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Prima o poi ti tocca uscire allo scoperto

Da Marcofre

Un po’ tutti desiderano conoscere il giudizio altrui a proposito di quello che scribacchiano. Tutto questo è molto umano, ma la questione è cosa fare con quello che si ottiene. Perché se si ascoltano dieci pareri, si otterranno dieci pareri differenti. Il che non è di grande aiuto, vero?
Ne ho già parlato in passato, e come allora mi tocca ripetere che l’unico criterio per distinguere un parere onesto da uno superficiale è… La sua onestà.

Dopo questa sublime rivelazione provo a spiegare.

L’ onestà di cui parlo è qualcosa che vive e respira dentro di noi. Non dico che gli altri non la posseggano, anzi.
Immagino però che se si legge molto, si pensa molto, alla fine si riesce a distinguere con buona approssimazione quello che ci serve da quello che è inutile. Se siamo onesti, sapremo riconoscere se chi parla lo fa per adularci, o per ferirci. O ancora, per aiutarci.

Ho il sospetto che spesso si chieda agli altri l’onestà perché non ne siamo provvisti. Di solito chi ha un briciolo di talento sa già cosa gli occorre, conosce persino i difetti della sua scrittura. Per questo accetta anche il giudizio duro, persino cattivo. In parte perché gli servirà come antidoto alle lusinghe.

In parte perché è il prezzo che il talento impone. Tutti sanno che chi non è un genio (come invece lo era Dostoevskij ad esempio) può solo sperare di avere del talento e in grandi quantità; e lavorare duro su quello.

Il bello di tutto questo è che non c’è alcuna sicurezza al riguardo di quello che si raccoglie dal giudizio altrui. Per questo è necessario essere onesti con sé stessi, e avere le idee chiare. In questo modo forse si riesce ad andare avanti, a procedere nella giusta direzione. E d’altra parte chi ci garantisce che non si sia vittime di un’illusione, e che questa non colpisca pure gli altri (in un modo o nell’altro)? Nessuno, certo. Non è fantastico? Alla fine, si crede di ottenere qualcosa, ma si ottengono solo altri dubbi.

 


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