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"La psicologia del trader"
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Quale sarà l'innovazione del nuovo ciclo economico?
Cari samurai,
come anticipato in un mio post di qualche tempo fa, siamo alla fine di un ciclo economico e, come spesso accade questo coincide con un grande cambiamento ... che sia quello di cui si parla qui??
Buona lettura!
Auto ad aria e palloni gonfiati
Adieu Smart! Un nuova aria spira sul mondo dell’auto e sull’urbanitas del XXI secolo, aria ristoratrice e progredita: aria compressa; l’avvenieristica auto ad aria è pronta a sconvolgere i rapporti di mobilità, di distribuzione e di costi delle città europee e oltre.
E’ arrivato forse il mezzo del futuro?
Troppe volte ci è stato ripetuto questo ritornello, ma il “Questa è la volta buona” è sempre stato fatto cadere nell’oblio da scoppiettanti motori fumiganti e dagli emirabili burattinai del combustibile fossile; ma forse questa è la volta buona.
Sì perché, ironie a parte, sembra che stavolta la lussemburghese Motor Development International (MDI) sia riuscita a sviluppare un progetto che sulla carta pare non mostrare il fianco a (quasi) nessun attacco. Il progetto AirPod è già una realtà pronta ad invadere il mercato dalla metà del prossimo anno grazie alla lungimiranza del super colosso indiano delle autovetture a basso costo Tata che ha visto in questo progetto vantaggi a non finire?
Una vecchia tecnologia tornerebbe in auge grazie a una gamma di autovetture che ha come unico mezzo di propulsione aria compressa, manna dal cielo per un periodo in cui con 5 euro si riesce a mettere nel serbatoio solo un paio di litri di carburante.
Il primo modello ad essere già stato messo a disposizione di prenotazioni online sul sito www.mdi.lu è una citycar (AirPod) a tre ruote al prezzo di 7000 euro a cui si aggiungeranno baby car per quattordicenni (AirOne), berline familiari (AirCity), autobus e camion; tutte dotate di un motore-compressore in grado di caricarsi in due minuti in una specifica stazione di servizio o tre ore a una normale presa di corrente e di sopravvivere a 20 milioni di chilometri.
Con una potenza di 7 kw l’AirPod arriva a 80 km orari, sufficienti per ronzare per la città e trovare parcheggio nei posti più impensabili grazie anche alla possibilità data dalle tre ruote di girare su se stessa in meno di due metri quadrati; il quadriciclo AirOne ha a disposizione 15kw per un massimo di 100 km/h mentre per l’AirCity, vera e propria autovettura, si è dovuta sviluppare una tecnologia a doppia energia interponendo al motore e la bombola un piccolo motore a benzina o diesel che scaldi l’aria prima del compressore per aumentarne l’autonomia senza emissioni nocive e consentendo di percorrere 100 chilometri con mezzo litro di benzina raggiungendo la velocità di 130 chilometri all’ora.
Bassi costi per acquistarla e per mantenerla su strada, non basta? Bene, il motore è anche in grado di funzionare come alternatore generando corrente per un intero appartamento. Non è tutto, quelli dell’MDI avrebbero un idea tutta loro della distribuzione delle loro auto, non tramite concessionari, a cui è sempre dovuto il pagamento di una commissione che fa inevitabilmente lievitare i costi, ma tramite tante piccole fabbriche/officina in grado di assemblare la vettura e venderla direttamente. Le macchine infatti verrebbero assemblate solo per un quinto nello stabilimento madre per poi distribuire il restante 80% del lavoro ai piccoli laboratori-distaccamento in tutta Europa. Un rinnovamento dei sistemi di produzione che potrebbe investire più di venti piccole fabbriche italiane con un incremento del 30% della forza lavoro; questo grazie alla facilità con cui si possono montare i soli tre pezzi di cui è composta la carrozzeria dell’AirPod, la presenza di un olio motore eterno e la semplicità della tecnologia interna; tutte qualità che permetterebbero alle fabbriche sparse sul territorio di assemblare, vendere e aggiustare le proprie macchine riducendo le emissioni e i costi derivanti da gigantesche catene di produzione concentrate.
In più la tecnologia ad aria costerebbe meno nell’immagazzinamento energetico rispetto al suo corrispettivo elettrico e sarebbe dotata di una bombola simile a quella del GPL con maggiore sicurezza e stessa durata di cinque anni prima del controllo legale; ciliegina sulla torta: essendo la temperatura interna del motore a meno venti gradi sarà possibile utilizzare l’aria di scarico per raffreddare l’abitacolo, gonfiare airbag e pure raffreddare le bibite!
Queste sono le credenziali e pare che l’MDI sia convinta che un tale prodotto non potrà non spopolare prima tra gli appassionati di tecnologia, poi tra gli amanti dell’ambiente, infine tra chi ha un occhio attento al portafoglio; ma in realtà le perplessità non sono poche.
Dapprincipio, basta uno sguardo per capire che un simile design farà storcere il naso agli amanti della macchina intesa non solo come mezzo di trasporto; la mancanza di potenza, di una linea almeno aggressiva e di optional sembrano inezie ma, soprattutto nel nostro paese, sono grandi incentivi alla distribuzione. Tralasciando i problemi estetici l’interrogativo primario è senza dubbio quello sulle accise le quali coprono adesso il 50% del prezzo del carburante, come farà lo Stato a fare a meno di questo ingente introito? Tassando l’aria? Per questo ci sarebbe da aspettare che l’idea prendesse piede, ma è sospetto il silenzio delle grandi case produttrici di auto che, probabilmente, vedono il progetto come la solita vetrinetta per un futuro irrealizzabile visti oltretutto i probabili problemi relativi alla sicurezza in un mezzo in grado di consumare poco grazie alla propria leggerezza di scocca, leggerezza compromessa da materiali e accessori eventualmente necessari per rendere il mezzo a norma di legge.
Infine ciò che sempre rende poco credibili tali progetti d’avanguardia è il fatto che nessuno abbia verificato effettivamente l’autonomia di questi mezzi a di là delle prove di presentazione e pubblicità e, soprattutto, il fatto che qualunque sia il funzionamento del motore il mezzo per ricaricarlo risiede sempre nell’elettricità e nei conseguenti, costosi kilowatt.
E queste sono le critiche doverose ed immediate, ma ecco che qualcosa affiora dal passato di questa “innovativa” idea per un futuro prossimo. Sembrerebbe infatti che questa idea sia già in circolazione da una decina di anni e ancora nessuna di queste vetture e stata ancora vista viaggiare sulle nostre autostrade, questo perché lo stesso Guy Negre, presidente della MDI, presentò al Motorshow di Bologna del 2001 ”Eolo” la macchina del futuro, ad aria compressa, leggerissima, resistente e prodotta in Italia. Immediato lo scalpore e da quel giorno il sito www.eoloauto.it fu sommerso da prenotazioni per una macchina che si sarebbe dovuta produrre a partire dall’anno seguente; ma, ad un certo momento, puf! La bolla esplose e il sito scomparve lasciando tutti con un palmo di naso. Qualcuno decise di farla scoppiare? La Fiat o l’Agip non potevano permettere la distribuzione di un auto dai costi così ridotti da mettere in allerta le grandi compagnie?
Pare piuttosto che i problemi maggiori della vecchia Eolo derivassero dai costi mostruosi di progettazione e sviluppo dei prototipi e dal fatto che, dopo pochi minuti di strada, la formazione di ghiaccio derivante dall’aria fredda del motore impedisse alla vettura di marciare regolarmente, le leggi della fisica sono spietate sotto questo punto di vista ma nessun articolo di giornale metteva in luce questo spiacevole inconveniente. Non complotti ma veri e propri problemi tecnici da arginare dunque, sia per quanto riguardava i costi che le tecnologie vere e proprie visto che tutti i modelli progettati da Negre sono stati visti funzionare solo per alcuni minuti e in video promozionali; oltre a ciò, lo stesso progetto di commercializzazione della Eolo sembrava più che altro fondato su promesse future in quanto la MDI proponeva la distribuzione del prototipo ad aziende disposte ad investirvi capitali quando poi, a conti fatti, le possibilità di contattare l’azienda madre risultavano molto difficoltosi mancando sul sito dei veri e propri estremi per aprire un canale commerciale. Si è forse trattato di un idea troppo bella per essere vera?
Quello che è certo è che adesso per AirPod c’è un reale interesse (e investimento) di una grande casa come la Tata e forse i problemi di progettazione sono stati risolti nonostante manchino ancora prove su strada convincenti.
Non resta che rimanere con le orecchie dritte senza fidarsi troppo delle promesse di case produttrici e di controllori energetici e aspettare. Sicuramente se il progetto dovesse dimostrarsi realizzabile diverrebbe ciclopicamente lucrativo e certamente la nostra sempre prodiga pubblicità televisiva non mancherà di farci sapere se il futuro sta davvero bussando alla porta.
da Controcampus.it
Dott Fabio Troglia
[email protected]
www.lamiaeconomia.com
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