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Proteste, il boomerang della violenza

Creato il 14 dicembre 2010 da Animabella
Proteste, il boomerang della violenza
«Black bloc attaccano la polizia per cercare di arrivare vicino al Parlamento, poi devastano la zona di via del Corso», repubblica.it
«Black bloc scatenati», corriere.it
«Guerriglia a via del Corso: arrivano i black bloc», unita.it
Tutta colpa dunque di quei cattivoni dei black bloc che vengono a rovinare una pacifica protesta? Non credo (come del resto emerge anche dalla cronaca dei fatti pubblicata su micromega.net). Credo piuttosto che gli studenti (e tutti gli altri manifestanti) legittimamente incazzati per il loro (e nostro) futuro negato sono incapaci di inventarsi forme di protesta efficaci e pacifiche. Mi si dirà: sei è proprio un’anima bella. Lo so, ma ormai ho superato da un pezzo il complesso.
Le proteste che sfociano in atti violenti hanno due importanti effetti negativi: il primo è inimicarsi una grandissima fetta di opinione pubblica che invece finora ha simpatizzato con studenti, ricercatori, terremotati, precari, immigrati ecc; il secondo è tagliare fuori dalla protesta tutte quelle persone che non se la sentono, non hanno voglia, non pensano sia giusto utilizzare strumenti (più o meno) violenti. Qualcuno dirà: persone che non hanno il coraggio. Bene, ma anche i pavidi hanno il diritto di essere incazzati e di manifestare il proprio dissenso: o la protesta è prerogativa di chi ha il coraggio (?) di spaccare una vetrina o lanciare una molotov. Io quel coraggio non ce l’ho, e vado fiera della mia pavidità, se di questo si tratta.
Si tratta di due errori gravissimi, sia sul piano etico-politico che strategico. Sul piano etico-politico, è una visione fondamentalmente antidemocratica quella che pretende di imporre su un movimento spontaneo, articolato, ricco di espressioni diverse la modalità (e l’estetica) della guerriglia. Quando mi è capitato di partecipare a manifestazioni in cui qualcuno (di solito una piccolissima minoranza) decideva arbitrariamente di interpretare la volontà generale bruciando bandiere, spaccando vetrine o semplicemente imbrattando con la vernice i muri della città mi sono sempre sentita espropriata del mio diritto al dissenso. Sul piano strategico, è fin troppo facile prevedere che gli atti violenti – di solito ascrivibili a una minoranza di manifestanti – monopolizzano l’attenzione dei media, distogliendo completamente dalle motivazioni e dalle ragioni della protesta e dando agli avversari argomenti critici molto forti ed efficaci. Insomma, un vero e proprio boomerang.
Infine, siamo  sicuri che sia così difficile trovare forme di protesta allo stesso tempo pacifiche ed efficaci? Non mi pare proprio. I radicali, con tutte le loro proteste non violente (dagli scioperi della fame alla disobbedienza civile) sono maestri in questo. E negli ultimi mesi abbiamo avuto molti esempi: gli immigrati sulla gru a Brescia, gli stessi studenti sui tetti, il popolo viola che agita le agende rosse di Borsellino per contestare Schifani. Non si può certo dire che non siano state proteste mediaticamente efficaci. Di certo, più creative.

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