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Pulp Fiction. Quando il genio indossa la vestaglia...
Creato il 23 maggio 2013 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1Nel 1994 Quentin Tarantino dirige Pulp Fiction, il film che avrebbe concluso la cosiddetta "trilogia pulp" iniziata con Le Iene e proseguita con Una vita al massimo (questo diretto però da Tony Scott e scritto da Quentin). Palma d'oro a Cannes e Oscar per la Migliore sceneggiatura originale scritta, ricordiamolo, con Roger Avary. Era complicato replicare un successo enorme come quello dell'esordio, eppure a Tarantino sembra esser venuto così "naturale"...
L'idea di Pulp Fiction non a caso nasce quando il regista si trova in Olanda, ad Amsterdam. E dico non a caso perché sarà proprio l'Olanda, con le sue tradizioni, ad animare uno dei primi interessantissimi dialoghi tra Vincent Vega/John Travolta e Jules Winnfield/Samuel L. Jackson. Si capisce che Tarantino abbia già un marchio di fabbrica ben riconoscibile, infatti la storia si dispiega secondo un ordine cronologico scombinato, con quella trama a intreccio che dà avvio alla storia nella caffetteria Hawthorne Grill. In questo locale di Los Angeles Zucchino/Tim Roth e Coniglietta/Amanda Plummer introducono senza un'apparente ragione il resto della fabula tarantiniana, sarà poi nello stesso Hawthorne che la storia si ricongiunge. Pensare che Tarantino dopo Le Iene aveva intenzione di fermarsi un po', di prendersi una pausa. Ma in questo periodo frullava con insistenza un'idea, quella di fare un corto o meglio un'antologia di corti sul mondo del crimine. L'incipit prevedeva questo pugile e un incontro combinato, parallelamente poi, senza una collocazione ben precisa, un boss che doveva accompagnare per una serata soltanto la moglie del capo (senza sfiorarla ovviamente). Da qui nasce tutto il resto.
Dopo il prologo, si susseguono i vari episodi, che sono tre in tutto: Vincent Vega e la moglie di Marsellus Wallace, L'orologio d'oro e La situazione Bonnie. Del primo come non ricordare la sequenza che ha praticamente immortalato il film nella memoria collettiva mondiale, ovvero il twist di Mia Wallace/Uma Thurman e Vincent al Jack Rabbit Slim's. Sulle note di Chuck Berry e della sua You never can tell (la canzone dei pavesini, si...). Dalle note morbide e fluide di Berry, Tarantino ci porta poi alla situazione più estrema, con Vincent e la sua iniezione complicata per salvare Mia andata in overdose. Senza dimenticare la barzelletta della famiglia pomodoro raccontata da Mia...Ne L'orologio d'oro fa la sua piccola grande figura Christopher Walken, ma protagonista è il pugile Butch/Bruce Willis. Passiamo dal ring alle coccole della fidanzatina Fabienne nel motel per poi tornare di nuovo alla violenza più cruda, in un negozio di pegni gestito da uno stupratore omosessuale; nel quale finiranno Butch e Marcellus. Nell'ultimo episodio ecco un tizio in vestaglia uscire da una casa a modo, costretto ad accorrere in aiuto dell'amico Jules, piombatogli in garage con un giovane "sfracellato" (accidentalmente da Vincent) sul sedile posteriore dell'automobile. (Miii che ho fatto, gli ho spappolato il cervello - versione Aldo).
Cosa potrei dire di più su questo film che non sia stato poi già detto e ridetto da ogni parte del pianeta? Niente, solo che con questo film il buon Quentin ha detto in largo anticipo al mondo intero che il suo modo di fare cinema poteva e doveva urtare i nervi a qualcuno, ma divertire e far riflettere al tempo stesso. Oppure convincere i più scettici del fatto che attraverso i suoi film, il linguaggio cinematografico avrebbe ricevuto una ventata di ossigeno rinfrescante. Ok, indisponente se volete, ma comunque rinfrescante.Io non smetto mai di ripetere a Tarantino quanto sia un "fottutissimo genio", capace come nessun altro di mettere in scena una storia assurda e originale, ricca di dialoghi ad un primo approccio di una violenza senza senso eppure così complessi e pungenti. Un sceneggiatura curata fin nei minimi dettagli, che non scivola nella prevedibilità, ma sorprende sempre. Ma Tarantino sa sorprendere nonostante il suo modo di fare cinema sia stato fin da subito assimilato come "unico" e inconfondibile. Perché poi alla fine uno pensa a Tarantino e se lo immagina esattamente così. Come un tizio con la faccia da schiaffi che ti viene incontro in vestaglia e, nel frattempo, in quella testolina pensante, chissà quali altre assurde storie staranno nascendo..e noi attendiamo, come sempre.
P.S. Per problemi di ogni tipo, potete chiamare il sig. Wolf...
*E se volete, questa è la puntata dedicata a Pulp Fiction su CriticissimaMente parlando
Pulp Fiction - Undicesima puntata
(Una puntata più matta che Pulp...)
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