Quel seggio vuoto

Aula Paolo VI in Vaticano. L’Orchestra sinfonica nazionale della Rai suona le musiche di Beethoven in occasione dell’anno della fede. La sala è gremita, manca solo una persona: papa Francesco. Il suo seggio vuoto troneggia fra la prime file. La sua assenza è più rumorosa della sua presenza. Monsignor Rino Fisichella si scusa e legge un saluto del papa agli spettatori, spiegando che il pontefice non partecipa all’evento musicale per “impegni improrogabili”. Tutto vero, non si tratta di una generale giustificazione. In questi giorni papa Francesco sta effettuando numerosi colloqui per il riordino della diplomazia pontificia e per la riforma della Segreteria di Stato e dei ministeri vaticani. Servono parole misurate, tanto tempo e molta pazienza: per l’intero pomeriggio Francesco non si è mosso dalla sua camera a Santa Marta. Si, perché per papa Francesco queste riforme urgenti hanno la precedenza sugli eventi mondani, su tutto ciò che è formalità e superficie.

Un posto vuoto che racconta di una presenza concreta e di un’attenzione profonda verso i contenuti. Sembra paradossale: tornare a concentrarsi su ciò che essenziale. Papa Francesco non ha paura: desidera un rinnovamento radicale, desidera una Chiesa entusiasta come lui. Il papa semplice vive il bisogno di un significato che arrivi al cuore. Tutto il resto è (in)significante, pure facciata. Francesco è coraggioso, vuole ripartire dalle fondamenta, dalla casa costruita sopra la roccia. Non è facile, anzi, spesso significa andare controcorrente, anche dentro la Chiesa. Ma, come dice il papa stesso,
«bisogna andare controcorrente e avere questa fierezza di andare proprio controcorrente, avanti, siate coraggiosi, andate controcorrente e siate fieri di farlo».

Articolo di Alessandro Antonioli