere che deve candidarsi alle prossime politiche?
La domanda del Time sta trovando risposta: “Può quest’uomo salvare l’Euro(pa)?”
Evidentemente, NO.