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Quasi arzilli: intervista a Simona Morani

Creato il 24 marzo 2015 da Fedetronconi

Gino svoltò indisturbato verso il garage dietro al bar e s’infilò nella vecchia Ape verde acqua venata di ruggine.

L’aveva comprata nell’inverno del 1994, dopo che quelli della motorizzazione, alla visita medica, gli avevano annunciato in via definitiva che era diventato un pericolo ambulante e che questa volta la patente non gliel’avrebbero rinnovata neanche a forza di mazzette, culatelli e forme di Parmigiano.

All’alba successiva il Domenichini l’aveva trovato davanti alla cancellata del suo centro di rottamazione, ancorato al volante della Panda.

“Senza patente la mia vita non ha senso. Rottamaci tutti e due” disse caustico Gino.

Quasi arzilli: intervista a Simona Morani

Nello storico bar La Rambla, nel cuore dell’Appennino Reggiano, la mano di briscola è più triste del solito. Nemmeno i caffè alla sambuca di Elvis riescono a tirare su il morale. Ermenegildo, infatti, non ha lasciato solo una sedia libera, ma anche un grande vuoto nel cuore dei suoi amici e uno spettro con cui fare i conti: dopo la vecchiaia c’è la morte. E dopo la morte? Ognuno cerca di reagire a modo suo: Ettore non riesce a dormire e tutte le mattine, puntuale come un orologio, si presenta nello studio del dottor Minelli. Gino, detto “Apecar” per via dello sgangherato mezzo con cui circola, non vuole abbandonare la guida nonostante non ci veda più e sia un autentico pericolo pubblico. Basilio, ex comandante della 26° Brigata Garibaldi, si scaglia contro il ”nemico”, un ragazzo bosniaco che ha preso in gestione il negozio di frutta e verdura appartenuto al compianto Ermenegildo. Nel frattempo però, sulla scombinata combriccola incombe un’ulteriore minaccia. Corrado, il nuovo agente della polizia municipale, sembra avere un’unica missione: spedire tutto il gruppo alla Villa dei Cipressi, la nuova casa di riposo che sta per essere inaugurata nel paesino…

Un romanzo esilarante dai toni dolci e simpatici. La Morani con intelligenza affronta un tema delicato ma interessante, in modo ironico e spassoso. Abbiamo raggiunto l’autrice per farci spiegare qualcosa in più sul suo libro d’esordio.

Come è nato il mondo intorno a Gino?

Molti ricordi divertenti o commoventi vissuti insieme a nonni, zii e altri anziani del mio paese sono emersi mentre ero in viaggio lontano da casa, quasi a confortarmi nei momenti di difficoltà. Perché, qualunque esperienza straordinaria tu stia vivendo all’estero, arriva sempre il momento di solitudine in cui rifletti sulle tue radici. La prima scena che ho pensato è stata quella del secondo capitolo, ovvero quella della scommessa tra gli amici del bar. Il protagonista doveva essere Ettore, con la sua timidezza e le sue paure della morte, ma poi la veemenza di Gino Apecar si è imposta e, come in un effetto domino, anche Basilio e gli altri compagni hanno preteso di dire la loro trasformando la storia in un romanzo corale.

Perché hai scelto di raccontare il tema della vecchiaia?

Mi piaceva l’idea di dare voce a questi personaggi che nella vita reale spesso rimangono nell’oblio oppure ricoprono solo il ruolo di comparse nelle nostre giornate frenetiche. Spesso si tende a chiudere le persone in categorie: “i bambini”, “gli adolescenti”, “i vecchi” come se le varie generazioni non potessero comprendersi tra loro. Invece quelli che chiamiamo “vecchi” vivono le nostre stesse paure e continuano ad avere speranze e desideri nonostante siano intrappolati in un corpo che per primi faticano a riconoscere.

L’ironia è l’ingrediente fondamentale del tuo romanzo. Ci vuole ironia nella vita e nelle sue fasi cruciali?

Assolutamente sì! L’ironia non deve essere sinonimo di faciloneria o superficialità, ma di “consapevole leggerezza”. Deve essere la capacità di trovare il lato positivo là dove di positivo a prima vista c’è ben poco. Alla fine tutto va come deve andare e il traguardo che ci aspetta è anche quello che ci rende tutti uguali e appiana ogni differenza.

Nel tuo romanzo prende vita un’Italia bella ma rara, quella dei valori. È perché tu l’hai incontrata realmente?

Sì, le persone di cui parlo nel libro mi hanno dato molto per il solo fatto di essere state presenti. Mi hanno trasmesso i valori della solidarietà, dell’amicizia, della famiglia, il rispetto per la natura e per gli animali.

Esistono veramente i vecchietti del Bar Rambla?

I vecchietti del Bar La Rambla esistono davvero e ogni domenica pomeriggio vincono o perdono un euro a briscola. Ma sono anche tutte le persone che, nonostante l’età avanzata e gli acciacchi, sono curiose di scoprire cos’ha da offrire la giornata che sta iniziando e sanno di avere ancora qualcosa di importante da dire.

Che messaggio vorresti lasciare al lettore con il tuo romanzo?

Di vivere la vita a pieno, di non lasciarsi soccombere dalle insicurezze, dalle paure né dai rancori verso che ci ha fatto un torto. Non è vero che la vita degli altri è meglio della nostra. Anche chi recita la parte del brillante lotta per trovare il suo spazio, per dare un senso alla sua vita. E ognuno di noi, a qualsiasi età e in qualsiasi luogo, può trovare i mezzi per essere felice.

Hai già un’idea per il prossimo?

Sì, scrivo sempre subito le sinossi quando mi imbatto in storie interessanti altrimenti le dimentico. Al momento sono concentrata in una storia sempre ambientata in Emilia ma questa volta in centro città.

Quasi arzilli: intervista a Simona Morani

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