GIURO CHE NON HO SPESO UN EURO PER QUESTE PAROLE:
Cari amici,
è da poco uscito il primo romanzo di Simone Montella, “Istruzioni per l’odio”.Nonostante i buoni propositi, prima di leggerlo non me la sentivo di impezzarvi tutti per spingervi a comprarlo, non sono per niente brava con il maketing, (purtroppo) sapevo che la mia efficacia sarebbe stata pari a zero e si sarebbe sgamato subito che non l’avevo ancora letto e lo pubblicizzavo solo perché Simone è un mio amico. Adesso che l’ho letto, non mi importa più niente di perdere tempo a fare promozione perché con l’impulsività e l’impazienza che mi contraddistingue, mi interessa soltanto vomitare tutto d’un fiato quanto questo libro mi abbia entusiasmato!!! Sullo sfondo dello scenario politico e sociale della nostra cara Italia, il flusso di coscienza di un trentenne alle prese con l’esistenza, un’esistenza storicamente, socialmente, geograficamente molto precisa, che mi ha regalato uno specchio interessantissimo in cui ritrovare me stessa, i dubbi, le paure, i sogni, la fatica, l’entusiasmo e il desiderio di costruire la propria identità da adulto nel rispetto di se stessi. Di verità ne esistono molte o nessuna, esistono quelle lecite e quelle illecite, quelle degne di lode e quelle degne di biasimo e a volte ci si incastra nel tentativo di capire quali scegliere, ma la verità più vera per ciascuno di noi è la verità delle nostre emozioni che giuste o sbagliate semplici o complesse, sono la nostra VERITA’ il nostro vissuto. Sentire le proprie emozioni risuonare tra le pagine di un libro è la grande magia che sa compiere la letteratura.
Emozioni squisitamente contemporanee alla mia generazione, raccontate con soggettiva lucidità. Un romanzo che grazie alle ali di una leggerezza che definirei “densa” smonta ogni retorica, smascherando con la tenerezza e l’affetto che ciascuno di noi prova per se stesso,tutte le nostre piccole, quotidiane, banali, eloquentissime ipocrisie. Tra paradosso e ironia leggo del berlusconi che c’è in me, dello snobbismo intellettuale presuntuoso e radical-chic che c’è in me, della giovane figlia di papà choosy che c’è in me e della pseudopsicologa di se stessa che c’è in me, del razzismo e del perbenismo che c’è in me, della napoletana critica e fondamentalista allo stesso tempo che c’è in me, leggo del nord e del sud attraverso nessuna analisi sociologica, ma uno sguardo soggettivo più eloquente di qualunque analisi. Leggo dell’artista laureata e promettente che c’è in me, della precaria sfigata che c’è in me, dell’entusiasmo, dell’energia, dell’intelligenza che c’è in me. Mi sembra di riuscire a vedere con più lucidità cosa voglio scegliere e cosa rifiutare della mia cultura, formazione, società. Leggo di psicopatologie quotidiane, malattie psicosomatiche, rabbia, intolleranza, diffidenza, inquietudine, degrado, compassione. Sarà pure che sono così entusiasta perché in questo romanzo risuonano cose che mi somigliano, mi appartengono, mi riguardano (sono curiosa di chiedere il parere di un lettore di un’altra generazione e di diverse origini), ma fatto sta che lo stile di scrittura è chiaro e scorrevolissimo, i persognaggi, ben dipinti, hanno carne e voce Il linguaggio a tratti scorretto, dialettale, a volte volgare, il passaggio continuo dalla prima alla seconda persona singolare dell’io narrante, rende la scrittura perfettamente aderente e coerente alla sostanza del romanzo. Interessante e ironico anche l’espediente degli appunti a piè pagina della psicologa del protagonista. Da Dostoevsky a Mario Merola, passando per Zeno, Beckett e il Grande Fratello, trovo che ci sia in questo libro tanta umanità, raccontata con una lucidità allo stesso tempo cruda e compassionevole, vista da occhi giovani, intelligenti, e partenopei, si uno sguardo che rivela la provenienza geografica dell’autore, perché (ci sarebbe da scrivere molto al riguardo per farsi capire ma adesso non è il caso) . Mi limito a dire che Napoli è una città in cui le classi sociali anche se esistono, sono per forza di cosa a contatto le une con le altre, non solo superficialmente, teoricamente o formalmente, ma veramente e cioè emotivamente, ne consegue che nello sguardo partenopeo trovano spazio molti sguardi. Scivo di getto e forse con eccessivo ardore, ma la bella notizia è che non sono un importante critico letterario, sono solo Corradina Grande, un amica di Simone e ho voglia di scrivere, pensare sentire esattamente quello che scrivo sento e penso Ora basta perché è tardi e devo lavorare, ma non resistevo alla voglia di pubblicare, si sa, quando si scrive bisogna far riposare, ma io non lo voglio fare…
In sintesi “Simò stu libbro me piaciut pop assaj …. E brav a Simon! Come direbbe Carlo AGATOS!
di Corradina Grande, danzatrice, Compagnia Laudati Danza, mia amica.