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Produzione e vendita diretta di latte crudo

Creato il 07 marzo 2011 da Scienziatodelcibo @scienziatodelci
Produzione e vendita diretta di latte crudo

Produzione e vendita diretta di latte crudo

Il Regolamento CE 853/2004 ha autorizzato la commercializzazione di latte crudo per il consumo umano diretto e di seguito in Italia, con la Conferenza Stato Regioni del 25 gennaio 2007, si è ufficialmente regolamentato il commercio di latte crudo destinato al consumo umano diretto definendo i criteri microbiologici e igienici per la produzione. Sono in molti però, titolari di aziende agricole e non solo, a voler capire com’è possibile produrre e commercializzare il latte crudo. Ho preso spunto da un completissimo Working Paper “Esperienze di filiera corta: la vendita diretta del latte crudo attraverso distributori automatici” edito da Diego Pinducciu del Laboratorio di studi rurali SISMONDI (Università di Pisa), per descrivere il mercato del latte crudo e le possibilità tecnologiche per sfruttarne la produzione e vendita in regime di filiera corta, sia come latte crudo attraverso i tipici distributori, ma anche come latte pastorizzato.

Il latte crudo presenta determinati vantaggi:

  • Notevolmente ricco di enzimi, vitamine e altre componenti nutritive
  • Caratteristiche organolettiche eccellenti
  • E’ considerato un alimento “genuino”

Ma anche svantaggi:

  • Flora microbica non distrutta dal trattamento termico
  • Possibile sopravvivenza di specie patogene
  • Se non è consumato previa bollitura è inadatto all’alimentazione di soggetti sensibili (anziani, bambini, donne in gravidanza etc.)

Le aziende che effettuano questo tipo di commercializzazione, oltre a rispettare tutte le disposizioni previste dall’allegato I del regolamento CE 852/2004, devono predisporre un piano di autocontrollo aziendale e rispettare i criteri igienici di processo riconducibili alla sanità degli animali e all’igiene della mungitura e conservazione del latte.

Parametri del latte crudo dopo il confezionamento:

Staphylococcus aureus (per ml
n=5, m=500, M=500, c=2

Listeria monocytogenes
Assenza in 25 ml, n=5 e c=0

Salmonella spp
Assenza in 25 ml, n=5 e c=0

Escherichia coli O157
Assenza in 25 ml, n=5 e c=0

Campylobacter termitolleranti
Assenza in 25 ml, n=5 e c=0

Aflatossine
≤ 50 ppt

Oltre alla qualità per i consumatori, i vantaggi del latte crudo riguardano le tasche degli allevatori: nonostante gli esigui aumenti riconosciuti agli allevatori per il prezzo del latte, i produttori si trovano a dover fronteggiare costi per l’energia, il trasporto e per materie prime (mangimi soprattutto) che hanno subito nel complesso notevoli incrementi. Tuttavia tali aumenti non possono giustificare i rincari registrati a carico dei consumatori, dal momento che la materia prima agricola incide per non più del 20% sui prezzi al consumo del settore (Semerari, Ismea 2007). Dalla vendita di un litro di latte, in tasca all’allevatore entra circa un 20%, vale a dire che su un euro pagato dal consumatore italiano in media all’allevatore vanno 20 centesimi! Nel frattempo è cresciuto l’incremento da parte della Grande Distribuzione nella partecipazione alla catena del valore del settore (40%), mentre diminuisce quella del settore agricolo (19,7%) e stabile rimane la quota industriale (sotto il 34%) (da: Ismea, Rapporto Latte 2007).

La vendita diretta attraverso l’accorciamento della filiera distributiva determina in molti casi per l’imprenditore non solo vantaggi economici, per l’aumento di redditività, ma anche un recupero della propria identità culturale e di gratificazione e riconoscimento del lavoro svolto, soprattutto attraverso un rapporto di fidelizzazione del cliente-consumatore, il quale è a sua volta sempre più orientato alla ricerca e all’ottenimento della qualità del prodotto. La vendita diretta è in grado di stimolare e attrarre la propensione che i consumatori dimostrano oggigiorno verso i prodotti che si caratterizzano per l’elevato valore aggiunto in termini qualitativi, salutistici e di salvaguardia dell’ambiente.

La vendita del latte crudo è una attività non permessa sia in Australia che in Canada, così come in molti Stati degli USA, sebbene in molti altri vi sono possibilità (in azienda, in vari “stores” o attraverso gruppi di acquisto) ma con molte restrizioni; maggiori facilitazioni sono previste per la vendita di formaggi prodotti con latte crudo ma stagionati almeno 60 giorni.

In Europa il consumo di latte crudo è un fenomeno che ha caratterizzato in passato molte aree rurali. Il regolamento CE n. 853/2004 prevede (art. 10, comma 8, lettera a), salvo espresso divieto da parte dello stato membro, la “commercializzazione di latte crudo per il consumo umano diretto, immediatamente dopo la mungitura e senza aver subito alcun trattamento termico, salvo la refrigerazione ad una temperatura compresa tra 0 e + 4°C.I singoli Stati pertanto sulla base di tale regolamento comunitario hanno mantenuto, elaborato o introdotto ex novo leggi nazionali e regionali che permettono la vendita del latte crudo direttamente in azienda o in punti vendita (negozi, camioncini automatici), come avviene in molti paesi quali Germania, Olanda, Belgio, Danimarca, Austria, Francia, Italia, e Svizzera, paesi, questi ultimi tre, che tra l’altro hanno anche un’antica tradizione nella produzione di formaggi a latte crudo. Ad oggi in Gran Bretagna i produttori di latte crudo possono vendere latte non pastorizzato (raw milk o “green top milk/green label”, perché venduto nelle classiche bottiglie con etichetta verde) direttamente al consumatore in azienda, tramite furgoncini attrezzati, o nei farmers’ markets. Questa ultima forma di vendita si sta diffondendo specialmente nei farmer’s market Londinesi di Chelsea, Nothing Hills, Queen’s Park, ma non solo, e la domanda è in continua crescita. Un numero sempre maggiore di consumatori si dichiarano entusiasti di poter acquistare e gustare questo prodotto mentre i circa 150 piccoli produttori di latte che forniscono i markets registrano un buon incremento delle vendite (cit. The Telegraph, 2008; The Independent 11/2007, The Guardian, 11/2007). Questo nonostante le preoccupazioni e gli avvertimenti del Governo e della FSA che ha imposto di applicare ai contenitori con i quali è venduto il latte crudo un’etichetta che avvisi i consumatori dei rischi derivabili dal consumo di latte non pastorizzato in quanto non assicura l’assenza di patogeni causa di malattia, tanto che è sconsigliato ai bambini, alle persone con malattie e alle donne incinta o agli anziani.

In Italia i risultati di alcune ricerche condotte negli ultimi anni per monitorare e verificare la qualità del latte crudo venduto direttamente tramite distributori automatici ha dimostrato la salubrità e sicurezza del prodotto: il Progetto LATCRU, Regione Lombardia, anno 2005-2006 (19 mesi): nel corso dello svolgimento del progetto sono state monitorate 71 aziende presenti in 9 province lombarde, analizzando 287 campioni di latte (prevalentemente vaccino) prelevati sia dal serbatoio di stoccaggio sia dal latte erogato dalle diverse tipologie di macchine distributrici. Sui campioni di latte crudo sono stati ricercati i microrganismi patogeni (Listeria monocytogenes, Salmonella spp. ed E. coli O157), i germi indicatori di carenza di igiene (coliformi), i germi testimoni di carenza di igiene (E. coli e stafilococchi coagulasi positivi) ed inoltre i bifidobatteri ed i batteri lattici probiotici che potrebbero andare persi con il trattamento termico di pastorizzazione. E’ emerso che i campioni di latte di vacca presentano una buona qualità igienica e generalmente conforme ai requisiti stabiliti per legge.

Il Programma di sorveglianza e monitoraggio sul latte crudo destinato alla vendita diretta in Lombardia, Regione Lombardia, 2006 diretto dalle Unità Operativa Veterinaria Regionale e Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna (IZSER): la composizione merceologica del latte crudo è apparsa in linea con i valori medi regionali del medesimo periodo (media regionale su circa 60.000 campioni: grasso 4,04 g/1000ml, proteine 3,46 g/1000ml) evidenziando l’elevata quantità della materia prima dal punto di vista nutrizionale. Il latte crudo posto alla vendita diretta in questa prima fase è apparso di buona qualità anche dal punto di vista igienico-sanitario corrispondente, in linea generale, alla elevata qualità del latte prodotto in Lombardia soggetto da anni all’attività di sorveglianza e controllo dei Servizi Veterinari.

Indagine per delineare il profilo microbiologico del latte bovino crudo venduto per consumo umano diretto in Veneto (2006-2007) condotto dal Dipartimento di Sanità Pubblica, Patologia comparata e Igiene veterinaria, Padova; Laboratorio Epta Nord, Padova. Dai controlli emerge che in linea generale il latte posto in commercio crudo per consumo diretto in Veneto presenta caratteristiche microbiologiche soddisfacenti, (solo sporadici isolamenti di batteri potenzialmente pericolosi per la salute umana). L’assenza di Salmonella o Listeria monocytogenes indicano che il latte venduto attraverso gli erogatori automatici assicura un buon livello di sicurezza per il consumatore. Le cariche microbiche totali quasi sempre basse, i ridotti valori di batteri indicatori di inquinamento fecale e di cariche microbiche specifiche (coliformi totali, stafilococchi e micrococchi) depongono a favore di un livello complessivo di igiene della produzione buono. Questi medesimi valori, e in particolare quelli relativi alla carica dei coliformi e di E. coli, denotano che quasi sempre il regime di conservazione a bassa temperatura è effettuato nelle modalità previste dalla normativa comunitaria in vigore.

Il latte crudo al momento dell’erogazione

Il latte deve risultare conforme ai requisiti generali di sicurezza alimentare come previsto dall’Art.14, del Reg. (CE) del parlamento e del Consiglio n. 178/2002 e ai criteri microbiologici volti a verificare l’assenza di microrganismi patogeni e delle loro tossine (vedasi allegato Intesa).

Il trasporto dall’azienda al mezzo erogatore, qualora non sia in azienda deve avvenire tramite mezzo di trasporto conforme al Reg. (CE) n. 852/2004.

Le macchine erogatrici devono essere rifornite giornalmente.

Il latte crudo rimanente non erogato dalla macchina deve essere riportato (rispettando condizioni igieniche e di temperatura) in azienda e collocato in un serbatoio apposito, sottoposto a pastorizzazione prima di una sua successiva commercializzazione o destinato alla caseificazione per la produzione di formaggi a lunga stagionatura o all’alimentazione animali ai sensi del Reg. n. 79/2005.

Le informazioni

Le macchine erogatrici e l’etichetta delle bottiglie (nel caso di imbottigliamento automatico) devono riportare informazioni specifiche e in entrambi i casi l’obbligo di riportare tra le informazioni rivolte al consumatore, la dicitura “Latte crudo non pastorizzato”. L’etichetta può contenere in aggiunta l’indicazione: “ se ne consiglia il consumo previa bollitura”.

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Gli erogatori vanno dai più piccoli distributori da banco o con pescaggio da serbatoio esterno (serbatoio principale o secondario) con capacità ridotte, ai distributori automatici più grandi con pescaggio da bidone interno o a chiosco o capannina, con pescaggio da bidone interno refrigerato e da collocare nelle piazze o nei luoghi più frequentati, per arrivare a quelli montati su furgoni o rimorchio con pescaggio da bidone interno.

Il Distributore di latte crudo

Il macchinario è costituito quindi da un ambiente frigorifero dotato di isolamento termico, di un impianto di refrigerazione e da diverse parti essenziali, comuni a tutti i modelli, quali:

  • vasca di conservazione (serbatoio esterno o bidone interno alla macchina di capacità variabili) per lo stoccaggio del latte destinato alla vendita;
  • sistema di agitazione del latte in attesa di vendita;
  • termostato per mantenere l’interno del distributore ad una temperatura prefissata; Il latte viene mantenuto ad una temperatura da 0 a 4 gradi, costantemente monitorata da un doppio sensore elettronico; se la temperatura, per qualsiasi ragione, dovesse superare il valore dei 4 gradi , il distributore si pone automaticamente nella condizione di “fuori servizio”.
  • pompa auto-adescante da serbatoio o bidone;
  • contatore volumetrico per la misurazione della quantità erogata;
  • tubazioni per il passaggio del latte e per i liquidi di lavaggio;
  • elettronica con microprocessore e sistema di programmazione;
  • gettoniera con cassettino per la raccolta delle monete e/o chiavetta elettronica prepagata;
  • un vano di erogazione con sportello contenente un ugello; il distributore è provvisto di un erogatore in grado di dosare il prodotto in quantità variabili generalmente da un litro, mezzo litro e un terzo di litro.
  • canale di scolo per il recupero di liquidi, versati nel vano di erogazione, terminante in un contenitore;
  • display per la comunicazione con l’acquirente.

Queste iniziative di filiera corta vedono protagonisti da un lato gli stessi allevatori, spesso appoggiati dalle loro Associazioni di Categoria, ma è molto diffuso il contributo che viene fornito anche dai cittadini che, organizzati in forme associative (Gruppi di Acquisto, Associazioni di Consumatori critici, del Consumo Equo e Solidale, del consumo sostenibile in genere) creano reti sempre più efficienti e diffuse in grado di supportare il lavoro dell’allevatore sia da un punto di vista organizzativo che ovviamente economico.

Ma quanto conviene all’azienda agricola la vendita diretta? Considerando che in media il latte distribuito attraverso le macchine automatiche ha un prezzo che oscilla tra 1 euro e 1,20 euro (biologico) questo tipo di vendita ha una convenienza economica determinata dall’aumento del reddito riconducibile al maggiore introito ottenuto (circa il triplo di quanto ricavato con la vendita sul mercato) e con costi di produzione invariati (Invernizzi, APA di CO, LC e VA, 2007).

Il costo dell’investimento non è eccessivo e varia in funzione del modello utilizzato, generalmente da qualche migliaio di euro (4-5.000 €) per gli erogatori più piccoli fino a cifre più elevate (15.000 fino ad oltre 30.000 €) per i sistemi più evoluti ma comunque ammortizzabili nell’arco di qualche mese. Anche i costi di gestione del servizio sono limitati a qualche decina di euro giornaliere e sono ovviamente in funzione anche in questo caso della tipologia dell’erogatore e della sua ubicazione (vicino o lontano dall’azienda).

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