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Purché se ne parli

Creato il 04 dicembre 2013 da Diletti Riletti @DilettieRiletti
macero

Non ho velleità da giudice, lo giuro- cioè forse un pizzico sì, però dubito ci siano altri disposti a seguirmi stile condottiera. Un po’ per vanità e un po’ per amore di condivisione scrivo, talvolta racconto, altre volte immagino, e lo faccio qui nel calderone della rete. Il mio desiderio è quello che col tempo i lettori di questo blog instaurino con me un rapporto basato sulla fiducia, chiaramente anche stima, ma viste alcune mie “derive” ci conto meno. Perciò, visto che ci conosciamo da poco, ci terrei a dirvi qualcosa sulle mie recensioni che a breve compariranno copiose (paura eh?): se leggo un libro schifoso lo scrivo, semplice. E lo dico proprio perché non sono un giudice, lo dico perché sono una lettrice e do sì consigli (o sconsigli) di lettura, ma lo faccio senza ergermi a guru -non mi donano tuniche e simili e l’arancione mi sbatte. Se nel tempo scopriremo di avere gusti simili spero li accoglierete, spero vorrete contraddirmi o darmi ragione in un dialogo costante e sincero. Per quanto la sincerità nella vita sia spesso sopravvalutata -se mi vedi ingrassata per esempio non me lo dire- nello scambio letterario essa è necessaria.

In un mondo di Fnac e Feltrinelli, le nuove librerie e i nuovi librai siamo noi, quelli sono solo luoghi di deposito a cui attingere con idee già chiare all’ingresso, pochi saranno i commessi disposti ad aiutarci e difficilmente si instaurerà con loro chissà che rapporto (se vi siete fidanzati in uno di questi store raccontatemelo però!). E ora le note dolenti: di che libri parlare? Mi spiego, o almeno ci provo. Da tempo ho sviluppato una mia personalissima teoria che vede i libri distinguersi in tre categorie: libri belli, libri brutti, non libri. Le prime due non necessitano d’alcuna spiegazione, la terza invece è per me il contenitore ideale di quei testi che del libro abbiano la forma, ma non la sostanza. Prendete l’ultima fatica della D’Urso (che campeggia tirata di botox in copertina, procurandomi violenti istinti di cui non dirò oltre). Può quello essere considerato un libro brutto? No, perché libro non è.

Ovviamente ognuno è libero di leggere quel che gli pare, se comandassi io no, ma fino a quel momento… Prendete e condividete tutti Volo, Moccia – tanto per citare i più citati- ma anche la D’Urso e soci se ritenete che questo sia un ragionevole modo di spendere i vostri soldi, e che per me equivale ad usarli come carta igienica (dico io, non fareste meglio a donarli, che so tipo a me?). Ma per favore, vi scongiuro, non chiamateli libri.

E io, che devo fare? Li devo leggere per condividerli qui con voi? Devo parlarne? Devo approfondirli? Non rischio forse di fargli una pubblicità che proprio non desidero fornirgli? Insomma il punto è lo stesso da secoli: quale valenza ha il “purché se ne parli”. Lo scopo di un blogger letterario è fare cultura-pop, senza parlare di semiotica o fare analisi filologica dei testi, ma semplicemente esternando la propria passione, facendone altri partecipi affinché si crei un circolo virtuoso. Forse continuare a citare i suddetti non-libri e i loro pseudo-autori può risultare quantomeno controproducente, ma non farlo può toglierci il gusto di un pizzico di snobismo che ci consente di avanzare orgogliosi in un mondo di non-lettori che non ci assomigliano. E qui mi sono impantanata. Cioè, devo per amore della letteratura privarmi di questi serbatoi d’ironia e battute per il timore che al vederli nominati qualcuno decida, povera me, per colpa mia di acquistarli? Non credo. E non lo credo non perché io ritenga che i blog non facciano tendenza, o non influenzino il consumo, anzi, ma per una considerazione terra terra. Chi frequenta i blog letterari è già di per sé un lettore fortemente identitarizzato, può leggere la D’Urso e il mentalista perché lo desidera, o perché ha avuto un ictus, e io non lo scoraggerò in alcun modo dal farlo, mentre potrò solleticare la sua curiosità verso qualcosa che definirò ben scritto, Eh sì, perché -checché se ne dica- noi non stiamo qui in rete a morderci la coda da soli, non siamo tutti scrittori invidiosetti (io un po’ sì in effetti) dell’altrui pubblicazione, alla ricerca della polemica e del brutto. Siamo esseri desiderosi di scoprire il buono e il bello, accogliamo con gioia le esortazioni di chi ci consiglia il capolavoro piuttosto che le lamentazioni di chi, povero, ha letto un obbrobrio. E gli altri, quelli che non leggono e che quindi non frequentano blog letterari, non saranno influenzati o influenzabili perché semplicemente non saranno qui, ma al massimo davanti alla tv a guardare quelle faccette che mi fanno venire voglia di… etc etc. Solo la fiducia diffusa nel blogger e nel blog frequentato e amato ci farà tenere davvero in considerazione il giudizio negativo, perché in quel caso proverrà da qualcuno che si considera degno della nostra uniformazione al suo pensiero in maniera preventiva, cosa che difficilmente fa volentieri chi legge ed ha per questo una forte coscienza critica. Insomma purché se ne parli io ci credo fino ad un certo punto, e poi la catarsi è importante. O la prendo in giro qui la D’Urso o la inseguo nei corridoi di Mediaset urlandole “non scrivere più”.

Per il mio ed il suo bene continuerò a sconsigliarvi la lettura delle pagine immolatesi alle sue schifezze.


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