Il titolo di questa rassegna deriva direttamente da quello di un grande romanzo (Quel che resta del giorno) di uno scrittore giapponese che vive in Inghilterra, Kazuo Ishiguro. Come si legge in questo poderoso testo narrativo, quel che conta è potere e volere tornare ad apprezzare quel che resta di qualcosa che è ormai passato. Se il Novecento italiano, nonostante prove pregevoli e spesso straordinarie, è stato sostanzialmente il secolo della poesia, oggi di quella grande stagione inaugurata dall’ermetismo (e proseguita con il neorealismo e l’impegno sociale e poi con la riscoperta del quotidiano e ancora con la “parola innamorata” via e via nel corso degli anni, tra avanguardie le più varie e altrettanto variegate restaurazioni) non resta più molto. Ma ci sono indubbiamente ancora tanti poeti da leggere e di cui rendere conto (senza trascurare un buon numero di scrittori di poesia “dimenticati” che meritano di essere riportati alla memoria di chi potrebbe ancora trovare diletto e interesse nel leggerli). Rendere conto di qualcuno di essi potrà servire a capire che cosa resta della poesia oggi e che valore si può attribuire al suo tentativo di resistere e perseverare nel tempo (invece che scomparire)… (G.P.)
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di Giuseppe Panella
La rivolta degli angeli. Roberto Maggiani, Angeli in volo (su fotografie di Paolo Maggiani), Salerno, Edizioni L’Arca Felice, 2010
«Avere accolto tutto e cessare di conoscere! Avevo la pesantezza del tempo, il colore dell’estate, / che cosa dunque? Io fui la vita, e fra poco / smetterò di essere / per tutta l’eternità! // Ho voluto vivere per esaurire il mio coraggio, / per provare pietà, / per amare sempre, / per soccorrere l’umanità di generazione / in generazione, / poiché l’ambizione non è che un più / lungo amore…»
scrive Anne de Noailles nella sua bellissima poesia I vivi e i morti (qui accolta come esergo nella buona traduzione di Giuliano Brenna).
La morte come fine dell’ambizione di esistere, la vita come prova dei sentimenti e delle passioni, l’amore come soccorso reciproco dei viventi…
La nuova plaquette di versi di Roberto Maggiani si apre sotto il segno della ricostruzione onirica dell’inizio del mondo, come forma lirica di proiezione del desiderio proiettato in una dimensione cosmica assoluta:
«l’entrata. 1 una mano scostò il velo / e la specie umana uscì / dal luogo sacro // anche gli dei entrarono nel mondo / su invito degli uomini / in sordina / dietro agli angeli luminosi // (in fondo ce n’era bisogno / per intendere la natura / prima della scienza) // 2 le stelle ci diedero la materia / del corpo / invece gli angeli rimasero invisibili / senza anatomia // ma non è così raro vederli muovere / tra le geometrie del mondo / (linea piano sella o sfera) // sono loro a portare / annunci e gravidanze / fin dalla cacciata / quando divenne fuoco / l’entrata dalla quale continuano / a giungere innumerevoli anime // bambini senza nome / a cui gli angeli si affiancano / dal grembo delle madri» (le pagine della plaquette non sono numerate).
Sulla scia del commosso quanto surreale Sobre los ángeles di Rafael Alberti, una splendida raccolta di liriche del 1927, Maggiani ricompone un quadro del mondo in cui esseri invisibili e totalmente svincolati dal corpo degli uomini li accompagnano li sostengono li rincuorano.
Gli dei come pure gli esseri umani non avrebbero da allora potuto fare a meno di essi all’atto della nascita della realtà per riuscire a ricomporla e comprenderla così come la scienza non poté realizzare nulla senza di essi prima di diventare un sapere razionale ed esatto che comprendeva gli esiti della natura.
Gli angeli sono il legame tra il Luogo Originario della vita (quel Paradiso Terrestre dal quale siamo stati tutti scacciati dall’epoca della caduta di Adamo ed Eva e nel quale da sempre aspiriamo a ritornare) e quello del Presente in cui cerchiamo di ritrovare la purezza edenica ma invano.
Gli angeli sono esseri meravigliosi che accolgono le vite non dischiuse soffocate spente prima ancora di potersi accendere.
Gli angeli sono il sogno di un’umanità non redenta che aspira ad una redenzione vera, fatta di purezza e insieme di desiderio, di sogno come pure di verità attingibili oltre la scienza, nell’empireo assoluto della conoscenza del reale così come esso è e non come ci appare.
Il mondo si rivela, allora, nella poesia così come viene visto dagli angeli che si affacciano intatti e coraggiosi
«dalla porta socchiusa raggi bagliori fiamme / come luci roteanti / negli occhi socchiusi / (giochi piacevoli) // pensieri increspanti le forme / inondanti il reale / di apparenze e sonorità luminose // goliardiche stralunate bizzarre / colorazioni del mondo // schiere angeliche / allargano le ali / dalla fessura nella parete cosmica // nella notte si diffonde luce»
e questa luce che si allarga come un faro a illuminare il buio non può essere altro che la poesia.
Entrare attraversando la “porta stretta” della vita in una condizione che si rifiuta di accettarla come rapporto tra esistenze coassiali collegate tra di loro dall’amore per le cose del mondo è oggi la sfida della scrittura. Collegare visibile e invisibile, notte e giorno, desiderio e rigore della visione è possibile solo mediante le parole della poesia. Compito improbo ma possibile – questa smilza raccolta di pagine, questo mannello di liriche evanescenti e sognanti ne è la prova.