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Protesta in Cile

Creato il 26 agosto 2011 da Bloglobal @bloglobal_opi


di Giuseppe Dentice 
Protesta in Cile: tra apparenti contraddizioni e reali problemi

Dal 4 agosto sono in corso in Cile violente manifestazioni contro il governo del Presidente Sebastián Piñera. Protagonisti della protesta sono studenti e professori, i quali dal mese maggio hanno chiesto a lui e all'ex Ministro dell'Educazione, Joaquin Lavin, una riforma radicale dell’istruzione pubblica, migliore e alla portata di tutti. Il contestato Piñera è accusato dai cacerolazos – così vengono chiamati i manifestanti – di aver privilegiato con questa riforma le istanze delle scuole private. Le manifestazioni hanno scosso le città di Santiago, Valparaíso, Concepción, Iquique, La Serena, Valdivia e Puerto Montt e sono state accompagnate da incidenti e numerosi atti violenti contro le forze dell'ordine. Intanto, un recente sondaggio de “La Nacion”, uno dei maggiori quotidiani nazionali, rileva che la popolarità del Presidente è scesa al 26%, trasformandolo nel leader meno amato dai tempi della fine dittatura di Pinochet. 
La protesta
Il governo cileno, qualche giorno prima dell'inizio violento delle manifestazioni, aveva proposto un piano di riforma dell'educazione pubblica nazionale racchiuso in 21 punti che prevedevano, principalmente, un aumento dei finanziamenti alla scuola pubblica, una più accurata formazione degli insegnanti, un aumento del numero delle borse di studio e un aiuto per pagare i debiti degli studenti. Pur essendo stata migliorata rispetto alla prima bozza, la misura è stata però considerata insufficiente dai leader della protesta, mentre Jaime Gajardo, Presidente del Sindacato degli Insegnati del Cile, ha chiesto che le rivendicazioni degli studenti venissero comprovate attraverso un referendum, proposta questa immediatamente rigettata dal governo, perché ritenuta incostituzionale e pericolosa. Il governo, inoltre, ha ritenuto plausibili ulteriori aperture alle richieste dei manifestanti, ma ha escluso la possibilità che il Cile possa avere un sistema di istruzione totalmente gratuito. Il movimento di protesta gode di un'alta approvazione popolare (secondo i sondaggi nazionali i simpatizzanti sarebbero circa l'80%). La protesta studentesca, però, ha attirato le simpatie di altre categorie di lavoratori che hanno minacciato scioperi. I sindacati dei dipendenti pubblici e degli operai che lavorano in miniera hanno annunciato la loro intenzione di unirsi agli studenti, se non verranno migliorate le loro condizioni di lavoro e se non verranno accolte le istanze dei manifestanti.
In una conferenza tenuta, pochi giorni or sono, a “La Moneda”, la residenza ufficiale del Presidente cileno, Pablo Zalaquett (sindaco di Santiago del Cile), Andrés Chadwick (Segretario di Stato) e Rodrigo Hinzpeter (Ministro dell'Interno) hanno fatto il punto degli incidenti tra studenti e polizia, sottolineando che, dall'inizio degli scontri ad oggi, sono state arrestate 900 persone e feriti circa 29 poliziotti. Le manifestazioni continue hanno fatto scemare anche il gradimento verso il Presidente Piñera, che solo qualche mese prima, all'epoca dei minatori intrappolati nel deserto dell'Atacama godeva della maggiore popolarità nazionale dal 1990 in poi.
Le cause della rivolta studentesca
Uno dei principali motivi della protesta è il forte indebitamento che le famiglie devono affrontare per iscrivere i figli dell’università. Gran parte del costo dell’istruzione universitaria, infatti, è a carico delle famiglie. La maggioranza degli studenti cileni iscritti all'università provengono dalla classe media. Soltanto i figli delle famiglie più ricche hanno accesso alle scuole migliori, di solito private, mentre i figli di quelle più povere devono accontentarsi delle malandate scuole pubbliche. Anche la fiscalità del Paese favorisce le università private, tramite finanziamenti e fondi comuni, mentre per l'educazione pubblica non esiste alcun agevolamento economico o fiscale, tanto da costringere numerose famiglie a chiedere un prestito bancario che difficilmente verrà ripagato dopo la fine degli studi. Di questa mancanza di risorse ne risente, ovviamente, la qualità dell'insegnamento pubblico – molto  basso – tanto da costringere le famiglie cilene a mandare il proprio figlio a studiare o in costose scuole private nazionali o all'estero, principalmente, nella vicina Argentina o in Brasile. 
Se si analizzano i dati relativi alla debolezza del settore dell'istruzione cileno, si nota come in base ai dati del Global Competitiveness Index 2010-2011 (GCI), nella classifica della qualità del sistema educativo, il Paese si trova al 101° posto relativamente alla scuola primaria ed al 45° per le scuole secondarie e superiori. Rimane bassa anche la qualità degli istituti di ricerca (55° posto) e della collaborazione tra università ed industria (39° posto). Seguendo le linee guida del Programme for International Student Assessment dell'OCSE-PISA, si intuisce ancor più chiaramente come il sistema scolastico cileno è quello messo meno peggio in Sud America, ma è estremamente debole perché specchio delle profonde disuguaglianze sociali del Paese.
Contesto socio-economico cileno
Il Cile, secondo le stime della Banca Mondiale, si è ripreso saldamente dalla crisi finanziaria mondiale del 2009 e dal devastante terremoto di febbraio 2010, che ha inflitto danni per 29,7 miliardi di dollari. Le solide basi interne, così come la stabilità politica ed istituzionale dovrebbero essere un sostegno formidabile alla crescita nel quinquennio 2010-14, nonostante la forte apertura al mercato internazionale possa renderla vulnerabile al deteriorarsi della domanda estera.
Per il 2011 è prevista una crescita del PIL del 6% (fonte CIA World Factbook). L’economia cilena è basata sui servizi e sull’industria (rispettivamente il 51% e il 35,5% del PIL totale, secondo i dati dell'Economist Intelligence Unit). Il maggiore comparto industriale del Paese è la produzione di rame (2° produttore al mondo), che costituisce la maggiore fonte di entrate dell'economia nazionale. Il Cile ha il reddito pro capite medio più altro di tutta l’America Latina (10.000 dollari l'anno, dati del Fondo Monetario Internazionale), ma il più alto livello di diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza (il 10% della popolazione detiene tutta la ricchezza del Paese secondo i dati dell'EIU Report). Inoltre, le attività economiche si concentrano, soprattutto, nella regione di Santiago. Secondo l'ultimo censimento nazionale della fine del 2002, circa il 40,1% della popolazione cilena viveva nell’area metropolitana della capitale. 
Prospettive e conclusioni
Il Cile, nonostante appaia ai più un contesto apparentemente solido e fiorente, nasconde al suo interno numerose criticità di carattere economico-sociale. Il problema della concentrazione della ricchezza in mano a pochi risulta essere un compromesso difficile da accettare per la nazione, anche alla luce delle ultime dichiarazioni del Presidente Piñera e del suo entourage. Il governo, infatti, per giustificare la riforma universitaria si è pronunciato a favore di ulteriori aiuti da redistribuire alle scuole private. Investimenti pari a 4 miliari di dollari che verrebbero detratti dal fondo di riserva sulle entrate del rame e sarebbero rigirate alle cosiddette scuole private, più virtuose e migliori rispetto al prodotto educativo pubblico. Inoltre, lo scorso 1° agosto, Felipe Bulnes, il nuovo Ministro dell'Educazione, ha proposto di spostare l'onere dell'educazione nazionale dagli oneri di governo alla cura dei comuni, che diverrebbero i nuovi responsabili dell'istruzione statale. I comuni, però, sono molto poveri e non hanno a disposizione grossi budget da riversare nella formazione. Proprio quest'ultima proposta ha aizzato ferocemente la piazza, con le violenze che hanno contraddistinto questi giorni. 
Il governo cileno, piuttosto che disimpegnarsi dal suo ruolo di educatore, dovrebbe riversare più risorse nell'educazione e nella ricerca, la quale potrebbe favorire la formazione delle future classi dirigenti della nazione. L'unica alternativa trovata dal governo è di affidare tutte le responsabilità sull'educazione ad enti privati, stranieri e nazionali, che sarebbero fruibili solo da pochi e ricchi individui. Questo comporterebbe un incremento delle discrepanze sociali e un aumento del classismo, rischiando di lasciare una grossa fetta della popolazione analfabeta e impossibilitata a permettersi un'educazione a pagamento. Il governo potrebbe, quindi, investire parte degli introiti derivanti dalla produzione del rame per incentivare la cultura, la ricerca e la formazione in modo tale da creare occupazione e favorire la possibilità di una maggiore apertura del Paese all'interscambio scientifico-culturale con i Paesi stranieri.
Il compito di garantire un'educazione pubblica e gratuita per la popolazione cilena risulta un obbligo doveroso da assolvere. La riforma così proposta, invece, viene percepita come un ulteriore affronto alle differenze sociali della nazione, incrementando, dunque, la discrepanza tra chi può permettersi scuole ricche e competitive e chi deve accontentarsi di un prodotto più povero e meno efficiente. 
* Giuseppe Dentice è Dottore in Scienze Internazionali (Università di Siena)   


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