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Quante miglia a Babilonia?

Creato il 05 ottobre 2011 da Unarosaverde

Avete mai realizzato che la maggior parte delle informazioni che possediamo sulle antiche civiltà ci viene dai ritrovamenti delle loro tombe?

Quando ero piccola avevo la testa piena di storie: alcune erano quelle che leggevo, le fiabe, i romanzi classici  da cui passano tutti i bambini che leggono. Altre me le inventavo da me, mischiando personaggi della vita reale a figure immaginarie. Altre possedevano la forza della verità: erano la Storia, il passato, gli dei e gli eroi.

Qui, su una delle sponde del lago, c’è sempre stata, a mio ricordo, una strana statua di cavallo. Ha una forma essenziale, minimalista ante litteram. Ne ignoro significato e provenienza. Per me rimarrà sempre il simbolo dell’inizio delle vacanze d’estate. Ci passavamo davanti, per andare via dalla valle e, immancabilmente, chiedevo a mia madre di raccontarmi un’altra volta la storia di Ulisse e della conquista di Troia. Ho sempre creduto, con la forza delle convinzioni infantili, alla verità dell’epica, e fantasticavo sulle città dalle enormi mura, sugli eroi guerrieri, sui grandi fiumi. Di frequente mi portavano in Grecia, allora terra di sogno per i camperisti: mare e spiaggia tutti per me e, nei giorni di mezzo, si andava per scavi, sotto gli ulivi contorti, assordati dal frinire delle cicale, scottati dal fuoco del sole. Vidi Hissarlik ma nelle orecchie avevo il diario di Schliemann, cercai inutilmente il Minotauro tra le colonne spezzate di Knossos. Ero affascinata dalle ricostruzioni dei plastici: la meraviglia dei palazzi, quello che poteva essere. “Qui le figure di pietra si innalzano”; “
I muri sono caduti, 
le loro sedi non ci sono più,
 come se mai fossero esistite.”

Ho avuto la testa piena di storie fino al giorno dopo l’esame di maturità classica.  Avevo ormai preso la mia decisione: chiusi tutti i libri che fino ad allora mi avevano accompagnato e, per tenerne lontana la malia, li relegai in solaio. Basta fantasticare, era arrivato il tempo razionale dei numeri. Una piccola parte di me rimpiange questa decisione: cosa sarei stata se avessi creduto nelle mie storie? La domanda è destinata a rimanere senza risposta: molti di noi, crescendo, mettono da parte alcuni sogni e si scontrano con l’inevitabilità del diventare adulti. Altri invece, i più coraggiosi, se li tengono ben stretti e combattono per realizzarli.

Una piccola parte di me non ha mai smesso in segreto di inventare storie e controlla che le braci rimangano accese, tra la cenere: libri, viaggi, fantasticherie, musei. Sabato però, mentre passeggiavo al piano superiore del Museo Archeologico di Bologna, mi sono resa conto che ero circondata da urne. Urne e sepolcri di tutte le forme. Al pianoterra mummie e sarcofagi egiziani, di uomini, di gatti, di alligatori. Ho realizzato improvvisamente che in tutti i musei che ho visitato ci sono innumerevoli oggetti sepolcrali votivi: ori, statuine, anfore. Pompei ed Ercolano sono cimiteri a cielo aperto.

Mi è suonato improvvisamente un po’ macabro e offensivo questo profanare le tombe, rovinarne l’eterna quiete ed esporre sotto vetro ciò che rimane. Poi mi sono chiesta cosa potranno capire di noi, che ce la caviamo con una bara e via, le  generazioni del prossimo millennio lavorando di piccone e pala tra le nostre ossa. Niente monete per pagarci Caronte, niente pesatura dell’anima. Alla fine mi sono detta che stavo sconfinando in pensieri morbosi e non adatti ad una spettacolare giornata d’autunno di sole e che, tutto sommato, le maledizioni se le sono già prese gli archeologi. A noi resta solo pura bellezza.

How many miles to Babylon?
Three score miles and ten.
Can I get there by candlelight?
Aye, and back again.
If your heels are nimble and light,
You may get there by candlelight.

Quante miglia a Babilonia?
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