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Se dovessi dire a parole quanto i film di Hayao Miyazaki abbiano significato per me, credo che mille post da soli non basterebbero. Le sue pellicole, pur debitrici le une dalle altre di mille tematiche comuni, possiedono quella particolare magia che non è possibile riscontrare in nessun altro autore e, non me ne vogliano altri maestri assoluti come Katsuhiro Otomo o Satoshi Kon, ma sono proprio significative di una specifica epoca e di uno specifico modo di intendere il cinema. Lo Studio Ghibli da lui fondato infatti è riconosciuto proprio per la sua impronta da pellicole di assoluta bellezza [o almeno, da film che volano più o meno alti] ma, a mio modestissimo parere, il periodo della completa maturità inizia proprio da qui. Da questo seguiranno altri due film, precisamente La città incantata e Il castello errante di Howl, che formeranno una mia ideale trilogia. Infatti quei tre film sono quelli del sensei che hanno saputo emozionarmi maggiormente.
Colpito dalla maledizione di un cinghiale, il cui odio scaturito da un proiettile lo aveva trasformato in demone, il principe Ashitaka è costretto all'esilio. Nel suo peregrinare si imbatterà nella Città del Ferro, da sempre in guerra contro gli animali della foresta per il disboscamento necessario per alimentare le loro fornaci, e della principessa Mononoke, ragazza cresciuta dai lupi e coinvolta in quella feroce battaglia.Per un tolkieniano come il sottoscritto è impossibile non rimanere affascinato da un film simile, perché gli elementi necessari per una storia epica ci sono tutti. Abbiamo un'ambientazione pseudo medievaleggiante, un forte senso dell'onore e del dovere che permea tutto il film fin dai primi minuti, un'attaccamento alle leggende e alla tradizione che oggi ci scordiamo, insieme a una love story di contorno che riesce a non essere vomitevole. Insomma, tutti degli elementi che a mio parere riescono a surclassare senza troppa fatica tutta la benriuscita e ammirevole trilogia di Peter Jackson, perché qui voliamo alto. E badate bene, questo non è neppure il miglior film del regista [il primato spetta alle avventure di Chihiro] ma impossibile non ammettere che, nel genere a cui appartiene, questo sia uno dei migliori prodotti di sempre. La storia è semplice e lineare, non abbiamo particolari salti temporali o innovazioni tematiche e chi un poco conosce il folklore nipponico troverà molti elementi di ordinaria amministrazione, però proprio perché la mitologia giapponese è altamente affascinate, tutto sembra risultare come nuovo. Ogni passaggio è realizzato con una spiccata sensibilità verso il genere mentre ogni variazione della trama è servita alla tematica che si vuole sviluppare, cosa non indifferente e che può rendere il fantasy da mero intermezzo per bambini a genere complesso e sfaccettato. Ne risentono un po' troppo forse i personaggi, vero limite del film, tutti troppo asserviti al ruolo tipico (Ashitaka è il guerriero senza macchia - che brutto gioco di parole! - deciso a portare la pace, mentre la principessa del titolo è quella asservita alla vendetta), tantoche' quello che dimostra di avere la caratterizzazione più interessante è proprio il presunto antagonista, ovvero la padrona Eboshi, le cui azioni apparentemente crudeli sono giustificate dalla necessità di sostentamento della sua città. Tutto il resto però è oro che cola. Le animazioni sono stupefacenti, dimostrano delle lievi e timide incursioni della CG senza però strafare, lasciando tutto come da tradizione al disegno manuale che raggiunge dei picchi a mio parere ancor'oggi mai eguagliati. Le musiche di Joe Hisaishi poi completano il quadro, variando dall'eroico all'epico, dal tragico al romantico, dando quindi la giusta cornice che un magnifico quadro come questo merita. Un po' sottotono invece il doppiaggio nostrano, che non riesce a dare al tutto la giusta grinta che meriterebbe, senza contare che un mezzo stravolgimento dei dialoghi nella sequenza finale rende doverosa la visione originale sottotitolata, anche perché il lessico nipponico ha quel carisma che poche altre lingue possono vantare. Io ricordo che finii la visione con la testa in subbuglio perché, veramente, questo film è stato in grado di cambiarmi la vita, e la sua molteplicità di argomenti mi aveva davvero esaltato. Una volta sì che si facevano fare opere belle, cose che sia i più piccoli [anche se certe scene un po' violente possono impressionare il pubblico più giovane] che i grandi potevano apprezzare. La vera domanda, più che altro, è con cosa stiamo facendo crescere le generazioni d'oggi.Se volete iniziare a vedere i film del Maestro, io vi consiglio di iniziare proprio da questo. Oppure guardatelo e basta, senza motivazione, perché male di certo non fa.Voto: ★★★★★
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