Avere tanti libri implica – tra le altre – un paio di questioni di carattere pratico, la principale è: come posizionarli secondo una logica? Non è questo il momento di discutere del mio accentuato bisogno di possesso: un analista avrebbe certamente molto da lavorare con me (quando ho interrogativi di questo tipo mi rivolgo alla mia amica Giovanna, psicologa e psicoterapeuta, che di solito mi sorride e mi dà una pacca su un braccio, esprimendo tutta la sua compassione, nonché l’idea forte che, tanto, con me non ci sia più nulla da fare. La adoro!). Comunque, assodato che i libri ci sono e sono tanti, il problema del loro posizionamento secondo un ordine rimane.
In un articolo di qualche tempo fa, apparso sul Corriere della Sera, Beppe Severgnini aveva affrontato l’argomento: aveva illustrato pregi e difetti di alcune delle soluzioni più comuni e poi rivelato di preferire una sistemazione di carattere geografico, utilizzando la sua libreria come un grande planisfero in cui i libri andrebbero collocati in base alla provenienza dell’autore (o forse all’ambientazione, non ricordo). Affascinante – avevo pensato all’epoca –, ma forse poco pratico: e se non ci si ricorda se il tizio in questione è spagnolo oppure colombiano? Per non parlare di questioni tecniche che mi avrebbero generato angoscia, come la dicotomia Grecia-Italia per Foscolo. Posizionare Calvino a Cuba? No, non faceva per me.
Dopo una prima fase, in cui ho provato sincera ammirazione per l’ordine creato attraverso le case editrici (esteticamente grazioso, ma fortemente deprecato da Severgnini), mi sono risolto per il buon vecchio classico ordine alfabetico. Per autore, come in libreria o in biblioteca. Così – mi sono detto – non posso sbagliare! Le persone che entrano in casa mia talvolta si soffermano a guardare la libreria della sala e, quando si accorgono della “faccenda ordine alfabetico”, rimangono sempre un po’ basite: alcune di queste sostengono che tale ordine sia complicato da gestire e che loro non ci sarebbero mai riuscite; altre che non sia un ordine bello da vedere; talune, infine, mi passano il biglietto del loro analista. Io non capisco perché, ma forse la mia necessità di ordine e la mia incapacità di mantenerlo non convivono in loro.
La cosa più divertente, alla fin fine, è scorrere fra gli scaffali, “assaggiandoli” con pazienza, per provare a scoprire alcune coppie o terzetti micidiali. Autori che non avrebbero mai potuto convivere tra loro – vuoi per lontananza di spazio e di tempo, vuoi per lontananza ideologica o di genere – si ritrovano metonimicamente uno di fianco all’altro, vicini vicini, a condividere lo spazio angusto, copertina a copertina. Elenco alcune coppie o terne degne di nota, naturalmente in ordine alfabetico:
Aristotele – Niccolò Ammaniti;
Honoré de Balzac – Alessandro Baricco (chissà se Baricco se ne avrebbe a male; Balzac penso di sì);
Benedetto da Norcia – Roberto Benigni (micidiale!);
Emily Jane Brontë– Terry Brooks – Gesualdo Bufalino;
Dino Campana – Lewis Carroll – Raymond Carver;
Agatha Christie – Marco Tullio Cicerone (ma comunque rimaniamo sempre nell’ambito giudiziario, toh);
Philip K. Dick– Fëdor M. Dostoevskij;
Euripide – Oriana Fallaci;
Francesco d’Assisi – Simone Frasca – Sigmund Freud (per chi non lo sapesse, Frasca è l’autore del notevolissimo Bruno lo zozzo);
Natalia Ginzburg – Giovanni Paolo II – Decimo Giunio Giovenale (qua i commenti si sprecano);
Luigi Meneghello – A. A. Milne;
Elsa Morante – Alberto Moravia (pazzesco!);
Cesare Pavese – Andrea Pazienza;
Luigi Pirandello – Bianca Pitzorno – Sylvia Plath;
David Sedaris – Seneca;
Pier Vittorio Tondelli – Mark Twain.
Ecco, forse – mi sono detto – questo può essere un buon modo per far parlare i testi: accoppiarli.
Tanto per la cronaca, Severgnini è tra Vittorio Sereni e Luis Sepúlveda. Non gli è andata per niente male!