Questo è il momento in cui inizio a rendermi conto che ci siamo. Ogni tanto mi si blocca il respiro, non so se sia la carenza di ferro, l’ansia, o tutte e due. Penso alle cose che mi mancheranno, al concerto dei National a Ferrara che avrei voluto vedere, alle serate in spiaggia a cui avrei probabilmente rinunciato comunque, a certi locali che sanno di casa. Faccio liste mentali di tutti i cibi che mi sognerò la notte, non perché la cucina giapponese mi dispiaccia, ma perché dopo un po’ viene voglia di quel pane che profuma ancora di forno, dei dolci fatti a mano, del ragù.
Più di tutto continuo a pensare a come sarà Kyoto a sei mesi di distanza. Simile, ma non la stessa che ho lasciato. E nonostante una persona che mi conosce più che bene mi abbia scritto che “the Elena I know always gets super worked up about stuff but then always walks out on top”, io continuo a fasciarmi la testa in anticipo e ad avere un peso sul cuore che non si sposta di un millimetro.
Ho tagliato trenta centimetri buoni di capelli, e mentre li guardavo cadere pensavo 髪は女の命, kami ha onna no inochi, i capelli sono la vita di una donna. È ora di iniziare una vita nuova.
Mi rendo conto che questo post è sconclusionato e poco interessante, ma in questo momento la mia confusione emotiva mi giustifica.
Do-ma-ni.