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Queer! E ora? – Parte 1

Da Femminileplurale

Il modello culturale offerto agli italiani (e a tutti gli uomini del globo, del resto) è unico. La conformazione a tale modello si ha prima di tutto nel vissuto, nell’esistenziale: e quindi nel corpo e nel comportamento. È qui che si vivono i valori  della nuova civiltà dei consumi, cioè del nuovo e del più repressivo totalitarismo che si sia mai visto.  (Pier Paolo Pasolini)

Recensione

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Nel 2011 è uscito per ETS per la collana àltera il libro Canone Inverso: antologia di teoria queer che raccoglie insieme una serie di contributi che si occupano appunto di teoria queer. Il volume si propone l’obiettivo coraggioso e “ironico” di costituire una sorta di “canone” della teoria queer considerata, quasi per definizione ,come un qual-’cosa’ di instabile, fluida e di conseguenza sfuggevole rispetto a tentativi intrinsecamente rigidi di canonizzazione.

In un’ottima introduzione, scritta da Elisa A. G. Arfini e Cristian Lo Iacono, curatori del volume, vengono esplicitati i presupposti teorici e pratici della teoria queer: le teorie di Foucault e Freud (specie nella rilettura di Lacan), gli studi culturali e gli studi gay e lesbici passando per i vari femminismi ripresi, riletti in una prospettiva di intersezione costante, di messa in dialogo di fonti tra loro diverse. Il queer è presentato più come un metodo di ricerca, come apertura e possibilità di pensiero, che come, appunto, un canone fisso di saperi e teorie.

Vengono presentati per la prima volta in traduzione italiana 10 saggi che diventano così una sorta di panoramica ricca e complessa sui temi, le discussioni, i nuclei tematici e concettuali della queer theory, ancora poco conosciuta nel nostro paese. I saggi selezionati provengono prevalentemente da autrici ed autori di area anglo-americana e appartenenti in larga parte al mondo accademico. Tra questi alcuni possono essere considerati veri e propri saggi “fondativi” della teoria queer, come per esempio il contributo di Judith Butler Atti perfomativi e costituzione di genere: saggio di fenomenologia e teoria femminista o quello di Eve Segwick, Queer e ora!. Accanto a questi troviamo altri che vanno a toccare temi cari all’analisi queer come la sessualità sotto i vari aspetti del desiderio, dell’affettività e della mancanza di riconoscimento di forme che non siano eteronormate, il tema dell’identità, del genere e il rapporto tra pubblico e privato nelle sue implicazioni politiche.

Il volume è sicuramente un prodotto interessante e utile specie per il nostro paese in cui, come rilevano i curatori, il queer si è palesato più nella sua forma mediatica e commerciale che non nella discussione accademica. Una discussione approfondita (compendiata tra l’altro nell’unico libro sul tema, Queer in Italia) che invece sarebbe auspicabile proprio per elaborare una teoria che si adatti alle differenti premesse e direzioni della nostra società, a mio avviso profondamente diversa da quella anglo-americana, in particolar modo rispetto a quell’ansia di riconoscimento in relazione ad ogni aspetto del proprio essere che si avverte sottintesa in molti dei contributi e che è prodotto appunto di una società – come quella americana – estremamente codificata, selettiva ed escludente a livello sociale.

Non è mia intenzione con questo negare che anche la nostra lo sia, (anche se lo è decisamente in misura minore), ma credo che piuttosto sarebbe più utile ripensare un concetto positivo di libertà di scelta e autodeterminazione, invece di riproporre e rendere presupposto essenziale per la produzione del discorso queer quella distinzione elaborata da Foucault e ripresa anche da Gayle Rubin, tra sessualità “normali” e sessualità “devianti” che è non solo datata, ma appare quasi nostalgica e che non fa che riproporre appunto quell’esclusione ed emarginazione che la teoria stessa si propone di superare.

Ciò che colpisce del volume è sicuramente il fatto che i testi raccolti risultano piuttosto datati, il che stride enormemente con la percezione che del queer abbiamo in Italia. I curatori riferendosi al futuro del queer non mancano di notare questo aspetto, chiedendosi se non sia ormai necessario parlare di post-queer.

Come gli stessi curatori rilevano, inoltre, il queer non si annnuncia una teoria all’altezza delle aspettative. Secondo un approccio radicale, l’impressione (assolutamente personale) è che il queer, lungi dall’essere una teoria sovversiva e scardinante, sia nè più nè meno che il prodotto della società capitalistica, neo-liberista e consumistica in cui viviamo, connotata da ipersessualizzazione diffusa.  Lo dico con rammarico, ma sebbene si stia attenti a rilevarne il carattere di pratica politica e malgrado il discorso innovativo e assolutamente condivisibile sul genere come costruzione culturale, il queer in fondo appare più un puro esercizio per accademici e intellettuali il cui unico problema sembra essere quello di esprimere e giustificare universalmente le proprie scelte e i propri gusti sessuali.  Di certo, il queer non sradica, modifica o intacca il sistema eteronormato in cui viviamo ma al massimo gli fa il solletico, posizionandosi così nel suo naturale luogo d’essere di teoria antagonista ma non radicale, che mette in discussione la società ma che non ne scardina i presupposti fondamentali che invece accetta e condivide e che ne sono la stessa ragion d’essere. Ma di questo e dei motivi per cui penso questo sul queer vi parlerò in Queer! E ora? – parte 2.

Intanto un video, che c’entra nella misura in cui mostra una donna meravigliosa e assolutamente queer in tempi ancora non sospetti.  La fluidità, il passaggio tra i generi dato dalla consapevolezza che l’attribuzione di certi caratteri piuttosto che di altri è assolutamente arbitraria, produce un’estetica che, nel rifiuto di attributi considerati femminili in quanto frutto di un’immagine patriarcale imposta alla “donna”, scade  nello stereotipo opposto (e speculare) secondo cui tutto quello che è da “uomo” è preferibile a quello che è “da donna”. Dando così l’impressione che l’estetica queer, sia  un’estetica fortemente appiattita sul maschile, mentre Big Mama sa essere squisitamente queer con zigomi bellissimi e  orecchini di brillanti.


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