Francesco Nitto Palma è il successore di Angelino Alfano al Ministero della Giustizia. Berlusconiano doc, sincerità disarmante, magistrato insabbiatore, grande amico di Previti e vigoroso sostenitore delle leggi ad personam e dell’immunità parlamentare. Questo è il personaggio “di alto profilo” che Napolitano ha nominato Guardasigilli.
La Lega aveva chiesto un Ministro che non dialogasse con gli avvocati di Berlusconi. Detto, fatto: Nitto Palma non solo è stato scelto da un conclave tra il premier, Ghedini e Alfano, ma è pure il genero dell’avvocato Filippo Dinacci, legale del Presidente del Consiglio.
Napolitano aveva criticato aspramente De Magistris e altri perché avevano deciso di entrare in politica senza abbandonare definitivamente la carriera da magistrato. Nitto Palma è parlamentare da dieci anni ed è ancora in aspettativa.
Da magistrato, ha lavorato al “porto delle nebbie”, ovvero la Procura di Roma. Ha fatto archiviare la scottante inchiesta sul Gladio e si è occupato del maxi-processo alle Brigate Rosse, definite “banda criminale” e non “organizzazione politica”.
Appena approdato alla Camera, entra nello staff giuridico del Guardasigilli Alfredo Biondi, passato alla storia per il decreto salva-ladri. Per coerenza, sposa la figlia dell’ex capo degli ispettori ministeriali Ugo Dinacci, il famoso bastonatore del pool di Mani Pulite.
Nel 2002 e nel 2003 propone il ritorno all’immunità parlamentare, per salvare l’amico Cesare, ma il suo tentativo viene rispedito al mittente. Lancia poi il Lodo Maccanico, per salvare premier, ministri e i loro coimputati, commentando così: “Parliamoci chiaro, si estende la sospensione del processo Sme al coimputato Previti”. Nel 2004 partecipa alla scrittura della ex Cirielli che diminuisce i tempi di prescrizione per alcuni reati e che per pura coincidenza salva Previti. Altro fiore all’occhiello è la Commissione d’Inchiesta su Tangentopoli per “capire come mai le indagini abbiano colpito in maniera seria alcuni partite e solo marginalmente altri”.
La sua linea politica è chiara ed esplicitata in un’intervista al Giornale nel 2001:
La separazione delle carriere è un obiettivo di fondo che va attuato. La tesi che i PM devono avere la cultura della giurisdizione non mi convince.
L’individuazione dei reati non può essere lasciata a chi non ha responsabilità politica.
Non ho mai ritenuto deflagranti le dichiarazioni dei pentiti, ma piuttosto l’uso che di tali dichiarazioni è stato fatto.
C’è da mettersi le mani nei capelli e aspettarsi autentici colpi di genio. La chiosa la lasciamo ad un’altra sua dichiarazione:
Se fossi ancora magistrato e guardassi dall’esterno rimarrei colpito e sbalordito. Dall’interno non mi scandalizzo: questa è la politica.