Sono molte le situazioni nelle quali vale quello che potremmo ribattezzare “principio della palazzina in fiamme” (o “principio del Titanic” se preferite); purtroppo la maggior parte di queste non è per niente teatrale, anzi è tanto più drammatica, spietata quanto più silenziosa, dimenticata.
Sto parlando di tutte le violazioni dei diritti umani che ogni anno colpiscono direttamente le donne e i bambini di tutto il mondo privandoli della possibilità di vivere una vita dignitosa.
Questa breve riflessione prende spunto dalla recente campagna di Amnesty International “Io pretendo dignità” (l’idea di fondo è quella che vede nellle violazioni dei diritti fondamentali degli individui una delle cause principali e un fattore aggravante per quanto riguarda le situazioni di povertà nel mondo) e vorrebbe essere il punto di partenza per un dibattito di più ampio respiro riguardo la situazione delle donne del mondo a 4 anni dalla scadenza fissata da 191 Stati membri delle Nazioni Unite per gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
Il quinto di questi Obiettivi riguarda la riduzione della mortalità materna del 75% entro il 2015.
Iniziamo con qualche dato per capire meglio la situazione di partenza di questo 2011:
nel mondo muoiono ogni anno circa 350.000 donne per complicanze legate alla gravidanza e al parto (dato in calo del 34% rispetto al 1990 quando erano circa 546.000).
Forse può essere utile un’immagine più evocativa.
Immaginate di vedere sparire in un anno i residenti di Udine, Pisa e Salerno. Senza troppi applausi.
Ammetto che i numeri troppo grossi possono spaventare in un primo momento perché vengono rapidamente rimpiazzati dalle – molto più mediatiche – storie del quartiere descritte dal telegiornale; allora proviamo a tornare alla palazzina all’angolo con qualche dato su scala ridotta: 2 donne muoiono negli Stati Uniti ogni giorno, 3 in Perù, 6 in Burkina Faso. Entro mezzanotte il primo piano e probabilmente un appartamento del secondo piano saranno disabitati.
Vorrei lasciare da parte per un momento la mortalità materna per fare spazio a prospettive che possono permettere una diversa inquadratura del legame diritti violati – donne. Quando sentiamo parlare di violenza sulle donne pensiamo immediatamente a violenze di tipo fisico, spesso esercitate all’interno del nucleo familiare. Oltre alle “violenze domestiche” le donne di molti paesi del mondo devono affrontare limitazioni (sociali, culturali, giuridiche) che pregiudicano la loro possibilità di ricevere un’adeguata educazione sessuale, di poter decidere liberamente della loro vita sessuale, di poter pianificare la propria vita ( ad es. percorsi di studio, matrimoni, gravidanze etc.) senza essere sottoposte al controllo continuo da parte degli uomini – questo solo per fare un paio di esempi- .
“Prima le donne e i bambini!” dicevamo; perché loro rappresentano il futuro della nostra specie, senza di loro l’umanità si estinguerebbe: questa è la logica strettamente legata agli istinti di sopravvivenza alla base della famosa espressione ormai confinata all’ambito cinematografico. Eppure le donne e i bambini rappresentano il futuro dell’umanità anche dal punto di vista delle energie culturali, della forza nelle lotte alle ingiustizie; dimenticarsi di questi aspetti vuol dire dimenticarsi di tutte le donne che nel mondo lottano per il riconoscimento dei propri diritti, di tutte le donne che lavorano per procurare il cibo alle famiglie che spesso dipendono direttamente da loro ;secondo la F.A.O. nei Paesi in Via di Sviluppo le donne producono tra il 60% e l’80% del cibo pur possedendo solo l’ 1% della terra.
La situazione per fortuna non sempre è così grave come sopra accennato, ma ciò non deve farci abbassare la guardia su tutte le situazioni di violenza che ogni anno coinvolgono le donne di tutti i paesi del mondo.
In tutti quei luoghi nei quali alle grida della gente che si sbraccia si sostituisce la voce strozzata – o peggio il silenzio impotente – di chi vede violati i propri diritti fondamentali è all’opera una tragedia dove è comunque valido il nostro “ Principio della palazzina”:
“Prima le donne e i bambini!”.