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Psicoeconomia.

Da Elisabettaricco

Psicoeconomia.In un sistema italiano in piena crisi, spesso come terapeuti, ci troviamo a contenere ansie, tristezze, delusioni rispetto al quadro sociale, economico, politico e purtroppo culturale. Partendo da un articolo della Rivista Psicologia Contemporanea di Maurizio Pugno vi invito a riflettere su alcune modalità del sistema Italia.

Se fosse possibile scindere la complessità della realtà risulterebbe evidente la difficoltà di reagire dell’individuo e delle famiglie alla crisi economica. Aumentano coloro che si ritengono “non molto o per niente soddisfatti” della vita.

Una ricerca, riportata nell’articolo, sottolinea alcuni aspetti comuni e diffusi:

1. L’italiano risulta essere mediamente più depresso nelle classifiche europee anche rispetto a nazioni più povere. Sorprende che dopo il boom degli anni 80 l’italiano sia stato sempre giù anche prima della crisi economica del 2007: una costante “sindrome del declino”. Ricorderete il lamentarsi di nonni e padri negli anni ’90. Il prof. Andolfi docente alla Sapienza di Roma era solito ripetere che i genitori facevano pagare ai figli (più o meno direttamente) l’esperienza vissuta della guerra, riproponendo esagerate ansie economiche.

2. L’Italiano è nelle statistiche ai primi posti x uso intensivo dei telefoni cellulari, superando paesi con reddito più alto. Inoltre si sono diffuse forme di dipendenza che portano ad abusare di social media, giochi e telefonini con conseguenti disturbi depressivi, del sonno e ridotta autostima. Uno studio svedese ha mostrato che l’uso intensivo di Fb porta alla riduzione del benessere psicologico. Un motivo potrebbe essere l’esposizione al confronto sociale, che indurrebbe le persone a percepire il proprio benessere in relazione alle esperienze degli altri e non rispetto alle proprie.

3. I NEET. Cosa sono i Neet? Sono giovani nn impegnati né nel lavoro né nella formazione “young people not in employment, education or training”. In Italia sono in numero consistente a causa di coloro che interrompono gli studi e hanno difficoltà a riprenderli. E’ certamente vero che l’economia è la grande responsabile della mancata creazione di sufficienti posti di lavoro. Va osservato, tuttavia, che l’esercito italiano di Neet era abbondantemente superiore alla media europea già prima della crisi e nonostante la ricchezza prodotta pro-capite fosse anch’essa superiore alla media europea. I Neet non sono solo uno spreco di risorse umane per l’economia, ma, secondo alcuni studi, sono anche una fonte di diffusione di malessere e depressione.

4. La protezione dei figli che ha ammortizzato l’impatto della crisi, grazie al risparmio accumulato, che ha consentito di proteggere i figli anche in età lavorativa. Il fatto che questi prolunghino la loro convivenza con i genitori ha assunto in Italia dimensioni eccezionali. Il fenomeno era aumentato prima della crisi (dal 1986 al 2006 i trentenni in casa con i genitori sono quasi raddoppiati). Pertanto se è un bene che le famiglie italiane hanno ammortizzato la crisi, è preoccupante l’entità della protezione familiare indipendentemente dalla crisi stessa.

La convivenza in famiglia può essere dannosa sia per il benessere psicologico, sia per la crescita economica. Vediamo alcune ipotesi:

1. Non sembra vero che la convivenza vada a tutto vantaggio dei figli e svantaggio dei genitori. Sembra piuttosto che, in media, la convivenza dispiaccia ai figli e piaccia ai genitori, specialmente alle mamme, indipendentemente dal reddito familiare. Vale a dire che i figli barattano la protezione finanziaria per compiacere i genitori. In altri paesi ( per es. Francia e USA) la convivenza non piace nemmeno ai genitori.

2. La convivenza impedisce ai figli di imparare da esperienze dirette e di mettere alla prova le proprie capacità. Si è riscontrato, infatti, che la convivenza familiare scoraggia la ricerca di lavoro accorciando , in tal modo, la parte produttiva della vita lavorativa.

3. Le persone che ereditano i valori conservativi della famiglia hanno meno fiducia negli altri, sono meno disposti a cambiare luogo e residenza e privilegiano il posto fisso.

Come sempre il nostro sito si propone di aprire a dibattito e riflessione e non trarre conclusioni. Passo la palla agli Psicoeconomisti del WEB.

 


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