Anna Lombroso per il Simplicissimus
Attivismo instancabile della onlus Alemanno per il recupero e il reinserimento sociale di irriducibili teppisti, incalliti assassini, impenitenti stragisti, delinquenti fuori dal comune ma annessi invece all’amministrazione comunale, restituiti al consorzio civile tramite acrobatica scorciatoia più o meno istituzionale.
È la volta di Maurizio Lattarulo, poliedrico rappresentante di quell’eclettismo delittuoso che combina magistralmente attività malavitose e terrorismo, delinquenza e criminalità politica. Ex Nar, luogotenente dell’estremista nero Massimo Carminati e braccio destro del boss De Pedis, condannato con sentenza definitiva il 6 ottobre del 2000 “in quanto membro dell’associazione a delinquere banda della Magliana”, ‘Provolino’, come era soprannominato dagli esuberanti amici della gang, nel luglio del 2008 viene arruolato dal primo cittadino della Capitale come consulente esterno per le Politiche Sociali. Se ne è accorto sia pure con un certo non lodevole ritardo Giovanni Barbera, presidente del consiglio del XVII Municipio di Roma, che domani invierà alla commissione trasparenza del Comune un’interrogazione tardivamente urgente. Lattarulo, con contratto a termine, articolo 90, che con “riserva di accertamento dei requisiti per l’accesso allo stesso” inizia il 23 luglio 2008 e cesserà con la fine del mandato di Alemanno, ha finora ricevuto da luglio a dicembre 2008 dal Comune 13mila euro e rotti, nei due anni successivi 30.670 euro e 65 centesimi, mica male per uno “sfigato” secondo i criteri di Martone, che si è laureato durante ‘edificante redenzione a Rebibbia. Ora ricopre l’incarico di segretario particolare dell’attuale presidente della Commissione politiche sociali, forse grazie alla sua indole di efficiente numero 2, braccio destro impareggiabile, come ha già rivelato nella sua esperienza sul territorio. Manon era certo una personalità di scarso rilievo il Provolino se nell’ordinanza di rinvio a giudizio viene indicato più volte come “stretto collaboratore” insostituibile di De Pedis e “tirapiedi” di Carminati, impegnato nel brand del racket e dell’azzardo per la gestione dei circoli scommesse e delle sale giochi della città, “aperti dalla banda per riciclare il denaro sporco provento di usura e spaccio”.
Ed è probabile che sia stato scelto dal sindaco per la competenza maturata nel settore delle relazioni pubbliche e dell’ingegneria del consenso: gli veniva riconosciuta una particolare inclinazione per lo scouting di nuova manovalanza nel comparto del taglieggiamento e nella inclusione profittevole nel sistema malavitoso di gestori di circoli in difficoltà economiche.
Succede che soggetti psicolabili subiscano la fascinazione di figure maledette. Accade che signorine annoiate, di quelle che una volta diventavano vivandiere o infermiere di gruppi insurrezionali o si concedevano radiosamente ai carbonari, vista la generale decadenza si facciano incantare pericolosamente da mostri del Circeo e accertati assassini. Avviene che cattiva letteratura e pessime sceneggiature riscattino squallidi malavitosi di tutte le latitudini dal Brenta alla Magliana.
Ma di solito chi cade nel trabocchetto dell’appeal del bandito poco gentiluomo e molto sanguinario, del killer sgangheratamente brutale, è appunto una personalità psicologicamente debole, tendenzialmente influenzabile e decisamente manovrabile, come spesso lo sono quelli che non escono da un mondo fantastico infantile. E che sarebbe preferibile non ricoprissero cariche istituzionali, ruoli di rappresentanza, responsabilità politiche e civili. La verità è che a parte l’irresistibile attrazione per le trasgressioni più cupe, le ideologie più avvelenate e le vite più dissipate, il sindaco di Roma ha evidentemente molti debitucci da saldare con il passato e i suoi compagni di gioco, professionalmente e fisiologicamente adusi a riscossioni implacabili e ricatti inesorabili.
Il Provolino dal canto dice di essersi redento, con disinvolta renitenza alla memoria, che è un po’ la cifra degli eterni fascisti, snocciola il suo invidiabile curriculum post-Magliana, segnato dalla edificante riabilitazione: “sono stato condannato per associazione a delinquere, ho scontato la mia pena e mi sono laureate in Scienze umanistiche. E ora sono come tutti gli altri”.
E d’altra aveva intrapreso la strada della virtù, quando la assessora Belviso gli ha chiesto di collaborare con lei alle Politiche sociali ha accettato senza pensarci. È amareggiato per le accuse speciose di far parte del drappello di terroristi neri in forza al Campidoglio: “ non sono mai stato condannato per l’appartenenza ai Nar” e rigetta sdegnato anche la contestazione dei reati di racket, usura, estorsioni e il controllo del gioco d’azzardo nella città. “Nessuno di quei reati mi è stato riconosciuto. Solo l’associazione. Basta. Quel periodo è stata tutta una cazzata fatta in gioventù, un’idiozia della mia vita. Avevo vent’anni e dieci circoli intestati. Mi sono trovato coinvolto in qualcosa di più grande di me. E per tutti i casini legati alla Banda sono stato lasciato dalla mia prima moglie e ho già pagato il mio conto”.
Certo se c’è un sentimento che va riconosciuto agli ultrà del Campidoglio è la pietas, era stato lasciato dalla moglie e non vuoi consolarlo con un bell’incarico ad personam, di quelli che non hanno bisogno che di indulgenza, che le competenze non servono? E l’umana compassione caratterizza anche il Provolino che per pietas cristiana ci ha tenuto a partecipare al funerale di Renatino e che in Comune grazie a quel provvidenziale incarico si è occupato di rapporti con gli ex detenuti e della loro riabilitazione: “Uno dei miei progetti era aprire un centro per tutti i detenuti “anziani” che, dopo una lunga condanna, non avevano di che vivere una volta fuori dal carcere”.
Proprio qui, su il Simplicissimus, Licia Satirico ha raccontato del caso del detenuto cui non è stato concesso di laurearsi. Proprio oggi la Stampa riporta dati che confermano come la condizione carceraria in Italia sia segnata dall’inefficienza e della disumanità. Dovrebbe rincuorarci il caso fulgido della riabilitazione del Provolino. Ma non so perché invece mi pare l’ennesima inquietante dimostrazione dell’obsolescenza della civiltà e della democrazia. E della necessità di espellere dal sistema delle istituzioni i rappresentanti infedeli e sleali che disonorano la nazione e la sua capitale: non c’è via virtuosa al potere ma né altrettanto sicuro che il potere non rende virtuosi.