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Quello che il renzismo non dice (102) – We shall dance? O della “liberazione” e di quel che è detto è detto, se non passa l’Italicum se ne va.

Creato il 26 aprile 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Image2di Rina Brundu. Che sia finalmente la volta buona? La volta in cui si potrà consegnare il renzismo satollo (curioso come nessun quotidiano abbia fatto notare l’evidente pancetta messa su dal Premier in questi ultimi mesi!) alle pieghe più imbarazzanti della nostra storia recente e provare finalmente a dimenticarlo? Che sia davvero il momento di “piantare” quel paletto ideale che un giorno ci farà guardare a questo episodio politico atipico alla stregua di un filmato vintage del pelosissimo Demis Roussos che canta “We shall dance” e che porta alla mente solo domande pregnanti: perché? Come fu possibile tutto questo? Ma soprattutto: balleremo anche noi sulle note di una ritrovata libertà?

Difficile dire, purtroppo il renzismo è uno di quei “fenomeni” di cui si può prevedere con certezza il solo futuro lontano: mercé l’approccio autoritario, antipatico, supponente, sprezzante delle altrui necessità l’avvenire politico di Matteo Renzi e della sua corte è segnato come il cielo stellato, scomparirà all’orizzonte all’improvviso sotto la luce del sole e altrettanto velocemente ne perderemo il ricordo dentro le dinamiche di una sorta di giorno che sarà la sua notte e che per quanto lo riguarda non avrà mai fine. Insomma, una volta caduto da cavallo non ci sarà possibiltà di tornare in sella e questo Matteo Renzi lo sa molto bene.

Lo sa così bene che in realtà la nuova dichiarazione ad effetto “Se l’Italicum non passa il governo cade” non è altro che l’ennesimo bluff pensato per imbastire il solito caso mediatico acchiappa voti di scarto. Di fatto, giorni pieni si preparano tra le redazioni asservite in vista della nuova campagna elettorale, mentre in Via Solferino tornano i poster size lenzuolo (vedi featured image), con l’ultimissima tra queste gigantografie in presenza continuativa da circa 72 ore. Per quanto chiaramente azzoppato dagli inevitabili contraccolpi che porta seco la retorica inconcludente (vedasi per tutti il recentissimo e imbarazzantissimo episodio del meeting post ennesima tragedia immigrativa del mare in quel di Bruxelles), è indubbio infatti che il renzismo “wil not go quietly into the night!” e, come avviene con ogni perniciosa sindrome, bisognerà spingercelo.

Dalla “sua” l’esecutivo ha almeno due armi importanti. In un paese in cui l’utilizzo della Rete è limitato anche da una sorta di prevenzione mentale generazionale e dove il cittadino medio è fondamentalmente ancora abituato a pensare che “se lo scrive il giornale” o “ se lo dice Rai1” deve essere vero, la capacità di influenzare dei media di “partito” è indiscutibilmente ancora molto forte. In seconda battuta, il problema dell’alternanza, intesa quale necessità di trovare un leader credibile che possa finalmente portare la barca fuori dalle secche del gattopardismo ad oltranza e traghettarla in maniera moderna e democratica verso il suo futuro, è un problema che esiste e persiste.

Purtroppo per noi siamo insomma sempre “caught between a rock and a crazy place” e per quanto la speranza sia l’ultima a morire è indubbio che il deleterio status-quo – fatto forte dagli interessi economici e politici di parte – continuerà a trascinarsi per parecchio tempo ancora. La possibilità di salvezza da riporsi tutta nelle nuove generazioni che voteranno nel 2018, che avranno allora a portata di mano una possibilità sostanziale di fare una differenza. Di fare cioé una scelta storica che 70 anni dopo la “liberazione” porterà forse ad una possibile attualizzazione dei migliori scenari che avevano in mente quei nostri padri che hanno dato il loro sangue per noi e il cui estremo sacrificio abbiamo ripagato con la creazione della “casta” e la sua corrente beatificazione e santificazione.

Featured image, screenshot dal corriere.it

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