Non il mio - lo dico subito a scanso di equivoci, nel caso qualcuno passasse di qui per la prima volta.
Domani è il gran giorno del matrimonio italo-australiano, ma forse dovrei dire direttamente sardo-siciliano, vista l'origine di entrambi gli sposi. Sono molto curiosa di vedere come un matrimonio all'italiana verrà rivisitato con tinte australo-expat. Per il momento so molto poco, se non che gli invitati saranno più di 200 e che si tratterà di un matrimonio molto tradizionale.
Nonostante siamo dall'altra parte del mondo, la comunità italiana qui è talmente forte che anche certe tradizioni sono rimaste in piedi, non mancheranno la rottura del piatto, il mazzolino di fiori comprato dalla madre dello sposo, la preparazione del letto degli sposi da parte delle due madri. Si tratta soprattutto di famiglie emigrate dal sud Italia, quindi posso già immaginare che cibo e danze non mancheranno, e che sarà una giornata molto lunga e rumorosa!
Questa mattina, mentre eravamo in macchina dirette alla nostra seduta parrucchiere-manicure, pensavo che questo sarà anche il primo matrimonio a cui assisterò da quando mi sono separata, tre anni fa .
Pur trovandomi in quell'età in cui gli amici si sposano (alle porte dei 30 anni c'è sempre l'exploit) dopo la mia separazione non ho partecipato più a nessun matrimonio: non che siano mancati nel mio entourage, ma ho delicatamente glissato. Per diverso tempo non sono stata dell'umore giusto per partecipare ai matrimoni altrui, e poi la distanza dall'Italia mi ha dato un buon motivo per giustificare la mia assenza. Non potevo pensare di passare una giornata a festeggiare il matrimonio di una coppia felice quando era ancora troppo bruciante la fine della mia stabilità di coppia. A quell'epoca mi ero fatta una cultura sull'argomento separazione e psiche, leggevo qualsiasi cosa potesse aiutarmi a capire dove avevamo sbagliato e se il senso di fallimento che provavo fosse qualcosa di comune e "normale". È stato un lavoro lungo, ma ricordo come nella maggioranza degli articoli che leggevo ci fosse sempre un ammonimento, evitare di parlare di fallimento. Quello per cui stavo passando non era frutto di un fallimento ma di un errore: se il fallimento ha sempre una connotazione negativa, l'errore può essere un elemento che aiuta il costruirsi delle nostre esperienze, e quindi può avere una valenza positiva. Si fallisce quando non si impara nulla dai propri errori, anzi si continua a ripeterli: per questo un matrimonio finito non può considerarsi un fallimento - prima di tutto perché dopo la prima esperienza dubito che arriverà così facilmente una seconda volta!
Certo è che se il senso di fallimento guarisce e si rielabora in esperienza, quello che tarda a tornare è la fiducia nell'istituzione del matrimonio. Quello che prima vedevo come un atto normale nella vita di coppia di due persone, d'improvviso - ai miei occhi - ha perso il suo senso. Ricordo il mio matrimonio come uno dei giorni più belli che ho passato finora , questo non lo posso negare. È così che l'ho vissuto, come una grande festa, amici e famiglia riuniti nell'Isola dai vari angoli del globo, letteralmente. Un'occasione unica per stare tutti insieme, felici.
Di sicuro non ero, non eravamo, pronti al dopo. Alle cose che chissà perché cambiano, all'inizio di una vita come moglie di ..., a una fede al dito che certi giorni pesava come un macigno, al compromesso sempre e comunque. Sicuramente non è colpa del matrimonio di per se, ma, fra le altre cose, di come ho iniziato a sentirmi io dopo il grande giorno. Caricata di aspettative che non rispondevano al mio ideale di vita, giorno dopo giorno meno felice di quello che il futuro sembrava prospettare, con un progetto di coppia sbilenco e la sensazione di aver iniziato una vita dentro una gabbia dorata seppur ammirata con invidia da molte persone intorno a noi.
Le persone cercano la perfezione, a volte modelli a cui riferirsi. Se c'è una cosa che ora ho ben chiaro in mente è che il matrimonio non deve diventare un modello da seguire o una voce da eliminare dalla to do list della vita perfetta .
Forse è proprio questo l'augurio che darei a una coppia che pensa di sposarsi: fatelo per voi stessi, perché vi amate e siete convinti del vostro progetto comune, ma mai per sentirvi in pace con la vostra coscienza sociale. Chiedetevi sempre: cresciamo insieme?






